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Il risotto alla monzese con o senza zafferano? La ricetta tra tradizione ed identità

C’è un solo modo per cucinare il risotto alla monzese secondo tradizione. La risposta da chef Gilberto Farina e chef Vincenzo Butticè.

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C’è un solo modo per cucinare il risotto alla monzese secondo tradizione ed è senza zafferano. A generare il dibattito sull’uso o meno della spezia nel piatto rappresentativo della Brianza è stato l’arrivo a Monza del format tv “4 ristoranti” e di Alessandro Borghese. La sfida tra i ristoratori monzesi è andata in onda domenica 4 febbraio. La “competizione” sulla vera ricetta del risotto è però proseguita altrove, un po’ ovunque e non si arresta. Ma non c’è discussione che tenga: il risotto alla monzese non è giallo. È anche una questione di identità del territorio ma non solo.

Gilberto Farina, presidente dell’Associazione cuochi Brianza, chef e patron del ristorante La Piana di Carate Brianza lo ribadisce chiaramente: “Quando si parla di tradizione non ci sono dubbi. Poi si possono fare scelte diverse e rivisitare proposte classiche ma la storia è un’altra”. Insomma, il risotto non ha un re, lo zafferano, ma una regina: la luganega. “Il colore del riso non è certamente giallo, ma è un viola spento – precisa Farina – non bellissimo, certo, ma è dettato dall’utilizzo del vino rosso, di solito un Barbera, ma anche un rosso di Montevecchia può andare bene. La luganega deve essere cotta rigorosamente a parte. Si taglia a rondelle, si fa rosolare, si bagna con il vino rosso e si procede nella cottura. Con la salsa che si crea, i pezzi vengono adagiati sopra il risotto, a sua volta fatto con il brodo di carne e mantecato con burro e grana”.

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Gilberto Farina, presidente dell’Associazione cuochi Brianza, chef e patron del ristorante La Piana di Carate Brianza

Nel suo ristorante Farina lo propone stagionalmente, dall’autunno fino a fine gennaio. Ma è un piatto che si può mangiare in tutte le stagioni. Chef Farina spiega però che a dire il vero in Brianza un risotto giallo con la luganega si fa, anche quello per tradizione, ma è tutta un’altra storia: è il piatto della Giubiana, la strega cattiva golosa di bambini, distratta dall’abile mamma che ai fornelli cercò di ingannarla cucinando un goloso risotto con l’aggiunta di luganega, nell’intento di salvare i suoi figli. “Alla Giubiana di fine gennaio, quello è il piatto – conclude lo chef. – Anche tanti miei clienti si confondono. Spiego loro che quello alla monzese è altro e ha una sua ricetta antichissima e legata a doppio filo alla storia della Brianza”.

A spiegarlo è lo chef Vincenzo Butticè, co-fondatore del ristorante Il Moro di Monza e vicepresidente Associazione professionale cuochi italiani. Persino i suoi allievi dell’Istituto professionale alberghiero Olivetti si sono interrogati in questi giorni su quale fosse la vera ricetta. Butticé ha fatto subito chiarezza: “Lo zafferano non è contemplato nella ricetta classica del risotto alla monzese”. Lo chef parte dalla storia, dalle regole con cui, nel tempo, le ricette sono arrivate ai giorni nostri e da un’analisi rispetto a come piatti che sono vocazione di un territorio siano oggi il risultato di condizioni precise del periodo in cui nacquero. “Il risotto alla monzese è un piatto della classe contadina, che non poteva permettersi l’acquisto dello zafferano” sottolinea Butticè. “Nel risotto in Brianza erano disponibili, burro, grana padano. Si usava il vino rosso per dare cromaticità, perché se i ricchi aromatizzavano il risotto con lo zafferano, i contadini lo coloravano con quello che avevano nelle loro disponibilità”.

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Vincenzo Butticè, co-fondatore del ristorante Il Moro di Monza e vicepresidente Associazione professionale cuochi italiani

Anche nel libro di Ottorina Perna Bozzi “Vecchia Brianza in cucina” del 1968 la ricetta è “ortodossa”: senza spezia, con il vino e con la luganega cucinata a parte. La salsiccia di casa è la protagonista vera e anche l’associazione Produttori luganega di Monza conferma la versione rigorosamente senza zafferano.

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