Massimo Arrigoni e l’incanto sonoro della poesia

20070523-frangione03.jpgAbbiamo incontrato l'artista di Como in una delle sue esibizioni a Monza, martedì scorso. Raccontando il suo percorso dal pianoforte al teatro fino alla poesia sonora


20070523-frangione03.jpgAbbiamo incontrato l’artista di Como in una delle sue esibizioni a Monza, martedì scorso. Raccontando il suo percorso dal pianoforte al teatro fino alla poesia sonora

Poeta sonoro. È questa la definizione che Massimo Arrigoni preferisce per presentarsi. La poesia sonora, settore della ricerca artistica a cavallo tra svariate forme d’espressione quali musica, immagine, teatro e ovviamente la poesia stessa, è un’attività che lo impegna ormai da decenni. «Mi occupo di tematiche storico-culturali molto varie, come il futurismo, la beat generation, la cultura araba e la shoah – ci ha spiegato – e nello sviluppo di ognuna di queste un ruolo preminente è svolto dalla musica». Arte che Arrigoni ha praticato a lungo, suonando il pianoforte fin dall’adolescenza. «Fino al 1982 ho vissuto di musica, finchè non mi sono avvicinato al teatro – ha raccontato – in seguito ho pensato di unire le due esperienze, e il risultato è stato il mio progetto di ridare cantabilità alla poesia, sfruttando la potenza della musica e del suono, e al tempo stesso interpretare nelle mie performances non un personaggio, ma una situazione». Esattamente quello che ha fatto martedì scorso al Loft, dove assieme ad un’altra artista, Angellore, ha presentato "Border of Insanity", «un lavoro incompleto, un vero e proprio work in progress – ha precisato – una action poetry che si colloca tra la poetica del dire e la poesia del fare, per riassumerla in una frase». Da solo ha poi offerto al pubblico "La pas poesie de la Bouche", un testo palesemente di marca futurista. Un tema che sembra ritornare spesso nella sua produzione, ma che non lo contraddistingue in modo particolare: «Io sono un poeta sonoro – ha chiarito – che si presta a concetti differenti, accomunati dalla costante del suono come elemento fondante; il futurismo è solo uno degli aspetti del mio lavoro».

Tra le pubblicazioni di Arrigoni, che peraltro ha partecipato più volte ad eventi artistici internazionali, soprattutto in Canada, figurano libri d’arte e materiali sonori. Quest’anno ha partecipato al Festival Internazionale della Poesia di Genova e al PlayArezzo Art Festival, erede del prestigioso Arezzo Wave. Singolare un’edizione "censurata" fatta uscire con la PulcinoElefante: il libriccino è infatti uscito con le pagine sigillate dalla ceralacca, lasciando al lettore la libertà di trasgredire o meno alla censura aprendo lo stesso il libretto oppure mantenendolo così com’era.

Un campo di ricerca artistica, quello di Arrigoni, decisamente lontano, se non ostico, per il grande pubblico. Proprio a lui, che in diverse occasioni si è esibito a Monza, tra Binario 7, teatro Villoresi e Voliera per umani, abbiamo chiesto quale sia il suo pensiero riguardo alla risposta della Brianza e del suo capoluogo nei confronti di eventi culturali di questo genere. «Il nostro è un lavoro di nicchia, e lo sappiamo già in partenza – ha risposto sorridendo Arrigoni, che a Monza ha studiato all’Istituto d’Arte – se c’è poca gente non ci chiediamo il perchè. Forse è perchè non c’è abbastanza visibilità per questi eventi. Di solito chi c’è si trova lì per caso o partecipa perchè ti conosce già. Normalmente le masse si muovono se proponi loro un nome televisivo – ha poi proseguito – la Brianza alla fine è una megacittà, che risponde ad esigenze simili a quelle di tutte le altre masse che esistono. Per noi artisti forse si può parlare di micromasse, gruppetti di persone che non possono costituire un percentuale affidabile dell’interesse di una città per iniziative di questo genere».

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