La nuova frontiera del lavoro (precario): i voucher

Il lavoro accessorio ha fatto il suo esordio nel mondo del lavoro con il D.Lgs. 276/2003.

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Il lavoro accessorio ha fatto il suo esordio nel mondo del lavoro con il D.Lgs. 276/2003.

L’originaria disciplina qualificava il lavoro accessorio come attività lavorative di natura meramente occasionale e circoscriveva l’ambito di applicazione sia sotto il profilo soggettivo (determinate categorie di soggetti) che oggettivo (ambito di attività).

Nel tempo si sono susseguiti interventi normativi che ne hanno ampliato l’ambito di applicazione a partire dalla legge 92/2012 (legge Fornero) fino ad arrivare all’attuale disciplina introdotta dal c.d. jobs act con il D.Lgs. 81 del 15 giugno 2015.

La disciplina attuale del lavoro accessorio, infatti, prevede la possibilità di utilizzare i voucher da parte di committenti imprenditori, professionisti o non imprenditori, per lo svolgimento di prestazioni lavorative rese in tutti i settori produttivi con l’unico divieto di fare ricorso a prestazioni di lavoro accessorio nell’ambito dell’esecuzione di appalti di opere o servizi.

L’unico limite previsto dalla legge è di carattere economico fissato a 7.000 euro – aumentato rispetto al passato il cui limite era di 5.000 euro – come compenso massimo nel corso di un anno che il prestatore di lavoro può percepire con riferimento alla totalità dei committenti e di 2.000 euro per prestazioni rese a favore di ciascun singolo committente.

E’ confermata la possibilità di svolgere prestazioni di lavoro accessorio, nel limite di 3.000 euro all’anno, da parte di chi percepisce integrazioni salariali o di sostegno del reddito.

Il ricorso all’utilizzo dei voucher ha assunto nei primi nove mesi dell’anno proporzioni da record tant’è che il Governo è intervenuto nel mese di settembre 2016 con un decreto correttivo della disciplina con lo scopo di rendere pienamente tracciabile l’utilizzo dei buoni lavoro acquistati dai committenti e costituire così un deterrente per il lavoro nero mascherato dai voucher.

Uno dei tre referendum proposti dalla CGIL, sulla cui ammissibilità si esprimerà la Corte Costituzionale a partire dall’11 gennaio, riguarda proprio la richiesta di abrogazione dei voucher che a differenza dei proclami iniziali del Governo non garantisce maggiore stabilità ai lavoratori   ma li rende ancora più precari e meno garantiti.

 

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