Inchiesta

Ristorazione e turismo, in 8 mesi il caro-bollette farà chiudere 1000 attività [Le nostre interviste]

Viaggio tra le strategie dei ristoratori di Monza e Brianza per sopravvivere all'esplosione dei costi. Ecco come cambiano business plan, menù e livelli occupazionali.

beat arcore mb

Nel giro di 8 mesi, più di mille attività di somministrazione tra bar e ristoranti chiuderanno i battenti in Brianza. E tantissime altre saranno costrette trasformarsi, per sopravvivere.  Il mondo della ristorazione è destinato  cambiare pelle.  Dicono così le proiezioni che le associazioni di categoria stanno analizzando con preoccupazione, alla luce dell’ormai noto caro bollette. Lo riferisce Vincenzo Butticè, titolare del ristorante monzese Il Moro e del bistrot Atrattoria ma anche portavoce regionale della Fiepet, branca di Confesercenti per turismo e enogastronomia. I conti sono cari per le famiglie ma anche per i pubblici esercizi e trovare un equilibrio tra queste due componenti, strettamente connesse, è il dilemma del momento. “Io personalmente non credo nella moda di pubblicare in vetrina le bollette – dice il ristoratore – anche perché i miei clienti potrebbero fare altrettanto quando arrivano in cassa”. Il tema è di stringente attualità e costringe tutti a due azioni: l’analisi di costi e consumi da una parte; la scelta delle strategie dall’altra.

VINCENZO BUTTICE’, IL MORO, MONZA

vincenzo-buttice

“Prima dello tsunami delle utenze – spiega Butticè – i costi dei consumi energetici per la mia attività avevano un impatto del 4-6 % del fatturato. Oggi siamo tra il 16 e il 24%. Le aziende così perdono valore. Le proiezioni rispetto alla cessazione delle attività sono purtroppo verosimili. Quello che auspichiamo è un intervento strutturale delle istituzioni con politiche di supporto nazionali e comunitarie”. Parla uno che è passato da 50mila a 120mila euro annui di utenze e che ha fatto la sua scelta di strategia. “La soluzione più onesta e corretta anche verso i miei clienti è stata quella di ridurre la carta  a partire da questo mese– racconta – passando dai 24 piatti del ristorante a 14-16 e, per la trattoria, dimezzando le voci da 18 a 9. Meno varietà significa minore produzione e riduzione dei macchinari accesi. Il cliente ne soffre un po’ ma è sempre meglio che aumentare i prezzi”.

MASSIMILIANO SILVESTRINI, FABBRICA DI PEDAVENA, LISSONE

massimiliano silvestrini fabbrica di pedavena lissone

Della stessa idea, rispetto ai prezzi, Massimiliano Silvestrini, 50enne titolare della Fabbrica di Pedavena di Lissone, un colosso da 450-500 coperti, disposti su tre piani. Una vita a gestire locali, (è anche azionista del Nikki Sushi di Spalto Maddalena a Monza), Silvestrini oggi a Lissone ha un target di clientela ampio, con una capacità di spesa medio-bassa. “Parliamoci chiaro – dice – dobbiamo fare in modo che le persone possano permettersi di uscire a cena. Anche le famiglie sono in difficoltà, non possiamo compensare le nostre bollette alzando i prezzi”. In menù ha introdotto piatti più poveri (e con un discreto margine di guadagno) come la polenta con la salamella o il risotto. La pizza Margherita ha subìto un incremento minimo di 50 centesimi, le birre sono rimaste invariate. Le materie prime come la mozzarella invece sono al terzo incremento di costo per l’imprenditore e le sue bollette sono aumentate del 35-40 per cento assestandosi, per l’energia elettrica, sui 12mila euro circa al mese. Una situazione comunque fortunata, conferma l’imprenditore, perché a maggio, alle prime avvisaglie, si è rivolto a un energy manager che gli ha proposto un nuovo contratto d’utenza a un prezzo medio bloccato a 180 euro/MWh (megawattora). A settembre il cosiddetto Prezzo unico nazionale (Pun) viaggiava sui 429,92 euro/MWh.

