Grande prosa

Monza, “Regalo di Natale” conquista il pubblico del teatro Manzoni

L'adattamento del film di Pupi Avati conserva gli elementi fondanti della trama, ma li cala ai giorni nostri. Nella prima parte le qualità comiche di Giovanni Esposito, uno dei cinque protagonisti, divertono i presenti in sala.

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Chi ha perso nella vita, comprese le delusioni provocate dal fallimento di alcuni rapporti di amicizia, non può certo trovare la rivincita nel gioco. Nemmeno nell’adrenalina che, a volte, sono capaci di dare le carte del poker. In fondo è questa la triste morale che vuole trasmettere “Regalo di Natale”, lo spettacolo teatrale andato in scena in tre repliche tra il 17 e il 19 dicembre al teatro Manzoni di Monza.

LO SCENARIO

Nell’adattamento di Sergio Pierattini dell’omonimo film di Pupi Avati, che nel 1986 alla Mostra del cinema di Venezia valse la Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile a Carlo Delle Piane, la trama mantiene gli stessi elementi fondanti.

Prima di tutto l’ambientazione in una villa isolata proprio nella notte di Natale. Poi la partita a poker che diventa l’occasione per quattro uomini, Franco (Pier Luigi Corallo), Ugo (Valerio Santoro), Lele (Giovanni Esposito) e Stefano (Gennaro Di Biase), amici dai tempi della gioventù, ma ormai, sulla soglia dei cinquanta anni, persi ognuno nei propri problemi professionali e familiari, per rivedersi dopo tanto tempo.

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Non manca, naturalmente, la presenza del “pollo” da spennare, l’avvocato Santelia (Gigio Alberti), uomo bizzarro sulla sessantina, ricco e apparentemente indifferente alle perdite economiche molto più che alle sue debolezze gastrointestinali. Resta centrale, inoltre, il conflitto mai sanato tra Franco, il capitano del gruppo sin dagli anni ruggenti del servizio militare ed Ugo, colpevole di aver tradito irrimediabilmente l’amico a cui aveva rubato, quasi per gioco, l’amore della prima moglie.

LA PERFOMANCE

La regia di Marcello Cotugno e le scene di Luigi Ferrigno, che nella loro regolarità sono dominate da un albero di Natale fatto di luci inevitabilmente simboliche, regalano al pubblico del Manzoni di Monza una prima parte assolutamente comica e brillante. Che, in maniera molto più marcata rispetto alla pellicola di Pupi Avati, compensa la cupezza e la drammaticità della parte finale dell’opera.

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Giovanni Esposito

Quella in cui appare del tutto evidente che il regalo di Natale del titolo non è la rimpatriata tra vecchi amici, ma la possibilità concessa dall’avvocato Santelia, in combutta con Ugo, a Franco, che la rifiuta, di evitare di perdere 200mila euro al termine della partita di poker. Una sconfitta che, del resto, accomuna tutti e cinque i protagonisti anche dell’opera teatrale.

Per oltre un’ora, però, sul palco del Manzoni e tra il pubblico in sala si ride di gusto. Merito soprattutto delle qualità da mattatore e della verve da cabarettista e comico di Giovanni Esposito. L’attore napoletano, interprete anche di numerose pellicole cinematografiche, riesce con la sua mimica facciale e una parlata rapida e sapientemente ripetitiva a trascinare anche gli altri attori in veri e propri momenti di sketch.

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È quello che succede, ad esempio, quando Franco cerca di convincere Lele dell’omosessualità di Stefano o, ancora, quando ci si sofferma sulla teoria secondo la quale i veri meccanici sarebbero sempre zoppi. Insomma un riuscito adattamento teatrale di un film di successo che, tra le altre cose, riesce a non far pesare il passaggio ai giorni nostri delle atmosfere originarie ambientate negli anni ’80.

E, così, tra le lire che diventano euro e i discorsi che, inevitabilmente, vertono anche sull’uso dei cellulari e sul potere dei social network, si comprende che alcuni valori fondamentali delle relazioni umane, come l’amicizia, la lealtà e la consapevolezza di sé, pur rimasti uguali nella loro essenza, sono sempre più in crisi. Ben al di là di quella economica e sociale scatenata, per ultimo, dal Covid-19.

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