Cronaca

Frode fiscale da 39 milioni di euro nel commercio delle bevande, indagati anche a Monza e Brianza

La Guardia di Finanza ha accertato l’emissione di fatture false per oltre 39 milioni di euro, utilizzate per evadere l’IVA nel commercio delle bevande.

guardia di finanza Treviso frode bevande
Indagini della Guardia di Finanza

“Italian Drink”, questo il nome della maxi operazione condotta dalle Fiamme Gialle del Comando Provinciale di Treviso che ha portato a smantellare un sofisticato schema di presunta evasione fiscale che coinvolgeva il commercio di bevande per un valore di oltre 39 milioni di euro. Le indagini hanno rivelato l’emissione di fatture false utilizzate per evadere 7 milioni di euro di IVA, portando all’individuazione di 10 persone, domiciliate tra le province di Treviso, Monza-Brianza, Roma e Salerno, ritenute responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione per delinquere, emissione e contabilizzazione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, omessa dichiarazione.

La Procura della Repubblica di Treviso ha notificato agli indagati l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, segnando una tappa importante nell’inchiesta.

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UN MECCANISMO FRAUDOLENTO INTRICATO 

L’indagine ha rivelato un intricato meccanismo fraudolento nel commercio di bevande provenienti da diversi paesi europei. Queste bevande sarebbero state fittiziamente fatte transitare attraverso aziende “cartiere” con sede principalmente a Roma, le quali successivamente cedevano la merce ad aziende che avevano effettivamente rapporti con i fornitori esteri. Tuttavia, queste operazioni erano caratterizzate da una serie di omissioni fiscali, inclusa l’evitare ogni obbligo di dichiarazione e versamento delle imposte.

L’operazione ha portato al sequestro di una vasta quantità di materiale probatorio, tra cui intercettazioni telefoniche, segnalazioni di operazioni sospette di riciclaggio, accertamenti bancari e documenti contabili. La frode si concentrava su due società con sede nelle province di Monza-Brianza e Bergamo.

Particolare attenzione è stata dedicata alle persone che avevano il compito di costituire e gestire le aziende “cartiere”. Questi individui, attivi principalmente nelle province di Roma e Treviso, stabilivano i contatti con professionisti quali notai e commercialisti per collocare le sedi legali delle aziende fittizie. Inoltre, cercavano “prestanome” nullatenenti per utilizzarli come soci o amministratori delle aziende coinvolte nella frode. Le aree di Roma e Treviso sono risultate essere punti chiave per il reclutamento dei “prestanome”.

 

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