L’8 e il 9 giugno al voto per i Referendum, la Cgil: “Cinque Sì contro precarietà e ingiustizie”
I quesiti riguardano il lavoro e la cittadinanza. In quest’intervista Walter Palvarini, Segretario generale della Camera del Lavoro di Monza e Brianza, spiega la necessità di abrogare norme che ledono i diritti di tante persone.
Monza. Mancano ormai pochissimi giorni ai Referendum. Domenica 8 e lunedì 9 giugno si andrà alle urne per votare su cinque quesiti. Quattro riguardano il lavoro e uno la riduzione da 10 a 5 anni dei tempi per ottenere la cittadinanza italiana da parte di chi vive, lavora, studia e contribuisce regolarmente nel nostro Paese. Le cittadine e i cittadini saranno chiamati ad esprimere il proprio parere sull’abrogare soprattutto norme che minano la dignità, la sicurezza e la stabilità del lavoro, contrastando concretamente la precarietà.
Nei giorni scorsi noi di MBNews, con una serie di interviste a segretari e funzionari della Cgil Monza e Brianza, sindacato che ha raccolto 5 milioni di firme in tutta Italia per promuovere i quesiti del Referendum, abbiamo approfondito i diversi temi oggetto del voto dell’8 e 9 giugno. Prima del silenzio elettorale, le ultime domande le abbiamo riservate a Walter Palvarini, Segretario generale della Cgil Monza e Brianza.

L’INTERVISTA
Segretario Palvarini, i temi del lavoro e della cittadinanza sono al centro dei Referendum dell’8 e 9 giugno e hanno una notevole importanza dal punto di vista sociale ed economico, ma anche più generalmente umano. Quali gli obiettivi di fondo dei cinque quesiti?
Vogliamo provare a non lasciare da sole le persone quando subiscono un’ingiustizia. Non si tratta solo di stare loro accanto in quel momento, ma occuparsene prima. Servono delle regole, degli strumenti che permettano alle persone di difendersi, di affermare la propria dignità. Quelle regole danno forma concretamente ai diritti.
Discutendo dei cinque quesiti referendari non stiamo parlando solo del presente, ma di come prepariamo il futuro di questo Paese. Hanno tentato di convincerci che lo sviluppo economico è ostacolato dai diritti. Sono decenni che ci spiegano che i giovani entrano a fatica nel mondo del lavoro a causa dei troppi diritti dei loro padri o della poca flessibilità, persino della poca voglia di lavorare o di fare sacrifici. Le giornate di molte donne e di molti uomini sono fatte di precarietà, sfruttamento e ingiustizie. Per non lasciare sole queste persone, nel presente e nel futuro, possiamo andare a votare Sì su ognuna delle cinque schede dei referendum.
I TEMI
I primi quattro quesiti riguardano diverse tematiche legate al lavoro, dal licenziamento illegittimo ai contratti a termine fino alla responsabilità delle imprese appaltanti. Quali gli aspetti più rilevanti?
Abbiamo promosso questi referendum perché negli appalti i lavoratori che subiscono un infortunio grave spesso rischiano di rimanere con il cerino in mano. Nella catena di appalti e subappalti molto spesso le loro aziende non sono in grado di pagare e la committente, l’azienda che ordina i lavori, per legge non può essere chiamata a rispondere. La continua, frenetica ricerca del risparmio porta molto spesso le aziende committenti ad affidare lavori e servizi ad altre aziende per niente affidabili che risparmiano, a loro volta, sulle retribuzioni contrattuali e sui costi della sicurezza. Risultato: oggi il lavoratore infortunato rischia di non potersi rivalere con nessuno.

