Disastro Icmesa, alla vigilia del 50° che “sarà l’anno della svolta”
L’intervista al sindaco Alessia Borroni
Seveso. Sono passati 49 anni da quel 10 luglio 1976, una data impressa nella memoria di molti: di chi c’era ma anche di chi ha conosciuto il disastro della diossina con i racconti di genitori e nonni. (qui alcune testimonianze raccolte) Quasi mezzo secolo dal grave incidente nell’azienda chimicaICMESA– Industrie Chimiche Meda Società Azionaria – situata al confine tra Seveso e Meda, che causò la fuoriuscita di una nube tossica di diossina. Il più grave disastro ambientale mai avvenuto in Italia.
“Il prossimo sarà l’anno di svolta del percorso di rinascita per Seveso – ha commentato il sindaco Alessia Borroni a noi di MBNews– stiamo già pensando a tantissimi eventi per ricordare come si deve questa data che comunque ricorda quanto Seveso e i suoi abitanti siano stati resilienti. Hanno avuto la forza per rinascere dalle proprie ceneri”.
Disastro ICMESA: cos’è successo quel 10 luglio 1976
Il 10 luglio 1976, giorno festivo, alle ore 12.37 il sistema di controllo di un reattore chimico andò in avaria e la temperatura salì oltre i limiti previsti. L’alta temperatura provocò una reazione che portò a sua volta alla formazione di TCDD, uno dei tipi di diossina più tossici e pericolosi e che da quel momento in Italia è conosciuta come “diossina di Seveso”. La TCDD fuoriuscì nell’aria e si disperse trasportata dal vento. La nube tossica colpì i comuni di Meda, Seveso, Cesano Maderno e Desio. Il fatto, che si sarebbe poi rivelato gravissimo per i residenti dei comuni investiti, non venne rivelato immediatamente né ai cittadini, né ai sindaci dei comuni coinvolti. Secondo le ricostruzioni, il primo a saperlo fu il sindaco di Seveso di allora, Francesco Rocca, che ricevette la visita di due tecnici dell’ICMESA due giorni dopo. Il 17 luglio l’incidente divenne notizia: lo raccontò la stampa locale e nazionale. L’ICMESA venne chiusa il 18 luglio. I primi giorni dopo l’incidente vennero presi cauti provvedimenti: vennero affissi dei manifesti per avvisare i cittadini di Meda e Seveso di non toccare ortaggi, terra, erba, animali e «di mantenere la più scrupolosa igiene delle mani e dei vestiti». Solamente quattordici giorni dopo la fuoriuscita della nube tossica, cominciarono le evacuazioni e furono stabiliti divieti più severi per i cittadini: analisi fatte dalla casa madre dimostrarono la presenza notevole di TCDD nella zona maggiormente colpita dalla nube tossica. I casi d’intossicazione aumentarono, i più colpiti furono i bambini. Si diede quindi nome a una malattia finora quasi sconosciuta che si manifestava sul volto e sulla pelle: la Cloracne. Le cronache di allora raccontano che complessivamente furono allontanate dall’area circa 700 persone (soprattutto di Seveso) per un totale di 200 famiglie e la zona evacuata e recintata interessò una superficie di oltre 100 ettari, con uno sviluppo perimetrale di 6 chilometri. Il primo bilancio relativo agli animali morti, abbattuti o usati per esperimenti ammontò a 2.953. Col tempo si scoprì che furono molti di più.

La nascita della normativa Seveso
Il disastro Icmesa ebbe un impatto tale da superare i confini nazionali. Proprio da quell’evento nacque la normativa Seveso, un insieme di direttive europee volte a prevenire incidenti rilevanti nelle industrie a rischio chimico. La prima direttiva, chiamata appunto “Seveso I”, fu emanata nel 1982 e imponeva agli stabilimenti industriali l’obbligo di valutare i rischi, predisporre piani di emergenza e informare le autorità competenti. Nel tempo, la normativa si è evoluta con le direttive Seveso II (1996) e Seveso III (2012), oggi in vigore, che hanno rafforzato gli obblighi per le aziende e garantito una maggiore trasparenza verso i cittadini. Ancora oggi, la normativa Seveso rappresenta uno dei pilastri della sicurezza ambientale e industriale in Europa, e porta nel nome il ricordo di ciò che accadde a Seveso il 10 luglio 1976.
