Beneficenza

Siria, “Insieme si può fare” compie 10 anni e rilancia i suoi progetti

La Onlus monzese è tornata ai confini con la Turchia dopo il devastante terremoto di febbraio. Continuano i progetti di istruzione per i bambini e ad Aleppo presto partirà una nuova iniziativa, "Ti vesto io".

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Il decimo compleanno di “Insieme si può fare” era quasi 3 mesi fa. Ma cause di forza maggiore, un tremendo terremoto nell’Anatolia del Sud tra Turchia e Siria, capace di uccidere decine di migliaia di persone e di portare distruzione e macerie ovunque, ne hanno rinviato la celebrazione.

Così solo due settimane fa la Onlus monzese, nata nel marzo del 2013 con una prima missione di beneficenza denominata “Pasqua in Siria”, è andata ancora una volta in quei territori martoriati da più di dieci anni di guerra civile. Con l’obiettivo di vedere da vicino come procedono i progetti in atto, incontrare i referenti sul posto e seguire la preparazione di nuove iniziative.

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Noura Warrak e Lorenzo Locati

IL VIAGGIO

“Erano due anni che non venivo di persona ai confini tra Siria e Turchia – racconta Lorenzo Locati, ex professore di Educazione fisica al Liceo artistico Nanni Valentini di Monza e fondatore di “Insieme si può fare” – il recente e devastante terremoto ha creato una situazione molto peggiore di quanto mi aspettassi e ce ne siamo accorti sin dall’arrivo in aeroporto ad Istanbul, quando, invece di farci prendere la coincidenza per Antalya, ci hanno dirottato ad Adana”.

Antiochia, una città che aveva centinaia di migliaia di abitanti, ora è deserta ed ha soltanto edifici crollati o da abbattere – continua Locati, che nella trasferta è stato accompagnato da Noura Warrak, vicepresidente di  “Insieme si può fare” Onlus – il terremoto ha spinto molti siriani verso il confine con la Turchia e, in particolare, a Reyhanli, dove ci sono migliaia di profughi nei campi tendati, tra i quali quello gestito dalla nostra associazione”.

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GLI AIUTI

Anche per questo il breve soggiorno del fondatore della Onlus monzese ai confini tra Turchia e Siria è stato molto intenso. Dal punto di vista operativo ed emotivo.

“A Reyhanli abbiamo potuto constatare che il progetto Plaster School, frequentata da 85 bambini, alcuni dei quali portatori di handicap, funziona perfettamente – spiega il fondatore della Onlus monzese – abbiamo condiviso i risultati con “Every child is my child”, associazione formata da numerosi artisti e personaggi del mondo dello spettacolo, guidati dall’attrice Anna Foglietta, che continuerà a sostenere il progetto”.

“Nel campo tendato di Reyhanli, visto l’aumentato numero di bambini, come conseguenza del terremoto per il quale continua la nostra raccolta fondi, è stata aperta una nuova scuola, una sorta di succursale della Plaster School, grazie allo straordinario impegno delle nostre maestre” continua.

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MOMENTI FELICI

In un luogo di disagio e sofferenza, “Insieme si può fare” Onlus, oltre alla dedizione quotidiana, è riuscita a portare ulteriori momenti di aiuto, gioia e spensieratezza. Soprattutto per i bambini.

“Abbiamo dato un po’ di sollievo a 70 famiglie del campo profughi di Reyhanli con la distribuzione di ceste alimentari in collaborazione con “Insieme”, un’associazione bresciana” afferma l’ex professore di Educazione fisica al Liceo artistico Nanni Valentini di Monza.

“Inoltre – aggiunge – grazie a Luay e a tutto lo staff della Plaster School è stata organizzata una bellissima mattinata di giochi per i bambini, che abbiamo anche portato in una piccola piscina dove, anche se il costume l’avevano in pochi, l’entusiasmo era alle stelle”.

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PROGETTI AD ALEPPO

Mentre la fine dell’anno scolastico è stata celebrata in maniera speciale anche alla Rukban-Insieme si può fare school, ai confini giordani/iracheni e sono stati distribuiti gli ultimi biscotti donati da Galbusera nel Peace and Cooperation Camp, un piccolo campo sfollati, adottato dalla Onlus monzese e dall’associazione Mani di Pace, proprio a 200 metri dal confine con la Turchia, nella storica città della Siria continuano una serie di attività, anche dai risvolti formativi.

“Oltre alla distribuzione di cibo e medicinali a 100 famiglie colpite dal terremoto, ad Aleppo, dove abbiamo una sede, stiamo portando avanti i nostri corsi di sartoria e parrucchiere – spiega il fondatore della “Insieme si può fare” – apriremo presto un corso di sartoria dedicato a ragazzi e ragazze con la sindrome di Down o autistici, un modo per aiutare gli ultimi tra gli ultimi”.

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Le novità ad Aleppo, dove la Onlus monzese gestisce anche Casa Speranza, una struttura/riformatorio che ospita 44 bambini non scolarizzati sorpresi a rubare e mendicare, non finiscono qui. “Grazie alla generosità di un donatore, abbiamo acquistato un macchinario tessile che permetterà ad alcune allieve sarte di cucire biancheria intima, magliette e altri capi di vestiario per i bambini dell’orfanotrofio” annuncia Locati.

“Il progetto, che in qualche modo si può dire nutra tanti altri progetti, si intitola “Ti vesto io”, proprio per dare l’idea di una molteplicità di azioni di solidarietà che cerchiamo di mettere in campo” continua.

SGUARDO AVANTI

Dieci anni di attività, oltre 40 container di aiuti umanitari inviati, numerosi progetti realizzati, soprattutto a favore dell’istruzione dei bambini e per aiutare anche le loro famiglie. Tutto questo, in estrema sintesi, il bilancio della “Insieme si può fare” in Turchia fino ad ora. Eppure tanto resta ancora da fare.

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“Purtroppo dopo dieci anni è necessario ancora occuparsi molto di Siria e dei siriani e, sinceramente, non lo pensavo e non me lo auguravo quando abbiamo iniziato nel 2013 – ammette il fondatore della Onlus monzese – la guerra civile, il cui conteggio ufficiale parla di 500mila morti, non uccide più nelle strade, ma i risvolti, aggravati dal terremoto dello scorso febbraio, perdurano ancora pesantemente”.

“Inoltre l’embargo nei confronti del regime di Assad arricchisce i signori della guerra, mentre colpisce soprattutto la popolazione civile, che vive nella massima indigenza e fa fatica a reperire i beni alimentari di prima necessità” conclude. Insomma fare del bene è spesso una necessità che ha un inizio, ma rischia di non poter avere una fine.

 

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