Una visita particolare

Si può essere liberi in carcere? Gli studenti dell’Olivetti di Monza scoprono Bollate

I ragazzi sono entrati nell'istituto penitenziario dove l'aspetto rieducativo è preponderante rispetto a quello punitivo. Un'esperienza significativa che hanno voluto raccontarci.

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Se c’è un luogo sul quale gli stereotipi e i pregiudizi si sprecano, soprattutto perché spesso non ci si sforza nemmeno di capirlo e conoscerlo, questo è sicuramente il carcere. Un luogo in cui la maggior parte delle persone non entra mai. Ma, nonostante questo, è segnato da un’opinione comune, costruita da decine di pagine di giornali e centinaia di immagini di film, che spesso è irrecuperabilmente negativa.

Il carcere, invece, come la vita di chi se ne è sempre mantenuto alla larga, ha mille sfaccettature e altrettante verità, che nascono, crescono e cambiano nelle storie personali dei detenuti.

Come quelli che scontano la loro pena a Bollate, una casa di reclusione modello, dove una trentina di studenti della classe quinta dell’Istituto professionale statale per i servizi dell’enogastronomia e commerciali “Adriano Olivetti” di Monza hanno potuto scoprire che ci può essere tanta libertà e capacità di rinascita anche in un carcere.

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Perché si sbaglia, si commettono reati anche molto gravi, ma si può avere la forza di costruire basi nuove per ripartire ed essere messi nelle condizioni di farlo. MBNews vuole raccontare le impressioni degli studenti dell’Olivetti che, dopo essere stati nel carcere di Bollate, ora hanno qualche pregiudizio in meno e una visione più consapevole di una realtà difficile, dove però sofferenza e speranza possono camminare insieme verso l’uscita.

IL PROGETTO

“L’obiettivo della visita al carcere di Bollate, inserita nell’iniziativa “Educazione alla legalità”, di cui è referente la professoressa Fernanda Ferrara, è far vedere ai nostri studenti che la misericordia e lo sguardo sull’uomo hanno una forte valenza sociale e non soltanto religiosa” spiega Paola Mariani, docente di religione dell’Olivetti, che ha accompagnato le due classi di quinta insieme alle professoresse Gilda Scarcella e Chiara Panzeri.

“Bollate, dove le celle restano aperte dalle 8 alle 20 e i detenuti lavorano, studiano e fanno varie attività, in questo senso, è un esempio di quanto la rieducazione e la stima nei confronti degli altri, più che l’aspetto punitivo, possano spingere ad un cambiamento positivo” continua Mariani.

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I numeri della seconda casa di reclusione di Milano, inaugurata nel 2000, dimostrano quanto sia valido un modello di carcere, alternativo al tradizionale sistema penitenziario, in cui i detenuti accettano di impegnarsi in prima persona nell’organizzare e nel partecipare alla vita del luogo in cui devono scontare la propria pena.

“Il tasso di recidiva criminale a Bollate, dove ci sono quasi 1400 detenuti, è soltanto del 18% a fronte del 65-70% che si registra nelle altre carceri italiane – afferma la docente di religione dell’Olivetti – una percentuale così bassa che non a caso è simile anche nelle carceri Apac (Associazione di protezione e assistenza ai condannati, Ndr) in Brasile, dove non ci sono poliziotti e gli stessi detenuti hanno le chiavi delle celle e cogestiscono il carcere”.

LA VISITA

A Bollate, dove c’è persino un ristorante, “InGalera”, aperto al pubblico sia a mezzogiorno che a sera, gli studenti dell’Olivetti di Monza sono stati accolti da un’educatrice. Poi hanno potuto visitare alcuni degli spazi dell’istituto penitenziario. Dalla palestra al teatro, dalla serra al call center, dove alcuni detenuti lavorano e vengono stipendiati.

“Nel percorso siamo stati accompagnati da un carcerato volontario, Pier Vittorio, che ha spiegato ai ragazzi come “in carcere si fanno tante cose perché un uomo può conoscersi solo in azione” racconta la professoressa Mariani.

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“Quindi la parte più emozionante per i nostri studenti è stata in biblioteca dove hanno incontrato e si sono confrontati con quattro detenuti – continua – Matteo, Jonathan, Giuseppe e Andrea, diversi per età e per tipologia di reato, che con le loro storie hanno dimostrato, tra le altre cose, quanto lo studio sia importante per migliorarsi e conoscersi”.

LA PAROLA AGLI STUDENTI

“Cosa mi è rimasto di questa esperienza? Vorrei partire dalla parola “Libertà”. Noi giovani pensiamo che sia poter fare quello che si vuole, ma io credo sia, invece, poter esprimere se stessi nel mondo” (Matteo 5° D)

“La visita al carcere di Bollate mi ha lasciato stupito per lo scostamento tra ciò che mi aspettavo di trovare e ciò che ci hanno presentato. È un’esperienza che senza dubbio ricorderò” (Nicolò 5° D)

“La cosa che mi ha colpito di più è il fatto che tutti, pur vedendo il “cielo a quadretti” a causa delle sbarre, hanno una possibilità di reinserimento sociale. Una cosa molta positiva rispetto alle altre carceri” (Fabio 5° B)

“È un’esperienza che ti fa avvicinare umanamente agli errori commessi dalle persone ed alle cause/circostanze che li hanno portati a compiere determinati crimini” (Vincenzo 5° D)

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“Io credo che tutti meritino una seconda possibilità, perché penso ci sia del buono in ognuno di noi, anche se a volte sembra difficile crederlo” (Davide 5° G)

“La storia che ci ha colpito di più è quella di Giuseppe poiché ha trattato una parte della sua vita che si avvicina alla nostra e che riguarda la droga, facendoci riflettere sul fatto che si paga da grandi anche ciò che si è fatto da giovani…L’altra storia che ci ha colpito molto è stata quella di Matteo, che aveva una vita stupenda e 3 figli fino al giorno in cui ha perso la testa, ha commesso un omicidio e all’improvviso la sua vita è cambiata con una condanna all’ergastolo” (Matteo F. e Matteo T. 5° G)

“Le scelte che facciamo giorno per giorno, quelle formano la nostra persona…Mi ha colpito molto il fatto che alcuni detenuti usano lo studio e i libri come mezzo per riprendersi la loro vita in mano…chi sbaglia deve pagare, ma occorre rispettare sempre la dignità della persona, aiutandola a capire e a non commettere più gli stessi errori” (Alessia 5° G)

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“Se davvero credi in te stesso, ovunque tu sia puoi raggiungere i tuoi obiettivi in qualche modo” (Selina 5° H)

“La persona non è solo le azioni che compie” (Salvatore 5° D)

“Questo “mondo” mi ha sempre suscitato curiosità, perché un sogno nel cassetto è sempre stato quello di lavorare in quest’ambito oltre che nell’ambito della pasticceria” (Francesca 5° H)

“Sono andata via dal carcere diversamente da come sono arrivata. Ho capito che non bisogna giudicare le persone per quello che hanno fatto, ma solo per quello che sono” (Nikoleta 5° H)

“I luoghi di detenzione sono luoghi dove il “tempo viene sospeso” nell’atto di andare a comprendere i propri errori e cercare di trovare una via di uscita e di rinascita ai propri sbagli” (Alessandro 5° H)

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