Sociale

Bonus bebè, Patronato INCA Cgil Brianza: “E’ un diritto anche delle mamme straniere”

Il sindacato denuncia che anche nel nostro territorio l'Inps non ha concesso gli 80 euro al mese ad una donna con permesso di soggiorno. Il Tribunale di Monza ha dato torto all'ente previdenziale.

cgil-brianza-sede-monza-bandiere-mb

Avere un figlio è un’esperienza che cambia decisamente e definitivamente la vita dei neo genitori. E’ una gioia difficile da descrivere a parole, talmente è personale e soggettiva. Come molte cose belle, però, anche mettere al mondo il frutto migliore dell’amore comporta conseguenze meno entusiasmanti. Ad esempio le numerose spese necessarie a soddisfare tutte le esigenze dei neonati. Un dolce “peso” a cui non tutte le famiglie sono in grado di far fronte facilmente. E, se si tratta di stranieri, i problemi possono perfino aumentare. Perché i sussidi statali rischiano di venire a mancare. A volte in maniera ingiusta e discriminatoria.

E’ il caso del bonus natalità, meglio noto come bonus bebè, previsto dall’ex art. 1 comma 125 della Legge 190/2014. Un contributo di 80 euro al mese, 160 per le famiglie sotto i 7000 euro di ISEE, riconfermato per il 2018, ma solo per il primo anno di vita del bambino. Un assegno, però, che l’Inps si è sempre rifiutata di corrispondere alle mamme straniere con permesso di soggiorno di breve durata. Con la motivazione ufficiale del mancato possesso di “utile titolo di soggiorno”. E quella, nemmeno tanto nascosta, di una restrizione dovuta alla presunta non sostenibilità dei costi per le casse dello Stato.

 I ricorsi contro questa decisione dell’Istituto sono stati numerosi in tutta Italia. Anche a Monza. Dove il Patronato INCA della Cgil è sceso al fianco di S.Z., 29enne, in Italia con regolare permesso di soggiorno per motivi familiari e madre dal novembre 2015. La domanda della donna per l’assegno di natalità era stata respinta una prima volta dall’Inps in quanto cittadina extracomunitaria priva di un permesso di soggiorno di lungo periodo. A quel punto, con il supporto del Patronato INCA della Cgil, è stato presentato un riesame, ugualmente rigettato dall’ente previdenziale. Anche questo caso, allora, come altri in Italia, è stato affrontato per vie legali. E il Tribunale di Monza, con sentenza pubblicata il 27 marzo 2018, ha dato ragione alla donna.

Il giudice richiama il contenuto dell’art. 12 della Direttiva 98/2011/Ue e afferma che “…la condotta messa in campo dall’ente previdenziale è oggettivamente discriminatoria ai danni della ricorrente…”. Viene violata, infatti, “…la parità di trattamento tra lavoratori nei settori di sicurezza sociale come definiti dal regolamento CE 883/2004, in quanto l’ente previdenziale subordina il riconoscimento della prestazione in favore dei cittadini di Stati Extra Ue al possesso del permesso di soggiorno Ue per soggiornanti di lungo periodo – si legge nella sentenza – mentre il citato regolamento riconosce parità di trattamento ai cittadini dei paesi terzi ammessi in uno Stato membro a fini lavorativi o ai quali è comunque consentito di lavorare, senza distinzioni al titolo di soggiorno inerenti al titolo di soggiorno nel territorio di tale Stato…”.

Nonostante la chiara posizione della giurisprudenza italiana a favore delle madri straniere in tema di bonus natalità, la questione potrebbe non essere ancora chiusa. L’Inps, infatti, il 13 febbraio 2018 ha emanato un messaggio con il quale, pur consentendo a tutte le mamme straniere la presentazione delle domande, precisa che l’assegno viene pagato con “riserva” in relazione agli sviluppi futuri del giudizio. Questo significa che, se non cambia la posizione ufficiale dell’Istituto, le mamme straniere dovranno aspettare anni e il giudizio della Cassazione per avere definitivamente ragione.

“Il patronato INCA denuncia diritti ancora negati dall’Inps alle madri straniere nonostante le pronunce giurisprudenziali in tema di assegno di natalità e/o premio alla nascita che condannano l’istituto per ‘comportamento discriminatorio’ – afferma Davide Carlo Cappelletti, Direttore Provinciale Patronato INCA Cgil Brianza (nella foto in alto)- il diritto c’è, ma per ora solo sulla carta. Negare il bonus bebè a chi è sprovvisto della Carta di soggiorno per lungosoggiornanti è discriminatorio e in contrasto con le direttive europee. Anche su Monza, l’Istituto previdenziale è stato condannato a corrispondere l’assegno di natalità, smentendo un’interpretazione restrittiva della norma – continua – il parametro fondamentale, secondo INCA, resta ‘la legalità del soggiorno’”.

La questione legata al bonus natalità, secondo il sindacato, è sintomatica di una tendenza più generale. “Il sistema assistenziale italiano assomiglia sempre di più ad una lotteria in cui tanti non riescono ad accedere ai sussidi pur avendone diritto – afferma Cappelletti – a nostro parere si confida anche sul fatto che la percentuale di chi fa ricorso per far valere i propri diritti è piuttosto bassa rispetto al numero di coloro che potrebbero farlo”.

MBNews è anche su WhatsApp. Clicca qui per iscriverti al canale e rimanere sempre aggiornato.