Come si può governare un paese che ha duecentoquarantasei formaggi diversi?

Questa la domanda che De Gaulle si poneva vedendo la Francia disunita, poiché il cibo, come spiritosamente ma in modo molto arguto, aveva notato il Generale, è da sempre una parte fondamentale della nostra vita: non siamo altro che ciò che mangiamo.


Questa la domanda che De Gaulle si poneva vedendo la Francia disunita, poiché il cibo, come spiritosamente ma in modo molto arguto, aveva notato il Generale, è da sempre una parte fondamentale della nostra vita: non siamo altro che ciò che mangiamo.

Si dice altresì, enfatizzando il concetto, che l’alimentazione di una nazione, sia un fattore chiave del suo destino. Questo assunto cozza con l’idea ed il fenomeno della globalizzazione, che oggigiorno coinvolge anche il cibo provocando la standardizzazione dei gusti.

Intervenuto al Salone del Gusto di Torino, il Commissario all’agricoltura e sviluppo rurale Ciolos ha affermato con soddisfazione che la Politica agricola dell’Unione europea – di cui egli è responsabile – “è profondamente impegnata a coltivare le nostre differenze, permettendo loro di vivere e di esprimersi senza essere spazzate via dalle economie di scala, senza chiedersi se un particolare prodotto trovi o meno il suo posto in questo o quel portafoglio”.

L’economia agricola europea si compone di innumerevoli imprese familiari. Difendere i sapori e i prodotti locali significa dunque difendere il know-how, il territorio, gli uomini e le donne che vi lavorano con passione ed esperienza: significa in ultima istanza difendere noi stessi.

Difendere noi stessi sia nella fase di produzione, che in quella di consumo, questo è l’obiettivo che deve guidare i nostri rappresentanti: mangiare sano e bene è un atto di rispetto per noi stessi, le nostre tradizioni e la natura, e tutto ciò deve diventare la norma, la regola, non l’eccezione o addirittura un lusso.

Sempre Ciolos si dice convinto del potere che l’alimentazione ha di cambiare il mondo, ma al contempo si domanda in quale direzione il mondo vuole essere da noi cambiato.

Parafrasando il Commissario, abbiamo la possibilità, e anche l’onere di riflesso, in questo momento storico, di dare un nuovo corso al mondo, una nuova direzione che però deve essere quella giusta.

E ciò solleva molte domande: qual è il ruolo degli agricoltori in un circuito sempre più globalizzato? Quale uso delle risorse naturali dobbiamo concentrare nei prossimi decenni? Quali strategie per evitare che i nostri terreni più fertili perdano la loro identità di produrre cibo di qualità ed evitare che i terreni più fragili siano completamente abbandonati?

Si tratta di imprescindibili questioni trasversali che preoccupano tutti noi, e a cui la nuova Politica agricola europea sta cercando di rispondere.

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