Abbiamo promosso questi referendum perché molte donne e molti uomini che vengono assunti con contratti a termine si vedono continuamente sostituiti da altri, sempre con contratti a termine, per posizioni che invece non sono temporanee, ma stabili e ordinarie. Oggi i loro datori di lavoro non devono dare alcuna giustificazione. Ovviamente non ci sono solo i contratti a termine che alimentano una vastissima precarietà nella condizione di vita e di lavoro di tante donne e tanti giovani. Per questo i quesiti referendari dell’8 e 9 giugno hanno un significato anche più generale sul lavoro precario, sugli infortuni, sui diritti dei lavoratori.
Abbiamo promosso questi referendum perché oggi due lavoratori licenziati ingiustamente dallo stesso luogo di lavoro e per lo stesso motivo sono trattati in modo diverso a seconda che siano assunti prima o dopo il 7 marzo 2015. Poi c’è il tema di quanto accade nelle piccole aziende. Se hai ragione e vieni licenziato ingiustamente, oggi il datore di lavoro sa che il suo illecito verrà pagato con massimo sei mensilità. Se riusciamo a cancellare questo tetto il giudice che decide sul comportamento illecito del datore di lavoro deciderà il risarcimento del danno secondo le norme civilistiche.
IL QUINTO QUESITO
Al Referendum si andrà a votare anche per una tematica che genera troppo spesso polemiche pretestuose. Quanto sono importanti per la Cgil i diritti degli stranieri che vivono in Italia?
Abbiamo deciso di votare Sì anche al quesito sulla cittadinanza, promosso da altri, perché ci sono centinaia di migliaia di splendide persone che hanno studiato con i nostri figli, che lavorano con noi nelle aziende, che sono italiani senza i diritti dovuti alla cittadinanza. Oltre alla residenza legale, oggetto del referendum, hanno già ottemperato agli altri criteri per aver riconosciuta la cittadinanza italiana.
Hanno fatto l’esame di italiano secondo le norme certificate europee, hanno un reddito stabile per sostenere la famiglia, non hanno pendenze penali. Pagano le tasse, contribuiscono a pagare le pensioni, parlano in italiano, pensano e sognano in italiano, ma devono attendere tredici anni per vedere riconosciuto un diritto.

LA POLITICA
Segretario Palvarini, quali i punti principalmente critici della direzione che il Governo Meloni ha intrapreso sui temi del Referendum nei suoi ormai quasi tre anni di gestione?
Con i referendum vogliamo cancellare leggi o parti di leggi che riteniamo sbagliate e che hanno fatto arretrare la tutela di chi lavora. Queste leggi sono state approvate negli anni da maggioranze parlamentari di centro destra e di centrosinistra.
Il Governo in carica ha, di nuovo, liberalizzato l’utilizzo dei contratti a tempo determinato sotto ai 12 mesi, togliendo le cosiddette causali, la giustificazione che il datore di lavoro dovrebbe dare per avere scelto un contratto diverso da quello a tempo indeterminato, in coerenza con la legge e i contratti nazionali di lavoro. Lo aveva fatto in precedenza il governo Renzi nel 2015. Evidentemente quando Meloni, in Parlamento, dice che non farà nulla di quanto fatto da Renzi non si riferisce alla riduzione delle tutele dei giovani e delle donne, destinatari della gran parte dei contratti a termine.
I PROVVEDIMENTI
In particolare sui delicati argomenti della sicurezza sul lavoro e dei licenziamenti illegittimi come giudica l’azione dall’attuale Governo?
La maggioranza che sostiene il Governo attuale ha più volte manifestato la propria contrarietà ai quesiti. Quindi vuol dire che sono d’accordo con i provvedimenti fatti in passato e che noi, invece, vogliamo cancellare. Riguardo alla sicurezza sul lavoro, la legge 81 del 2008 prevedeva la responsabilità in solido del committente, in caso di infortunio del lavoratore dipendente dall’azienda in appalto, anche per i danni derivanti dalle attività specifiche. È il cosiddetto danno differenziale. Una responsabilità cancellata dal quarto governo Berlusconi nel 2009.

