Silenzio e dolore per i quattro alpinisti morti: ricostruita la tragedia

Il monte Disgrazia, un nome ambiguo che però non fa paura a chi ama la montagna, si è portato via quattro alpinisti brianzoli, lasciando i cari degli scomparsi nel dolore e nell’incredulità.
Il monte Disgrazia (Sondrio), un nome ambiguo che però non fa paura a chi ama la montagna, si è portato via domenica mattina quattro alpinisti brianzoli, lasciando i cari degli scomparsi nel dolore e nell’incredulità. Le vittime erano padri di famiglia e uomini attivi nella vita associativa, in parrocchia, negli eventi organizzati nelle loro cittadine di residenza. E proprio nei comuni di Sulbiate, Veduggio, Brugherio e Mezzago (tutti in provincia di Monza), dove vivevano rispettivamente Giuseppe Ravanelli, 46 anni, Alberto Peruffo, 51 anni, Giuseppe Gritti, 46 anni e Mauro Mandelli, anche lui 46enne, regna il silenzio del dolore, come sulla cima della montagna che se li è portati via.
I familiari e i compagni di cordata di tutti e quattro gli alpinisti non hanno voglia di parlare, il dolore è troppo forte, toglie il respiro, come il ghiaccio pungente sulla pelle. La sezione Cai di Sulbiate, a cui erano associate tutte e quattro le vittime, ieri sera ha indetto un consiglio direttivo straordinario, durante il quale ha decretato il silenzio stampa e la sospensione di tutte le attività per lutto “Abbiamo deciso così, tutti insieme” è l’unico commento rilasciato dalla voce commossa di un associato.
I quattro uomini, insieme ai due scampati alla tragedia, stavano preparando una spedizione sul Monte Bianco. La salita di domenica sul monte Disgrazia era parte di un training che andava avanti da settimane, come si evince dalle numerose istantanee pubblicate sul sito dell’associazione sportiva, e che ritraggono un gruppo di conoscitori della montagna sorridenti, alle prese con il training sul Pizzo Bernina, Pizzo Stella, Cresta di Piancaformia, e sul Grignone.
Sapevano dove mettere i piedi, conoscevano i monti, i venti e l’imprevedibilità della montagna, ma non è bastato a salvargli la vita, perché non sempre si può prevedere tutto, anche quando si è esperti e si è diretta una sezione Cai “Giuseppe Ravanelli era l’ex presidente del CAI di Sulbiate – racconta il primo cittadino, Crespi – come amava la montagna, era davvero la sua passione e la trasmetteva a tutti. Oltre ad andare lassù con gli altri esperti di scalata, organizzava anche escursioni per chi si voleva avvicinare a questo sport e gli trasmetteva tutta la sua passione. Si stava preparando per andare sul Monte Bianco. Erano tutte ottime persone che lasciano famiglie, mogli e figli. Una perdita davvero devastante”.
È bastato un attimo, Gritti sarebbe riuscito a dire “sono caduto io”, pochi attimi prima di morire, mentre i due alpinisti che alla fine hanno abbandonato la spedizione, hanno sentito i loro amici urlare, mentre rientravano.