GIUSEPPE BALDO, BEAT, ARCORE

giuseppe baldo arcore beat

Non ha avuto la stessa fortuna con il contratto dell’energia Giuseppe Baldo, 40enne che gestisce il Beat di Arcore (ristorante, bar, discoteca estiva, location per eventi). Consulta i file sul portatile e rivela che la bolletta di luglio-agosto 2021 dell’energia elettrica ammontava a 5mila euro; quella di luglio-agosto 2022 supera i 21mila euro. Su base annua, si passa dai 30mila ai 110mila previsti per quest’anno. “Strategie miracolose non ce ne sono – dichiara – noi mettiamo in conto il calo dei ricavi, anche perchè i consulenti annunciano cifre abbastanza alte anche per il 2023. Proviamo a risparmiare sulle piccole cose come fanno tutti, spegnendo le luci e i macchinari appena possibile. La nostra è un’attività in salute e si resiste, ma questa situazione farà più vittime della pandemia tra i colleghi, se lo Stato non interviene. Con il lockdown almeno azzeravi i consumi e magari usufruivi di aiuti governativi”. Più battagliero, il socio  annuncia di avere già scritto alle trasmissioni televisive di Mediaset per amplificare la protesta dei ristoratori brianzoli.

SOVVENZIONI COVID: L’ARMA A DOPPIO TAGLIO

Proprio gli aiuti governativi dell’emergenza sanitaria pandemica, ritiene Silvestrini della Fabbrica di Pedavena, potrebbero avere una parte nel rischio di crollo in cui si trovano numerosi piccoli ristoranti della provincia. “Le agevolazioni, le rateizzazioni sospese, i dilazionamenti dei pagamenti sono soluzioni con cui dopo devi fare i conti – sostiene – prima o poi questi soldi devi pagarli. Oggi quel momento è arrivato proprio mentre le bollette schizzano e così le attività rimangono strozzate. Noi siamo grossi, il mio locale ha spese per 100mila euro al mese, se salto i pagamenti anche solo per un trimestre poi mi trovo cifre da capogiro. Per questo ho cercato di pagare tutto”.

IL TARGET ALTO: GERARDO MILO, RISTORANTE MADRE TERRA, CESANO

gerardo milo madreterra cesano

Gerardo Milo gestisce a Cesano Maderno il Madre Terra, 25 coperti al massimo, meno di una anno di vita. Il target è alto, per una cena con una bottiglia media si spendono circa 60-70 euro. “Con questo profilo – spiega- non posso abbassare neanche di un soffio la qualità perché la mia clientela può spendere, magari ordina anche il vino di pregio e, giustamente, cerca il livello adeguato. La mia scelta è stata dunque quella di tagliare certe spese provvedendo io personalmente: da 12 a 15 ore al lavoro. Per esempio ora ho appena finito di pulire il locale. Ho rinunciato anche a una figura in più in cucina e ci si stringe in famiglia: mia sorella che ha una sua attività di ristorazione mi viene in aiuto. Ma è chiaro che si resiste nella prospettiva che sia una situazione passeggera”. Il coperto da 3 euro, dice Milo, comprende due “benvenuti”, pane fatto in casa e altri plus, “se dovessi farlo pagare a prezzo adeguato dovrei metterlo a 7 euro”.

 

FRANCESCO GIULIANO, ARGENTEE, CONCOREZZO

Francesco giuliano, argentee concorezzo

Target alto anche per Francesco Giuliano del ristorante Argentee di Concorezzo, con un banco pescheria e carni esotiche, “Non intendo cambiare la carta, quando per la crisi sarò costretto a togliere dal menù i prodotti più costosi, allora chiuderò – dice provocatoriamente – ma non nascondo che l’incremento di costi delle materie prime sta pesando molto sui conti, già colpiti dalle bollette dell’energia elettrica, più che triplicate”. Giuliano spiega che tra i prodotti più soggetti all’aumento c’è stato l’olio di semi di girasole, ma anche pesce e carne e conferma che questa situazione sta cambiando profondamente il settore: “le persone che prima uscivano a cena anche 2 o 3 volte alla settimana oggi si fermano a una. Normale: noi ristoratori non ci occupiamo di beni essenziali, offriamo il ‘di più’. Inoltre i clienti guardano molto di più al prezzo delle portate quando ordinano. Io sono figlio di operai,  so cosa significa”.

