K-Flex, lettera di Spinelli: “Le autorità facciano rispettare le leggi”

10 maggio 2017 | 16:24
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K-Flex, lettera di Spinelli: “Le autorità facciano rispettare le leggi”

Una lunga lettera di sfogo, quella del titolare che reagisce al presidio dei lavoratori invocando il rispetto delle leggi.

Riceviamo e pubblichiamo la lettera scritta da Amedeo Spinelli, titolare della K-Flex, l’azienda finita sotto i riflettori per la decisione di licenziare circa 250 lavoratori.

“Stiamo vivendo una situazione che ha dell’assurdo. Non ci siamo sottratti al percorso di confronto che ha coinvolto le massime autorità politiche e istituzionali, nazionali e regionali, e che si è concluso con un nulla di fatto non certo per nostra indisponibilità o mancanza di proposte. Un lungo percorso che è stato impugnato da parte delle Organizzazioni Sindacali soltanto quando ormai era giunto alla fine. Stiamo attendendo un giudizio dal Tribunale ma la procedura di licenziamento ha dovuto seguire il proprio corso come legittimamente siamo tenuti a fare.

Alla nostra famiglia sono state rivolte accuse pesanti e ingiustificate oltre ad insulti totalmente gratuiti. Molti aspetti di questa vicenda sono stati strumentalizzati e mistificati, rendendo ancor più difficile trovare una soluzione, spesso unicamente per la propria visibilità personale, il tutto esclusivamente a danno delle famiglie dei lavoratori. Il presidio davanti alla sede e il blocco delle attività, se prima poteva essere considerata una forma – estrema e che in molteplici episodi si è spinta oltre il lecito – di esercitare il diritto di sciopero, oggi non ha più alcuna legittimazione ed espone i partecipanti al perdurare di comportamenti penalmente rilevanti. Nel nostro Paese vi sono delle leggi che chiediamo vengano rispettate anche attraverso provvedimenti urgenti, se necessario, ma non possiamo più tollerare che la nostra azienda venga, di fatto, sequestrata oltre quanto già non lo è stata in questi ultimi mesi. Impedire la prosecuzione delle attività, tra l’altro, significa impedire alle persone di esercitare il proprio diritto al lavoro e creare un danno alle 2.000 famiglie nel mondo alle quali diamo lavoro.

Non abbiamo preso questa decisione dalla sera alla mattina e non lo abbiamo fatto a cuor leggero. Siamo diventati un caso emblematico perché, come tanti altri imprenditori italiani in questi anni di crisi, ci stiamo comportando da imprenditori responsabili che pensano alla globalità della propria azienda e dei propri dipendenti”. Amedeo