Decreto Dignità e contratti a termine, Cgil MB: “Si favorisce la precarietà”

5 ottobre 2018 | 09:46
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Decreto Dignità e contratti a termine, Cgil MB: “Si favorisce la precarietà”

Per il sindacato il provvedimento è complesse e piene di deroghe, che incidono in maniera negativa soprattutto sulla durata massima e sulla causala dei contratti a tempo determinato.

E’ stata una delle prime decisioni significative dell’attuale governo Lega – Movimento 5 Stelle. Anche se ora, a distanza di nemmeno tre mesi dalla sua entrata in vigore, il decreto legge n. 87 del 14 luglio scorso, meglio conosciuto come Decreto per la dignità dei lavoratori e delle imprese, convertito in legge, la n. 96 del 12 agosto, sembra già scomparso dal tam tam mediatico. Tra il debito pubblico fuori controllo e lo spread impazzito, c’è poco spazio per un provvedimento che prevede una serie di misure che hanno l’obiettivo di incidere su aspetti fondamentali del mercato del lavoro.

Tra questi i contratti a termine. Con una serie di modifiche sulla durata massima e sulla causale, cioè l’obbligo di specificare le motivazioni del ricorso ad una assunzione a tempo determinato dopo i primi 12 mesi. Alla vigilia della fine del regime transitorio e del debutto ufficiale dell’ormai Legge Dignità, previsto l’1 Novembre, la Cgil Monza e Brianza accende i riflettori proprio su quanto previsto per i contratti a tempo determinato. Con tutte le perplessità sulla capacità del provvedimento di vincere la lotta alla precarietà.

“Reintrodurre la causale, cioè l’obbligo di specificare le motivazioni del ricorso ad una assunzione a tempo determinato dopo i primi 12 mesi, è una norma poco coraggiosa – spiega Lino Ceccarelli, Responsabile Nidil (Nuove identità lavoro) e dell’Area Giovani e Lavoro della Cgil di Monza e Brianza  – mentre l’obbligo dalla prima assunzione, infatti, avrebbe davvero costretto a motivare il tempo determinato fin dall’inizio, l’obbligo dopo i primi 12 mesi consente alle aziende di far ruotare ogni 12 mesi diversi lavoratori senza motivazione specifica e, sommato al limite generale di 24 mesi, produrrà un aumento della precarietà. In molti casi – continua – al posto di un lavoratore impiegato per 3 anni come da vecchia normativa, ci saranno 3 lavoratori che ruotano per un anno ciascuno”.

Se è piuttosto chiaro che le causali di un contratto a termine possono essere determinate da esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività, dalla sostituzione di lavoratori in ferie, malattia, maternità e da esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria, meno noto è che il limite di 24 mesi complessivi può essere legalmente superato solo in quei settori dove lo prevede il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro.

“C’è però un problema perché, nonostante da anni la Cgil, in particolare, chieda una legge per stabilire la vera rappresentanza dei sindacati, questa legge ancora non c’è – spiega Ceccarelli – ciò consente a chiunque di inventarsi un sindacato o un’associazione di datori di lavoro e sottoscrivere un ‘contratto nazionale’. Questo proliferare senza controllo dei contratti nazionali, saliti negli ultimi anni a oltre 800, è evidentemente funzionale a chi intende aggirare le regole dei contratti principali, quelli veramente ‘collettivi e nazionali’- continua – aggiramento che ha il solo scopo di diminuire paghe e diritti dei lavoratori”.

Le critiche della Cgil, che nelle scorse settimane si è dichiarata assolutamente contraria sulla reintroduzione dei voucher in agricoltura e turismo, riguardano anche le eccezioni concesse in molti casi ai contratti attivati in somministrazione, cioè da un’agenzia per il lavoro a favore di una azienda ‘utilizzatrice’, rispetto a quelli stipulati direttamente dall’azienda. “Gli uni e gli altri hanno una durata massima di 24 mesi – afferma il Responsabile Nidil (Nuove identità lavoro) e dell’Area Giovani e Lavoro della Cgil di Monza e Brianza – con la differenza che per il tempo determinato in assunzione diretta la legge ha ridotto le proroghe, dopo il primo contratto, da 5 a 4, mentre per la somministrazione sono rimaste 6. Chissà perché…”.

Le differenze si estendono anche al limite di contratti a tempo determinato che una singola azienda può attivare. Se la legge stabilisce questo limite nel 30% complessivo, salvo i numerosi casi di deroghe previste, c’è da dire che rimane un limite del 20% ai contratti stipulati direttamente dall’azienda.

“Quest’ultima, se vuole assumere a tempo determinato un “ventunesimo” deve farselo mandare dall’agenzia – sostiene Ceccarelli – lo capiscono tutti che un rapporto a tre, lavoratore/agenzia/utilizzatore, è più precario di un rapporto diretto. Inoltre nel rapporto a tempo determinato in somministrazione vengono mantenute le deroghe del Job Act – continua – quindi non si riconosce il diritto a richiedere il tempo indeterminato se il contratto cessato viene riattivato dopo meno di dieci giorni, se il precedente era fino a sei mesi o meno di venti giorni, se il precedente era fino a dodici mesi, né il diritto di precedenza su eventuali assunzioni a tempo indeterminato da parte della stessa azienda”.

A tutto questo si aggiunge il fatto che le regole della Legge Dignità non si applicano alla Pubblica Amministrazione, che rappresenta almeno il 20% della forza lavoro dipendente del nostro Paese. “Continueranno a vivere contratti a tempo determinato di lunga durata e precarietà, magari rinnovati di sei mesi in sei mesi, da oltre sette anni, come in molti enti e aziende pubbliche anche della provincia di Monza e della Brianza” spiega il funzionario del sindacato di via Premuda. E allora il giudizio finale non può che essere negativo.

“Francamente, è difficile vedere in regole, come queste e come le precedenti contenute nel Job Act, complicate e piene di eccezioni e deroghe, una chiara volontà di lotta alla precarietà – afferma Ceccarelli – invitiamo pertanto i lavoratori a tempo determinato a rivolgersi al sindacato, per controllare la legittimità della loro condizione lavorativa e l’eventualità di una impugnazione del contratto a tempo determinato, allo scopo di ottenere l’eventuale riconoscimento del tempo indeterminato. In particolare, invitiamo i lavoratori somministrati, ovvero i dipendenti delle agenzie per il lavoro – continua – a rivolgersi agli sportelli di NidiL Cgil di Monza, Vimercate, Desio, Cesano Maderno e Carate Brianza e presso la nuova sede di ‘Officina Giovani’ in via Monte Oliveto 10 a Monza, recentemente inaugurata” (leggi l’articolo).