LA TECNICA DEL BUON PADRE DI FAMIGLIA

Sulle buone pratiche di risparmio, i ristoratori sono tutti d’accordo. Se Il Moro riduce la carta e spegne così qualche macchinario e il Beat concentra i prodotti nelle celle frigorifere per non accenderle tutte, il locale di Silvestrini rinuncia all’effetto scenico dei tre piani illuminati che si impongono alla vista degli automobilisti in Valassina. Un separatore appena installato lascia al buio i piani in cui non ci sono clienti.
Si risparmiano cifre piccole ma senza la necessità di fare investimenti. Lo stesso non si può dire di eventuali impianti fotovoltaici sui quali numerosi imprenditori hanno chiesto informazioni. I consulenti sconsigliano la scelta: difficile ammortizzare, a meno che non si tratti di superfici molto grandi.

PROBLEMI ANCHE PER LA LEGNA

Sulle attuali difficoltà del settore, c’è un altro fattore di incidenza sottolineato da Butticè della Fiepet Lombardia: “La policy comunitaria e nazionale degli ultimi anni è stata quella di invogliare le pizzerie a riconvertirsi dai forni a legna a all’elettricità. Non solo questa linea è entrata spesso in conflitto con la tradizione gastronomica italiana, ma oggi condanna molte pizzerie ad essere prese in contropiede dai rincari delle utenze”.
Su questo fronte tuttavia non manca l’altro lato della medaglia. Nei giorni scorsi il titolare della pizzeria Pappa e Pizza di Villasanta, locale che funziona soprattutto d’asporto, apprezzato anche dai comuni vicini, ha pubblicato un post sula pagina Facebook: “Sono seriamente preoccupato, non so quanto si riuscirà ad andare avanti. È appena stato qui il fornitore di legna e mi ha annunciato l’ennesimo rincaro, una cassa di legna che fino a un anno fa pagavo 5 euro, dal mese prossimo passerà a 8 euro”. Senza contare il problema dell’approvvigionamento. La pizzeria gastronomia Marilù di Cesano Maderno naviga a vista: “sembra che in gran parte la legna arrivi dalla Russia -spiegano i titolari- comunque sia, da quello che ci dicono i fornitori, sappiamo già che avremo legna fino a novembre-dicembre, poi basta. Non si può vedere oltre quella data. Si vive senza sapere cosa succederà“.

QUALI RIFLESSI SULL’OCCUPAZIONE?

Il caro-bollette, apparentemente destinato a vessare cittadini e attività ancora per mesi, potrebbe influenzare le dinamiche anche sul fronte occupazionale, un ambito nel quale i ristoratori, nell’ultmo anno, hanno sofferto una grossa carenza di personale. Al di là delle chiavi di lettura del fenomeno (il reddito di cittadinanza scoraggia i lavoratori, la pandemia ha fatto riscoprire l’importanza della vita privata, e così via…) resta la reale difficoltà, patita soprattutto nei mesi estivi.

Baldo del Beat si è inventato un corso gratuito di quattro moduli per formare personale in modo già mirato sulle dinamiche di sala. Era disposto ad assumere, a prezzo di contratto nazionale (1300-1500 euro), ma tra defezioni e ragazzi troppo giovani per accettare orari serali inoltrati, i contratti sono rimasti a zero. “Questa situazione ci ha fatto rivedere il business plan, il personale scarseggia e quindi lo si paga di più, la voce è passata dal 32% al 36% del budget di spesa”. L’imprenditore si dice comunque convinto che il vento cambierà anche in funzione del caro energia che, purtroppo per tutti, graverà molto anche sulle famiglie, riportando in primo piano il bisogno di un posto di lavoro sicuro, anche se faticoso. Silvestrini della Fabbrica di Pedavena conferma. Spiega di avere un abbonamento a un portale che seleziona le richieste di lavoro: “dopo un’estate di carenza totale, da qualche giorno ho notato una crescita di annunci di ricerca lavoro”. In molti si dicono convinti che i contratti nazionali, vecchi e inadeguati, debbano cambiare, con una predisposizione all’elasticità, magari anche con formule come i vaucher.

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