Intermediazione di manodopera, la denuncia della Cgil Monza e Brianza

15 giugno 2018 | 09:56
Share0
Intermediazione di manodopera, la denuncia della Cgil Monza e Brianza

Per il sindacato di via Premuda, anche nel nostro territorio, il caporalato è andato oltre il settore agricolo e coinvolge ormai tutti i comparti produttivi. Molti i casi in cui ci sono operatori che agiscono in modo illecito.

Il recente omicidio del migrante maliano con regolare permesso di soggiorno, Soumayla Sacko, che a Rosarno, in Calabria, lottava, come attivista sindacale, per i diritti dei braccianti, ha riacceso i riflettori sul caporalato. L’agricoltura, del resto, è da decenni il settore di elezione di questo fenomeno di sfruttamento, di vera e propria riduzione in schiavitù, da parte di essere umani nei confronti di altri. Tutto si svolge, al Nord come al Sud Italia, secondo un modus operandi per il quale i faccendieri realizzano un profitto illecito attraverso l’intermediazione tra imprenditore e manodopera.

ùA gestire il business del caporalato, che coinvolge circa 430.000 lavoratori in Italia e genera un volume di affari stimato intorno ai 17 miliardi, sono spesso sistemi criminosi che si occupano della somministrazione di manodopera a bassissimo costo ricorrendo anche all’uso della minaccia o della violenza. Lo dimostra anche l’arresto a Ragusa di 5 romeni, accusati di traffico di esseri umani e sfruttamento lavorativo.

Il caporalato, però, non si limita più alla sola agricoltura. Nonostante, infatti, la legge n.199/2016, colpisca sia chi recluta manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento sia il datore di lavoro che utilizza o impiega manodopera reclutata in questo modo, questo odioso fenomeno si sta diffondendo anche in altri settori economici e produttivi. “Sono noti, a livello nazionale, i casi di cooperative che propongono alle imprese di procedere alla risoluzione dei rapporti di lavoro con i dipendenti in forza – spiega Lino Ceccarelli, Responsabile Nidil (Nuove identità lavoro) e dell’Area Giovani e Lavoro della Cgil di Monza e Brianza (nella foto in basso) – che poi verrebbero assunti da cooperative le quali, subito dopo, procederebbero a fornire la stessa manodopera precedentemente in forza presso gli ex datori di lavoro, a condizioni contrattuali assolutamente peggiorative”.

La Brianza, secondo quanto denuncia il sindacato di via Premuda, è tutt’altro che immune da un caporalato diffuso ben oltre il settore agricolo. “Tra i numerosi casi sottoposti alla Cgil di Monza, particolarmente sgradevole è il caso di una nota sedicente cooperativa sociale, presente in tutta la Lombardia e in espansione nel resto del Paese, che recluta collaboratrici domestiche, operatori socio sanitari, infermiere ai quali viene, a loro insaputa, aperta una partita iva, e poi, in questa veste di “liberi professionisti”, messi in contatto con le famiglie che cercano assistenza domiciliare – afferma Ceccarelli – queste famiglie firmano un contratto con la cooperativa, che si fa carico di tutto, organizza il lavoro, e incassa circa 1.400 euro al mese, ma alle lavoratrici arrivano solo 900 euro, peraltro fatturati alla partita iva!”.

Una situazione di chiara ingiustizia, condita da mancanza di diritti quali la copertura assicurativa e previdenziale, malattia e ferie, che arriva a generare conseguenze assurde. “Clamoroso il recente caso di una lavoratrice immigrata, che si è presentata ai nostri sportelli e ha potuto constatare che lavorava a sua insaputa con partita iva da cinque anni, durante i quali ha suo malgrado evaso il fisco – spiega il Responsabile dell’Area Giovani e Lavoro della Cgil di Monza e Brianza – oggi deve spendere migliaia di euro per regolarizzare la sua posizione, mettendo a rischio anche il rinnovo del permesso di soggiorno”. Episodi sempre più frequenti. Tanto che la segreteria di Cgil Lombardia sta studiando le migliori linee di intervento legale.

“Un altro caso frequente è, nel nostro territorio, quello di cooperative o imprese di altra natura che comunque forniscono manodopera a terzi, in sostanza assumendo operai e mandandoli poi a lavorare dai loro “clienti” – chiarisce Ceccarelli – ma se questo avviene senza autorizzazione ministeriale, significa che la cooperativa o l’impresa non hanno i requisiti per intermediare e quindi svolgono un’attività illecita realizzando un ingiusto profitto. In questi casi – continua – siamo intervenuti con il nostro ufficio vertenze e abbiamo portato ai lavoratori coinvolti risarcimenti per migliaia di euro”.

Un punto importante della questione, infatti, è che l’intermediazione di manodopera in sé è prevista e regolata, da ultimo, dal D.Lgs 81/2015, il cosiddetto “job act”, che si riferisce in particolare al lavoro in somministrazione, cioè all’attività svolta dalle agenzie per il lavoro appositamente autorizzate dal Ministero del Lavoro. In questi casi si ha un rapporto commerciale tra agenzia per il lavoro e azienda utilizzatrice. Il personale ha per legge un rapporto dipendente con l’agenzia, con tutte le garanzie dello stesso contratto collettivo nazionale di lavoro applicato ai dipendenti dell’azienda utilizzatrice.

Ecco perché l’invito della Cgil Monza e Brianza è di fare attenzione al lavoro di intermediari che non hanno le carte in regola. “Quando questi non sono autorizzati, per il lavoratore c’è un sicuro danno economico e il rischio di essere coinvolti in attività illecite – afferma Ceccarelli – senza considerare anche il pericolo che un evento mai augurabile nel lavoro, ma possibile, come un infortunio, sarebbe ancor di più aggravato se dovesse avvenire in un contesto illegale. Noi ci siamo – continua – l’invito che facciamo è rivolgersi senza esitazione, con la garanzia da parte nostra della massima serietà e discrezione, alle sedi territoriali della Cgil di Monza e Brianza”.