Il personaggio

Da Brugherio, la storia da marciapiede di Ismael, il re delle bici

In un angolo di spazio urbano, il 55enne di Santo Domingo, ex boxeur, trova una ragione di vita riparando biciclette. A offerta libera.

ismael brugherio bici
Ismael Ramirez Archibald a Brugherio.

Una striscia d’asfalto vista prato, un banco con gli arnesi del mestiere e la panchina dove sedersi per quattro chiacchiere con gli amici. È tutto qui, in pochi metri quadrati senza pareti né confini, il mondo di Ismael Ramirez Archibald, 55enne nato e vissuto fino a 12 anni fa a Santo Domingo. La sua storia è di quelle che si consumano ai margini: di una strada, di un campo, ma anche della società e delle sue norme.
In un angolo di spazio urbano, a Brugherio, a ridosso della frazione di San Damiano, passa la giornata riparando biciclette, con le mani nere e callose. Rimette in pista vecchi ruderi con gli occhi che brillano quando un cestino sgangherato ritrova la sua collocazione al manubrio di una vecchia Graziella. L’ha portata un pensionato all’ora di pranzo, un brianzolo che ha lavorato come operatore ecologico al Cem per 40 anni. “Isma l’ho visto una volta passando di qua – racconta l’anziano– mi sono fermato e gli ho chiesto un preventivo per riparare la mia bici e lui mi ha detto di dargli quel che volevo. Funziona così, non è un prezzo, è una mancia, a volte una birra, altre un baratto, altre solo una chiacchierata”.

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UN PRATO INCOLTO, IL SUO GIARDINO

In città lo conoscono in tanti, Isma, lo vedono dalla strada principale con il suo salotto-officina a cielo aperto in cui spesso gli fanno visita gli amici e dove i passanti lo salutano per nome. A chi transita in auto dalla strada principale resta la curiosità di capire cosa ci faccia lì, tra una ciclabile, un cantiere e un prato incolto, quel soggetto col berretto da baseball, indaffarato con la chiave inglese dalle 11 del mattino alle 17. La verità che scopri, se imbocchi la strada chiusa, è un mondo fuori dal tempo che non rispetta le regole dell’ordinario. Proprio come lui. “Sono nato claustrofobico – spiega – impazzisco a stare in casa o a lavorare al chiuso. Solo qui sto bene, all’aperto, con quel grande prato che è come il mio giardino e con le biciclette da aggiustare”.

UNA VITA DA BOXEUR

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Ha muscoli d’acciaio Ismael, racconta che da ragazzo faceva il pugile professionista. Malgrado le sue abilità da boxeur, un carattere veemente e uno stile di vita da marciapiede, nelle statistiche delle forze dell’ordine il suo nome non figura. “Ero bravo sul ring, ho fatto gare anche in Europa, a livello mondiale, ma poi mi sono fermato – spiega – avevo paura che tutti quei colpi mi facessero ammalare”. Parla un italiano corretto, essenziale, come i suoi bisogni: “alla gente che mi porta la bicicletta non faccio prezzi – sostiene – non sono i soldi che mi interessano di più. Vivo con la mia compagna che ha un buon lavoro e una casa di proprietà, faccio le pulizie in alcuni periodi nei supermercati o nelle aziende. Non ci serve molto, basta avere da mangiare”. Il motivo che porta il 55enne sulla sua striscia d’asfalto sembra avere a che fare con un un altro tipo di fame che non quella di pane quotidiano. Un’irrequietezza inafferrabile che somiglia a una malattia e che lui cura a modo suo. “Quando la mattina mi sveglio – dice – mi viene in mente quello che faccio da quando avevo 15 anni, aggiustare le bici, e allora mi nasce il sorriso sulla bocca ancora prima di aprire gli occhi. Solo con questo pensiero trovo la ragione per alzarmi dal letto. Non posso perder questa cosa, cadrei in depressione”.

RICORDI D’INFANZIA

Nello sguardo del dominicano sembra esserci molto più spazio per il passato che per il futuro. Se gli chiedi della sua infanzia, parla di un padre che ha fatto la sua parte, ma anche di un nonno che lo ha “ingannato” costringendolo a soli 4 anni a lavorare nei campi, sostenendo che si trattava di un gioco. “Andavamo con il mulo e io dovevo mettere i semi nelle buche e ricoprirli – ricorda Isma– ma avevo un piedino piccolo piccolo e facevo fatica. Mi ha tolto la possibilità di giocare con gli altri bambini e quando l’ho capito, da più grande, ricordo di avere pianto tanto. Forse è vero: la mia non è stata un’infanzia felice”.

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Il presente invece per il 55enne ruota tutto intorno a quei pochi metri quadri d’asfalto. Nel timore di essere allontanato, Ismael cerca di prendersi cura, a modo suo, dello spazio a cui tiene. Accanto al banco da lavoro c’è un cestino della spazzatura, “Butta lì”, dice indicando la cartaccia che ho in mano. Poi si mette a segare un asse di compensato e scopa via la segatura con zelo. Forse anche più del necessario. Anche il banco da lavoro è tenuto con cura. Accanto, parcheggiata, c’è la sua bicicletta, un vecchio modello verniciato oro con un secchio montato sul davanti per trasportare gli attrezzi.

NON VOGLIO GUAI

“Non voglio guai qui perché non voglio che mi mandino via. Quando arriva qualcuno con una bici nuova, nel rischio che sia rubata, lo mando indietro”. E se qualcuno degli “ospiti” alza troppo il gomito, conferma il pensionato, lui se ne va. Il “padrone di casa” tiene a fare notare che gli amici che passano dal suo angolo sono persone per bene. Nel tempo di un’intervista, arrivano la compagna, il pensionato, un quarantenne dall’aspetto distinto e un ventenne nordafricano con il monopattino: “ecco, questo ragazzo, per esempio, si alza tutte le mattine alle 5 per fare l’operatore ecologico – dice Ismael con una punta d’orgoglio paterno – poi viene qui, sempre pulito e profumato. Tengo molto a queste cose perché, se no, mi si rovina il negozio”.

In quel frammento di tessuto urbano, all’ombra del ponte dell’A4, Ismael vede la bellezza del prato di sfondo anziché lo scarso fascino della periferia. Vede un bolide tutto d’oro, anziché un rottame di bicicletta verniciato. E nel gruppo variegato di clienti che gli fanno visita, vede degli amici. Nemmeno un abile alchimista avrebbe saputo trovare medicina migliore per curare quella fame irrequieta di Ismael.

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