“Ricordare senza fare terrorismo”, le parole del sindaco di Seveso
Negli ultimi anni, il disastro ambientale dell’ICMESA è stato più volte legato all’autostrada Pedemontana, dividendo non poco l’opinione pubblica. A sollevare dubbi e preoccupazioni è soprattutto la questione legata alla bonifica di alcune zone critiche di Seveso. Un argomento caldo soprattutto in visto dell’imminente 49esimo anniversario.
“Mi dispiace che ci siano sempre attacchi o polemiche – sottolinea Borroni– – trovo sbagliato andare a ricordare questa data solo e sempre in senso negativo, facendo ‘terrorismo’. Il 10 luglio 1976 rappresenta un dramma, una caduta, è vero, ma deve essere ricordata anche come la data di inizio di un percorso di rinascita. In un certo senso dovremmo dire anche grazie a Pedemontana e a Regione Lombardia, senza le quali non avremmo mai potuto andare a bonificare quei terreni. Che piaccia o non piaccia la Pedemontana ci sarà e questi interventi vanno a favore di tutta la popolazione. Posso garantire – aggiunge – che i lavori di bonifica sono effettuati nella massima sicurezza, sia per gli operai che lavorano, sia per l’ambiente che per i sevesini”.
Alessia Borroni, sindaco di Seveso
49° anniversario del disastro ICMESA: “il prossimo, l’anno di svolta”
Quest’anno, in ricordo di quel 10 luglio di 49 anni fa, è stato organizzato un concerto all’alba proprio al Bosco delle Querce. Il concerto si svolgerà all’ombra del Grande Pioppo, unico albero sopravvissuto alla bonifica del 1984, testimone silenzioso della forza della vita, accanto al Campo delle Farfalle, simbolo di trasformazione e rinascita. Questa cornice dialogherà idealmente con il Cantico delle Creature, trasformando il 10 luglio in una data dedicata alla bellezza del creato e al valore della memoria collettiva. (qui il programma). Anche l’agenda 2026 sta già prendendo forma. L’anno prossimo, infatti, si celebrerà il 50esimo anniversario del disastro ICMESA e il sindaco Borroni ci ha anticipato che “verranno organizzati diversi eventi, sarà l’anno di svolta in questo percorso di rinascita. Il Bosco delle Querce è meta di visite non solo da parte dei sevesini, ma anche da cittadini che arrivano da fuori comune o addirittura dall’estero – conclude – come amministrazione puntiamo alla sua massima valorizzazione e abbiamo come obiettivo il marchio europeo”, un riconoscimento che sottolinea il valore europeo del Bosco come esempio di recupero ambientale dopo una tragedia industriale.
Il Bosco delle Querce e il valore europeo della memoria
Nato tra il 1983 e il 1986 sull’area più colpita dalla nube tossica, il Bosco delle Querce rappresenta uno dei più rari esempi in Europa di rinaturazione su suolo contaminato. Oggi è un parco di oltre 43 ettari, situato tra Seveso e Meda, che sorge proprio sulle vasche di contenimento dei terreni bonificati. In questi anni è diventato un luogo di memoria, di educazione ambientale e di rinascita collettiva. Proprio per il suo valore simbolico, culturale e ambientale, il Bosco delle Querce è stato selezionato tra gli 11 siti italiani candidati al Marchio del Patrimonio Europeo 2025. Un riconoscimento prestigioso, promosso dalla Commissione Europea, che intende valorizzare i luoghi capaci di testimoniare in modo esemplare la storia e i valori condivisi dell’Unione. Se il riconoscimento venisse ottenuto, il Bosco diventerebbe il primo sito ambientale in Italia ad entrare in questa rete europea. Una candidatura che guarda già al 2026, anno del 50° anniversario, con l’obiettivo di rafforzare il legame tra passato e futuro, memoria e speranza.


