Villaggio della Salute, longevità cognitiva e importanza di allenare la mente secondo Synlab
Ospiti dell’incontro con focus sull’invecchiamento della mente, il dott. Andrea Francescani, medico chirurgo specialista in Neurologia ed esperto in demenze degenerative, e Carla Stangalino, psicologa specializzata in Psicologia clinica e psicoterapia ad orientamento cognitivo.
Monza. “Longevità cognitiva, allenare il cervello per vivere meglio e più a lungo“. Questo il titolo dell’ incontro a cura di Synlab organizzato nel pomeriggio di sabato 4 ottobre, presso lo Spazio Manzoni 16, in occasione del “Villaggio della Salute“, il grande evento che ha portato incontri, screening gratuiti, consulenze mediche e attività di benessere direttamente nel cuore di Monza fino a domenica 5 ottobre.
Ospiti dell’incontro, moderato da Agnese Zappalà, giornalista di MBNews, media partner dell’evento, il dott. Andrea Francescani, medico chirurgo specialista in Neurologia ed esperto in demenze degenerative, e Carla Stangalino, psicologa specializzata in Psicologia clinica e psicoterapia ad orientamento cognitivo.
“Oggi sappiamo che esistono soltanto due fattori legati allo stile di vita con una funzione protettiva specifica contro l’invecchiamento cerebrale: un elevato grado di scolarizzazione formale, acquisito durante il periodo giovanile, e una solida riserva cognitiva – ha spiegato Stangalino. “Il primo è un dato ormai cristallizzato e non modificabile, mentre la riserva cognitiva è un elemento dinamico, un vero e proprio patrimonio mentale che può accrescersi e consolidarsi nel corso dell’intera esistenza, anche in età avanzata. Questa scoperta ha suscitato un crescente interesse scientifico e clinico, aprendo la strada a interventi mirati volti al potenziamento della riserva cognitiva con finalità di prevenzione, oggi più che mai fondamentali”.

“Infatti, non esistono ancora farmaci in grado di modificare in modo significativo la traiettoria delle demenze, che continuano ad avere un impatto rilevante sul piano sanitario, sociale ed economico. La riserva cognitiva si alimenta naturalmente attraverso attività intellettuali e stimoli mentali continui, tra cui la lettura, l’apprendimento, la curiosità, ma anche le relazioni sociali e le esperienze nuove vissute nel quotidiano. Questo insieme di stimoli viene definito impegno cognitivo generico. Le ricerche dimostrano inoltre che la riserva cognitiva può essere intenzionalmente potenziata in qualsiasi fase della vita grazie a specifiche forme di allenamento cognitivo“.
“Tra i modelli più efficaci vi è il training cognitivo, un programma strutturato basato su esercizi ripetitivi e progressivi che stimolano memoria, attenzione e funzioni esecutive, con l’obiettivo di mantenere attivo il cervello e ritardare l’impatto dell’invecchiamento“.
Longevità e cervello: comprendere i meccanismi dell’invecchiamento
Negli ultimi decenni la ricerca scientifica ha fatto enormi passi avanti nella comprensione dei processi biologici legati all’invecchiamento. L’allungamento della speranza di vita è un dato ormai consolidato: negli ultimi cent’anni, la longevità media dell’essere umano è aumentata di circa 30 anni, e le previsioni indicano un ulteriore incremento di 10 anni entro il 2065.
Solo in Italia, nel 2020 si contavano oltre 13 milioni di over 65, e si stima che entro il 2050 i non autosufficienti supereranno i 6 milioni, con impatti significativi sul sistema sanitario e sulle politiche sociali. Comprendere come invecchia il cervello e come favorire un invecchiamento sano e attivo è quindi una delle sfide più importanti della medicina contemporanea.
“Quello che sappiamo è che, in linea generale, gli organismi viventi tendono a seguire due strategie principali: puntare sulla riproduzione o sulla longevità – il commento del dott. Francescani. “Alcune specie, come roditori e scoiattoli, si riproducono molto rapidamente ma hanno una vita breve. Altre, come alcuni uccelli predatori, investono nella durata della vita e nella forza fisica, ma hanno poca prole. Questo equilibrio è stato descritto da Thomas Kirkwood nella teoria della “somatic maintenance”, secondo cui ogni organismo deve distribuire le proprie risorse tra riproduzione e manutenzione del corpo. Tuttavia, questa distinzione non è rigida: esistono specie che riescono ad allungare la propria vita in condizioni ambientali favorevoli, come l’Anolis carolinensis“.

“Nei mammiferi, la durata della vita è in genere proporzionale alla massa corporea: animali più grandi vivono più a lungo. Ma vi sono eccezioni notevoli, tra cui l’uomo e i pipistrelli. Ipipistrelli, pur avendo un corpo molto piccolo, possono vivere 30-40 anni, e per questo sono oggi al centro di numerosi studi sull’invecchiamento. L’essere umano, invece, vive più a lungo di quanto prevedibile in base alla propria massa corporea: ha arti deboli, sensi meno sviluppati e bassa resistenza fisica, ma possiede un cervello altamente sviluppato, che rappresenta un fattore chiave di longevità. È proprio questa complessità cognitiva, insieme a fattori ambientali, migliori condizioni igienico-sanitarie, nutrizione equilibrata e progressi medici, ad aver permesso un notevole allungamento della vita media negli ultimi secoli”.
L’importanza della “riserva cognitiva” e il brain aging
“L’obiettivo deve essere quello di spostare sempre più avanti il limite dell’invecchiamento, accompagnando le persone verso un passare degli anni il più sano possibile – prosegue Francescani. “Per farlo, è essenziale rafforzare sia la prevenzione primaria che quella secondaria, imparando a considerare l’invecchiamento come un processo complesso, che può diventare patologico se trascurato. Dobbiamo quindi ascoltare i segnali del corpo e agire in modo proattivo, migliorando costantemente la qualità della vita. Tra i temi più attuali vi è quello del brain aging, ovvero l’invecchiamento cerebrale: un processo cronico in cui i meccanismi di crescita e mantenimento del sistema nervoso cercano di contrastare quelli che portano al declino cognitivo“.
“Quando questo equilibrio funziona, le prestazioni cognitive restano buone anche in età avanzata. È importante sottolineare che brain aging non significa necessariamente invecchiamento cognitivo: un cervello può mostrare segni biologici di età senza che questo si traduca in deficit di memoria o attenzione. Un elemento centrale in questo processo è la riserva cognitiva, ovvero la capacità del cervello di utilizzare strategie alternative grazie a una rete di connessioni neurali sviluppate nel corso della vita. Più questa rete è ricca e flessibile, maggiori saranno le risorse con cui il cervello potrà compensare i cambiamenti dell’età. Non a caso, come ricorda David Sinclair, l’invecchiamento rappresenta la perdita progressiva delle informazioni della giovinezza, che porta le cellule a rispondere in modo inefficace agli stimoli nocivi”.
Contrastare questa perdita, conclude il dott. Francescani, significa mantenere attivi i meccanismi di riparazione e adattamento, attraverso stili di vita sani, allenamento mentale, nutrizione corretta e cura della salute globale.


