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Paolo Mancini, “l’uomo col megafono” delle Rsu Candy, ricorda l’orgoglio operaio e Peppino Fumagalli

5 luglio 2025 | 10:48
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Paolo Mancini, “l’uomo col megafono” delle Rsu Candy, ricorda l’orgoglio operaio e Peppino Fumagalli
Paolo Mancini

Chiusa la produzione di lavatrici a Brugherio, il racconto dell’ex delegato Fiom Cgil che vuole scrivere un libro su 20 anni in fabbrica: “un luogo dove si costruiscono vite”.

Aspre lotte sindacali, notti di lavoro e chiacchierate a cuore aperto con il patron Peppino Fumagalli: l’ex coordinatore delle Rsu di Candy Paolo Mancini ricorda i suoi 20 anni in azienda a Brugherio e guarda con malinconia alla chiusura della produzione di lavatrici, sancita lo scorso 30 giugno : “un colpo al cuore”. Ripercorre un cammino che chiama “storia di lavoro, responsabilità e dignità” mentre fruga tra vecchie foto che lo ritraggono spesso con il megafono in mano alla guida di centinaia di operai. Ha fatto in tempo, Paolo Mancini, a vivere anche un periodo buono in Candy, dove è approdato nel 1997, ma in effetti non sono trascorsi troppi anni prima di iniziare a dover affrontare rivendicazioni e ondate di crisi. “In quegli anni abbiamo vissuto tutto: crescita, fusioni, acquisizioni, crisi, tagli – racconta l’ex dipendente di Candy, monzese, classe 1975 – E poi blocchi delle rotonde, scioperi, manifestazioni: tutto quello che si faceva, lo si faceva per i lavoratori e le loro famiglie”.

paolo mancini candy

Il patron di Candy e la Regina Elisabetta a Monza

Negli anni ’90 la Candy era passata alla terza generazione della famiglia Fumagalli. Con l’acquisizione del marchio Hoover, il gruppo si espandeva in Europa, Russia, Cina, Turchia. “Peppino mi raccontò anche con orgoglio di un incontro con la Regina Elisabetta a Monza – ricorda Mancini – un momento per lui speciale, di grande valore umano, oltre che personale. Ma mentre l’azienda cresceva nel mondo, in Italia cominciavano le chiusure. Abbiamo visto spegnere, uno dopo l’altro, gli stabilimenti storici. Con loro, si spegneva anche una parte della nostra identità collettiva”.

Un’identità collettiva sulla quale Paolo Mancini insieme a molti colleghi si è speso con passione. “Nel 1997, quando arrivarono i primi lavoratori somministrati – ricorda ancora –  facemmo sciopero. Non volevamo precarietà. L’azienda li mandò via e li riassunse direttamente. Nel 2001, in piazza San Paolo, Peppino mi disse: ‘È stata una scelta giusta. I lavoratori meritano un futuro certo’. E aveva ragione”.

paolo mancini candy

Il sindacalista e l’imprenditore

Un rapporto, quello tra Peppino Fumagalli e il delegato Fiom Cgil, che si articolava alla maniera di un tempo, quando il confronto tra azienda e sindacalisti era duro sul campo ma non privo, in alcune fasi, di uno scambio più personale e informale. Tanto più in un’impresa come Candy che, sì, è stata un colosso multinazionale, ma sempre con un’anima di stampo familiare, locale, radicata al territorio. Con quel legame con la Brianza sul quale hanno “pianto” in molti quando il marchio è passato alla Haier cinese nel 2018. La chiusura di un’epoca. Sia per la storia di Candy che per quella di Paolo Mancini.

Paolo Mancini, uomo di fabbrica

“Mi ricordo quando il direttore di stabilimento, Mauro, mi chiamava alle quattro del mattino per un problema tecnico. Io mi alzavo, mi vestivo e andavo in azienda.
Per me era normale: era il mio ruolo, la mia responsabilità. Ascoltare, risolvere, fare in modo che alle sei i lavoratori trovassero tutto a posto. Questo era il mio modo di rispettare il lavoro degli altri. Oggi resta il vuoto di una produzione che ha fatto la storia, ma anche la speranza. Spero ancora in una rinascita, magari nella logistica, nell’assistenza, in qualcosa che salvi il legame con questa terra”. Un pensiero va anche alle istituzioni. La menzione è per l’ex sindaco Marco Troiano di Brugherio, che “è sempre stato presente, anche nei momenti difficili, anche a Roma”.

Paolo Mancini Forti e Liberi

L’amarcord di Mancini sulla Candy di Brugherio è struggente, ma privo di retorica, d’altra parte è stato 20 anni uomo di fabbrica, pragmatico e sempre alle prese con decisioni da assumere e schiere di operai da coordinare. Oggi che non lavora più in Candy ma in Cgil, si spende nello sport anche come presidente dell’atletica della Forti e Liberi di Monza. Ma un pezzo di cuore è in azienda, in quella degli anni ’90 e del 2000, “potrei scrivere un libro, su questa storia fatta di lotta, dignità, orgoglio operaio – dice – e forse un giorno lo farò. Perché la fabbrica non è solo un posto dove si producono oggetti: è un luogo dove si costruiscono vite“.