Economia

Arte e industria, nella Villa Reale di Monza c’è la storia del design e dell’artigianato

Un libro, edito dal Centro documentazione residenze reali lombarde in collaborazione con Assolombarda, spiega come la dimora asburgica abbia valorizzato il "saper fare" del territorio.

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Con la cultura non si mangia. E’ una frase sentita tante volte. Ma, forse, non è poi così vera. Almeno se si parla di cultura d’impresa come ponte tra economia e crescita sociale. Un concetto al centro della “Settimana della cultura d’impresa”, che dal 9 al 23 novembre ha celebrato la sua 17esima edizione con oltre 70 eventi in tutta Italia. A Monza la manifestazione si è conclusa con la presentazione del libro “Storia, arte e industria – le dimore reali di Milano e Monza e la promozione del territorio”.

Per mostrare al pubblico il volume, curato da Marina Rosa, presidente del Centro documentazione Residenze reali lombarde, con la collaborazione di Museimpresa e Assolombarda Confindustria, non si poteva scegliere una location più adatta del presidio territoriale di Monza della principale associazione imprenditoriale italiana. Che, nel capoluogo della Brianza, ha sede proprio a due passi dalla Villa Reale.

Uno dei simboli della nostra città. Ma soprattutto, per circa un secolo e mezzo, dalla sua inaugurazione nel 1780 agli anni Trenta del Novecento, una testimonianza importante del “saper fare” produttivo di un territorio in cui “il mondo del lavoro e degli imprenditori – afferma Elena Riva, autrice del libro insieme a Paola Cordera e Debora Lo Conte e docente di Storia moderna presso l’Università Cattolica di Milano – è da sempre una delle principali ‘cifre di lettura’ delle terre di Lombardia”.

Intorno alla dimora estiva voluta a Monza da Ferdinando d’Asburgo-Lorena d’Este, quattordicesimo figlio dell’imperatrice Maria Teresa d’Austria, infatti, scattò un meccanismo per cui “cultura e creatività divennero strumenti per lo sviluppo economico e sociale – afferma Antonio Calabrò, vicepresidente di Assolombarda – con un processo attivo che dai ceti aristocratici coinvolge ampi strati di società, sino a quelli più popolari”.

Figura centrale di questa svolta, che darà un impulso decisivo e duraturo alla crescita dell’artigianato brianzolo, soprattutto del legno e dell’arredo, è proprio l’arciduca d’Austria, Ferdinando d’Asburgo, un vero e proprio principe imprenditore. La cui figura storica è ancora oggi considerata minore rispetto agli altri suoi fratelli, su tutti l’imperatore Giuseppe II.

“Ferdinando, dopo essere divenuto Governatore di Milano nel 1771, anno in cui sposò Maria Beatrice d’Este, decise di costruire la Villa Reale a Monza anche per svincolare il potere arciducale dalla centralità milanese – afferma Riva – il nobile seppe creare intorno a sé un gruppo di finanzieri e imprenditori privilegiati e divenne un protagonista del sistema degli appalti pubblici con fortezze, strade, gestione delle acque e gli edifici pubblici, tra cui spiccarono il Teatro alla Scala e appunto la Villa Reale”.

Tutte iniziative decisive per la valorizzazione del lavoro, delle competenze e delle specializzazioni degli artigiani e delle maestranze locali. Favoriti anche da un vantaggiosa politica doganale e fiscale. “Alcune delle nuove manifatture che si costituirono a metà Settecento furono l’esito più evidente della liberalizzazione della produzione, della esenzione fiscale e di una più generale crescita economica a Milano e nel suo territorio” spiega Paola Cordera, ricercatrice presso la Scuola di Design del Politecnico di Milano.

Accanto a quest’aspetto più normativo, altrettanta importanza ebbe quello formativo. Prova ne è, ad esempio, la nascita, tra il 1773 e il 1776, dell’Accademia di Brera e i nuovi metodi di insegnamento di maestri come Giuseppe Piermarini e Giocondo Albertolli. Che contribuirono a creare lo stretto legame tra architettura e decorazione, centrale nelle residenze della corte asburgica a Milano e Monza.

“All’ammobiliamento di queste dimore parteciparono diversi artigiani attivi nel settore del legno, intagliatori ed ebanisti – afferma Cordera – uno dei più in vista era Giuseppe Maggiolini di Parabiago, che per la Villa Reale di Monza realizzò l’effigie intarsiata con la testa di Medusa, poi rimossa dalla decorazione pavimentale originaria e trasformata in un pannello parietale e diversi tavolini da gioco”. Anche a Monza, dagli Asburgo si passò a Napoleone, quindi ai Savoia.

Tre Case reali che, in qualche modo, continuarono questo processo di promozione artigianale e manifatturiera del territorio. Che, infine, portò, dopo gli anni difficili seguiti all’uccisione del re Umberto I il 29 luglio del 1900, alla nascita del design proprio nel capoluogo della Brianza. “Nel 1919 Vittorio Emanuele III dona al demanio la Villa Reale di Monza – spiega Debora Lo Conte, esperta di architettura e design, socia del Centro documentazione Residenze reali lombarde – Guido Marangoni, deputato socialista, la sceglie nel 1923 come sede per l’Esposizione biennale delle Arte Decorative, di cui si svolgeranno tre edizioni prima che nel 1930 diventi un evento triennale, poi spostato a Milano dal 1933”.

E’ a Monza, quindi, che si pongono le basi per il futuro design italiano. Anche perché, oltre alla presenza di personaggi influenti del settore come Gio Ponti e Guido Andlovitz, sempre nella Villa Reale viene ospitata l’Università delle Arti Decorative, poi diventata nel 1929 Istituto Superiore per le Industrie Artistiche. Poi dagli anni Trenta per l’ex dimora asburgica comincia un lungo declino, che durerà decenni. Ma il germe del design era ormai stato lanciato in Brianza.

E, così, con la domanda di arredi moderni, emergono realtà aziendali come “Cassina” di Meda e la “Molteni” di Giussano, ancora oggi leader del mercato. Forti della tradizione del passato, allora, si può provare a guardare con fiducia al futuro. Perché “l’artigiano è colui che, grazie ad una particolare connessione tra cervello, cuore e mani – afferma l’imprenditore Rodrigo Rodriquez, brianzolo d’adozione – realizza ‘spontaneamente’ manufatti di eccellente qualità”.

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