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Seveso +40, le voci dei protagonisti del disastro diossina

I volti e le dichiarazioni dei sei uomini che hanno ricevuto il riconoscimento ufficiale da parte dell'amministrazione di Seveso per l'impegno nella gestione del disastro diossina all'indomani dell'incidente Icmesa del 1976.

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La cerimonia ufficiale di commemorazione del disastro Icmesa, tenutasi domenica 10 luglio nel Bosco delle Querce, ha visto tra i protagonisti sei uomini che nel 1976 si distinsero per l’impegno con cui gestirono i momenti successivi alla catastrofe diossina. «Ci sono i tempi perché la città faccia i suoi riconoscimenti – ha dichiarato il sindaco Paolo Butti -. Tante persone hanno contribuito, con il proprio lavoro e con il proprio impegno civile, politico e sociale».

In particolare, Seveso ha voluto premiare, con una lampada realizzata dall’artigiano sevesino Luca Brambilla e simbolicamente “contaminata” dal legno di bambù, Giuseppe Guzzetti, Giovanni Bottari, Paolo Lassini, Paolo Mocarelli, Amedeo Argiuolo e Ambrogio Bertoglio.

«All’epoca Seveso è stata più motivo di amarezza e guai che di soddisfazione – ricorda Guzzetti, l’ex presidente di Regione Lombardia che allora negoziò l’accordo con Givaudan, il gruppo svizzero, poi passato sotto Roche, di cui Icmesa era una controllata -. Questo riconoscimento non va solo alla mia persona ma anche a chi ha lavorato prima di me, come Cesare Golfani, che gestì insieme al sindaco Francesco Rocca la fase iniziale dell’incidente e che rivendicò, Maroni avrà piacere di sentirlo, il ruolo della Regione nella vicenda rispetto al governo centrale. Non dimentichiamo, perché non accada più che si metta a repentaglio la comunità. Non solo: fare impianti che mettono a rischio la salute non conviene neanche da un punto di vista economico, l’Icmesa, alla fine, ha pagato un conto salatissimo». Parte del risarcimento versato dall’Icmesa (40 miliardi e 500 milioni di lire) venne usato per costituire la Fondazione Lombardia per l’Ambiente, con sede proprio a Seveso, in quello che oggi si chiama (ovviamente) largo 10 luglio 1976. «L’unione tra sindaco, città e Fla è ormai affermata – dichiara Bottari, presidente Fla dall’86 al 2008, e oggi presidente onorario -. Allora guidavo l’Ospedale Maggiore: il Policlinico fu uno dei luoghi dove si svolse la ricerca della diossina».

«Nell’83 qui c’erano solo sassi circondati da un reticolato – ricorda Lassini, premiato per aver gestito la riforestazione del Bosco delle Querce -. Allora nessuno voleva parlare di diossina, noi accettammo il compito liberamente e volontariamente. Grazie a tutta la squadra abbiamo svolto un ottimo lavoro, e lo abbiamo fatto con entusiasmo, risolvendo problemi enormi in poche ore grazie a una catena di comando che partiva dal senatore Noè. Chiedo hai politici – aggiunge – di pensare a quanta gente potrebbe essere impegnata in situazioni analoghe, riducendo i costi, aumentando l’occupazione e ottenendo grandi risultati, senza ricorrere ad appalti faraonici o a dubbie cooperative».

«Nel 1976 non si sapeva nulla degli effetti della diossina sull’uomo – ammette Mocarelli, oggi docente per l’Università di Milano Bicocca. Mocarelli eseguì le prime analisi sui cittadini colpiti da diossina il 25 luglio del 76, ed ebbe l’intuizione di congelare i prelievi per poterli conservare -. Seveso ha contribuito ad aumentare la conoscenza scientifica». Mocarelli contribuì alla decisione di non sfollare i residenti della zona B. «Quando nell’87 al Bosco delle Querce le piante cominciarono a cresce, ad Atlanta si trovò il modo di quantificare la diossina nel sangue: recuperammo i campioni congelati e ricominciammo lo studio, sottoponendo i pazienti a nuovi prelievi. La popolazione di Seveso è stata eccezionale: non solo si è mostrata resiliente, non solo ha imprigionato il veleno sotto la bellezza del Bosco, ma ha dimostrato, nel tempo, una grande e insolita disponibilità a tornare a sottoporti a controlli. Seveso, soprattutto, è stata uno spartiacque – conclude -: prima si pensava di poter industrializzare in modo indiscriminato, poi arrivarono le foto dei bambini con il viso devastato dalla cloracne, e cambiò tutto».

Anche un dipendente dell’Icmesa, Argiuolo, aveva a cuore la salute della cittadinanza: «Ho ancora davanti agli occhi le persone che venivano davanti alla fabbrica a chiedere informazioni – ricorda -. Il lunedì dopo l’incidente, infatti, l’Icmesa aveva aperto come se nulla fosse successo. I dirigenti davano informazioni acquiescienti: il venerdì decidemmo di non tornare più in fabbrica, pretendendo che si mettessero in sicurezza i reparti. Con la cittadinanza organizzammo un incontro al cinema, un momento di discussione e confronto per fare pressione su Roche e Givaudan: agimmo in modo compatto, insieme al sindacato. Sono aspetti che non vanno dimenticati».

«Come giovane padre, già da tempo radicato nel territorio, non potevo ignorare la situazione» commenta Bertoglio tramite un messaggio riferito da Federico Robbe, autore di “Seveso 1976. Oltre la diossina”. Bertoglio, volontario e animatore del movimento cattolico, si distinse per l’attenzione verso i più piccoli e per lo stimolo a canali sociali di solidarietà.

In apertura, il sindaco consegna a Robbe il riconoscimento di Bertoglio

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