Economia

Licenziamenti illegittimi, Cgil Mb: “Importante pronuncia della Corte Costituzionale”

Il massimo organo di garanzia ha stabilito che l'indennità, elevata fino a 36 mesi dal Decreto dignità, non sia calcolata solo in base all'anzianità di servizio. Soddisfazione del sindacato di via Premuda.

cgil monza presidio prefettura

Nelle ultime settimane i licenziamenti illegittimi hanno trovato poco spazio sulle pagine dei giornali. Stretto tra la discussione sulla Legge di Bilancio, che catalizzerà l’attenzione della politica e dell’opinione pubblica almeno fino alla fine dell’anno, e le novità sui contratti previste dal Decreto per la dignità dei lavoratori e delle imprese, entrato in vigore il 14 luglio 2018, il tema di chi ingiustamente viene allontanato dal proprio posto di lavoro è passato in secondo piano. Anche perché il Decreto dignità, su questo fronte, non aveva cambiato nella sostanza quanto stabilito dal Decreto legislativo n. 23/2015 nell’ambito del Jobs Act.

Le critiche, in particolare della Cgil, si erano concentrate sul fatto che, nel confermare il contratto a tutele crescenti, il provvedimento voluto dall’attuale Governo a guida Lega-Movimento 5 Stelle non aveva introdotto né la reintegra come sanzione per il licenziamento illegittimo, sostituita da un indennizzo determinato solamente in base all’anzianità di servizio e né la possibilità per il giudice di  decidere la proporzionalità della sanzione espulsiva.

Rispetto al passato, l’unica vera novità sul contratto a tutele crescenti, applicabile ai lavoratori assunti dopo il 7 marzo 2015, in merito ai licenziamenti illegittimi, è stata l’innalzamento dell’indennità, previsto dal Decreto dignità, di 2 mensilità sul minimo, da 4 a 6 mensilità di indennizzo, e da 24 a 36 sul massimo.

Ora, però, qualcosa di importante può cambiare. Grazie ad una pronuncia della Corte Costituzionale, in risposta all’ordinanza del Tribunale di Roma del 27 luglio 2017, con la quale il giudice rimettente ha sollevato la questione di legittimità costituzionale del decreto legislativo n. 23/2015. La Corte costituzionale ha, infatti, dichiarato “illegittimo l’art. 3, comma 1 del Decreto legislativo n. 23/15 sul contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, nella parte – non modificata dal successivo Decreto legge n. 87/2018, cosiddetto “Decreto dignità” – che determina in modo rigido l’indennità spettante al lavoratore ingiustificatamente licenziato. In particolare, la previsione di un’indennità crescente in ragione della sola anzianità di servizio del lavoratore è, secondo la Corte, contraria ai principi di ragionevolezza e di uguaglianza e contrasta con il diritto e la tutela del lavoro sanciti dagli articoli 4 e 35 della Costituzione”.

Viene così premiato, almeno in parte, lo sforzo della Cgil, che anche in Brianza aveva proposto il referendum abrogativo del decreto legislativo 23/2015,  dichiarato inammissibile dalla Corte costituzionale con sentenza del 27 gennaio 2017, per poi promuovere la raccolta di firme per la proposta di legge di iniziativa popolare sulla carta dei diritti universali del lavoro. Oltre ad aver avviato con i propri Uffici vertenze diverse cause contro licenziamenti intimati ai sensi del decreto legislativo 23/2015. Un provvedimento che, per il sindacato, ha inciso profondamente sulla tutela prevista, anche dopo le modifiche dell’art. 18 intervenute con la legge Fornero del 2012, nei casi di licenziamenti illegittimi depotenziando anche la dignità del lavoratore e la forza contrattuale che può esprimere nel rapporto di lavoro.

“La pronuncia della Corte elimina il meccanismo basato sulla sola anzianità di servizio con il quale si predeterminava il costo economico di un licenziamento, in tal modo sottraendo al giudice ogni margine di valutazione in ordine alla gravità del pregiudizio arrecato al lavoratore e del comportamento del datore di lavoro – spiega Giovanna Piccoli, responsabile dell’Ufficio vertenze della Cgil Monza e Brianza – l’abrogazione della norma contenuta nell’art. 3, comma 1, del decreto legislativo 23/15 riattribuisce al giudice la funzione di determinare il danno subito dal lavoratore sulla base di parametri oggettivi e soggettivi rispondenti a criteri di giustizia e ragionevolezza”.

Con la pronuncia della Corte Costituzionale, quindi, dovrebbe essere scongiurata anche la conseguenza che l’incremento dell’indennizzo a 36 mensilità, in caso di licenziamento illegittimo, avrebbe potuto trovare piena applicazione, essendo legato agli anni di lavoro, soltanto nel 2033. “La pronuncia della Corte è un risultato importante perché restituisce, anche se in parte, giustizia e dignità a chi, a fronte di un mero calcolo economico, avrebbe potuto essere licenziato anche in assenza di qualsiasi valida motivazione” afferma Piccoli. La battaglia della Cgil su questo tema, comunque, non sembra essere finita.

“La Corte non ha ritenuto ammissibili e fondate le altre questioni sollevate con l’ordinanza del Tribunale di Roma, lasciando perciò tuttora vigente un impianto normativo che nega al lavoratore ingiustamente licenziato il diritto ad essere reintegrato nel proprio posto di lavoro” conclude  la responsabile dell’Ufficio vertenze della Cgil Monza e Brianza.

 

 

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