Sociale

Ristrutturata la sede Cadom: nuovo spazio per l’accoglienza delle donne maltrattate

Monza. Incontro con la presidente del centro Cadom Anna Levrero e le psicologhe che vi lavorano.

cadom

Un nuovo spazio in cui le donne del territorio vittime di violenza possano trovare protezione, ascolto, informazioni, sostegno e conforto. Si sono conclusi il 19 ottobre i lavori di rinnovo e di ridistribuzione dei locali della nuova sede dell’associazione Cadom in via Mentana 43 a Monza, centro che dal 1994 fornisce assistenza alle donne che subiscono violenza sia in ambito familiare che sociale e lavorativo. 

Una ristrutturazione pensata, secondo il progetto dell’architetto Gloria Corvi, per rendere il luogo ancora più accogliente e familiare per le donne: con cucina, bagno, salotto e altre camere. C’è ora la possibilità di isolarsi in una stanza separata per confidarsi con un’operatrice volontaria, nel caso in cui la donna ne sentisse il bisogno.

L’INAUGURAZIONE

La sede rimane quella di via Mentana che, come per gli altri sportelli Cadom, si trova in un ambiente tutelato, un condominio, per rendere ancora più sicuri i colloqui da eventuali mariti-stalker. 

Sabato 24 novembre dalle 10 alle 12 il centro rinnovato aprirà le porte al pubblico per il taglio del nastro.

LO STAFF

Attualmente sono circa 60 le volontarie che lavorano agli sportelli di consulenza e aiuto contro la violenza sulle donne. Le operatrici sono inoltre sostenute dalle due psicologhe Claudia Cazzaniga e Cristina Frasca e da 7 legali, 2 penaliste e 5 civiliste, che possono offrire una consulenza gratuita alle donne.

I DATI

I numeri di violenza sulle donne sono sempre in crescita: agli esordi di Cadom venivano assistine in media una cinquantina di donne l’anno, nell’anno 2017 ne sono state accolta 347. Sono oltre 5000 le donne che sono state aiutate nei 25 anni di attività. Un problema che ha degli effetti collaterali non solo sulle vittime dirette, ma anche sui bambini presenti all’interno del nucleo familiare.

“I figli sono coinvolti sempre, anche se in apparenza sembra che non recepiscano e siano sereni, in realtà tutti i bambini vivono la violenza assistita, perché ne vedono gli effetti: paura, tristezza della mamma, oggetti distrutti in casa– spiega la psicologa Claudia Cazzaniga -. “Negli ultimi anni abbiamo lavorato molto con le scuole, partendo dalla primissima infanzia, attraverso progetti di formazione con gli insegnati per diffondere la conoscenza sul fenomeno e riuscire ad apprendere gli aspetti operativi, per imparare il modo corretto in cui agire. La scuola diventa un canale importantissimo, sia per rilevare una situazione di violenza che per proteggere e tutelare il bambino stesso e costruire un ponte rispetto al progetto di aiuto.”

IL LAVORO DI CADOM

Il lavoro delle psicologhe è sempre affiancato a quello delle operatrici. Le consulenze private sono percorsi brevi, dai 5 ai 7 incontri attivabili in momenti diversi del percorso. Inoltre le legali che collaborano con l’associazione sono iscritte al gratuito patrocino, garantendo così un’importante agevolazione per le donne che si rivolgono a loro.

“In questi miei 21 anni di impegno alla Cadom è cambiata la gravità del maltrattamento: è diventato molto più pesante ed è molto più complesso. Le aspettative delle donne sono cresciute: un tempo accettavano le situazioni di violenza, mentre ora si ha più consapevolezza dei propri diritti.” – commenta la presidente dell’associazione Anna Levrero – “In questi ultimi anni, con l’entrata in funzione della rete Artemide l’aiuto alle donne è aumentato, perché alla rete fanno capo i servizi sociali dei 55 comuni della provincia, carabinieri, polizia, magistratura ed il pronto soccorso degli ospedali.”

Il punto più critico rimane sempre la protezione. Sono 3 gli enti che gestiscono le case di protezione, ma l’offerta è spesso inferiore alla domanda.

MALTRATTAMENTO ECONOMICO

Il periodo di crisi economica in corso ha accentuato molto le difficoltà all’interno delle famiglie: un aspetto del maltrattamento su cui si riflette sempre troppo poco è il maltrattamento economico
Una situazione tipica in Brianza è quella del marito che crea una piccola azienda, mentre le moglie gli dà una mano, occupandosi anche dei bambini e dei suoceri. Quando la donna invecchia il marito la lascia, cacciandola di casa, e si trova un’altra compagna. In questo modo la moglie, avanti con l’età, non ha la possibilità di cominciare un percorso lavorativo e si accorge che non le sono mai stati versati i contributi, non ha pensione, si ritrova nullatenente.

“Il lavoro che noi facciamo è anche quello di diffondere una consapevolezza dei propri diritti, la consapevolezza del fatto che le donne che lavorano hanno il diritto di gestire i propri soldi, di essere autonome e indipendenti. – continua Anna Levrero – “Ogni tanto arriva anche qualche ragazza con i bambini piccoli che dice che il marito la ricatta, la mette alla fame: fa la spesa solo per sè, ma non per lei e i figli.”

VIOLENZA PSICOLOGIA

Ogni uomo ha il suo modo di abusare e punire la donna. Tra i più devastanti la violenza psicologica, che si perpetua attraverso lo stato di isolamento, in cui la donna viene allontanata dalla propria famiglia di origine, dalla rete sociale che i figli frequentano, e l’annientamento. La donna viene svalutata nel suo valore di persona: le si fa credere che non valga niente in ambito professionale, relazionale, intimo e come madre. Questo ultimo aspetto inoltre mina direttamente allo sviluppo psicologico dei figli: la mamma non diviene più il porto sicuro del bambino, ma anzi colei che ha paura e fa fatica a badare alla propria sopravvivenza.

CONTATTI

Di seguito numeri di telefono a cui le donne possono chiamare:

Sede di Monza, via Mentana 43 – 3802368170, 0392840006
Lissone, via Como 57 – 3316265330
Brugherio, via Oberdan 83 – 3338399968
Seregno, via Oliveti 17 – 0362263411

Articolo di Beatrice Massaro

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