Il governo Renzi del 2015 intervenne, con diversi decreti legislativi che presero complessivamente il nome di Jobs act, sui contratti a termine e sulla disciplina dei licenziamenti, escludendo la possibilità di reintegro in caso di licenziamento illegittimo per gli assunti dopo il 7 marzo 2015. La legge 604 del 1966 che tratta di licenziamenti nelle aziende con meno di quindici dipendenti e le modifiche seguenti avevano come riferimento il tessuto produttivo di allora. Un contesto completamente diverso da oggi.
Ci sono anche altri provvedimenti del Governo attuale che penalizzano lavoratrici e lavoratori e che non sono oggetto di referendum. Sarebbe importante un confronto rigoroso e serio con le organizzazioni sindacali sui salari, sulle pensioni, sulla precarietà, sulla sicurezza sul lavoro. Purtroppo vediamo molta propaganda, ma poco interesse al confronto da parte del governo.
L’IMPEGNO
La Cgil ha dedicato quasi due mesi alla campagna referendaria. Come è stata organizzata a Monza e in Brianza, dove sui cinque quesiti si erano raccolte complessivamente oltre 70mila firme?
La raccolta firme dello scorso anno era stata organizzata in gran parte a livello provinciale. Per la campagna referendaria abbiamo cambiato completamente registro. La parola d’ordine è diventata decentrare, spostare l’organizzazione a livello locale. E ci siamo riusciti. Abbiamo dato vita ad una trentina di gruppi locali, a volte intercomunali. Un gruppo ha raccolto giovani volontari under 30.
Una organizzazione che ha prodotto più di 500 volantinaggi in un mese e qualche decina di iniziative promosse da associazioni locali, liste civiche. Abbiamo incontrato persone che volevano ascoltare, confrontarsi e capire meglio il significato di questo voto referendario. Poi ci sono state centinaia di assemblee sui posti di lavoro, volantinaggi davanti alle fabbriche. Un impegno enorme per il quale dobbiamo ringraziare centinaia di volontari che hanno lavorato con grande passione e consapevolezza.

C’è qualche aneddoto particolare di cui lei è stato testimone diretto in questa lunga campagna referendaria?
Tantissimi. Le persone si fermano a raccontarci le loro esperienze di lavoro, quelle dei loro figli. Molte volte sono storie di precarietà e di preoccupazione verso il futuro. Tanti ringraziano per l’impegno. Mi viene in mente un episodio. Distribuivamo volantini alla stazione di Monza. Studenti e lavoratori scendono dai bus e vanno veloci ai treni. Mi sento toccare la spalla, mi giro e vedo un ragazzo molto giovane che si scusa per non aver preso il volantino. Dice che era convinto di essere molto in ritardo. È tornato indietro apposta per prendere il volantino e ci ha ringraziato per quello che stavamo facendo.
Poi c’è Daniele, un ottantacinquenne spesso in giro per Monza che incrociamo inevitabilmente nelle tante iniziative. Ci saluta sempre, divertito dalla passione del nostro impegno. C’è la signora che mi ha confidato di non avere molta voglia di votare. La nipote le ha ricordato le sue stesse parole dopo aver visto il film della Cortellesi e ha dovuto cambiare idea.
I CONTRIBUTI
Il 17 maggio anche il Segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, è stato in Brianza per sostenere il voto ai Referendum. Come è stato accolto nel nostro territorio?
Con Maurizio Landini abbiamo girato insieme i mercati di Seregno e di Brugherio. Un signore era in coda presso una bancarella e ha espresso un giudizio un po’ sommario e non esattamente positivo sul sindacato. Con Landini ci siamo avvicinati per capire da cosa dipendesse l’esasperazione del signore. Dopo qualche spiegazione è seguito un breve confronto assolutamente civile e positivo.

Quel 17 maggio abbiamo incontrato anche una persona che ha chiesto a Landini se doveva votare per lui. Landini è rimasto molto sorpreso e ovviamente ha spiegato che non dovrà votare per qualcuno, non per Landini, non per la Cgil, ma dovrà votare per sé stesso, per rafforzare la condizione di chi lavora, di chi ha lavorato e di chi lavorerà. Dovrà votare per cambiare leggi sbagliate, non per qualcuno.
Mi viene in mente anche un pensionato ex artigiano che ci raccontava con emozione di quando è arrivato a Monza dalla Puglia con i genitori e avevano difficoltà a trovare qualcuno che affittasse loro una casa. Abbiamo toccato con mano una diffusa indignazione per le affermazioni del Presidente del Senato della Repubblica. L’invito a non votare da parte della seconda carica dello Stato è parso davvero incompatibile con una corretta interpretazione del suo ruolo istituzionale.
LE PROSPETTIVE
Per quelle che sono le impressioni tratte sul territorio dall’impegno della Cgil in questa campagna, quali sono i quesiti che hanno attirato il maggior interesse della gente?
Ci sarà un risultato sorprendente, ne sono convinto. Tutti i nostri volontari ci confermano un “clima” diverso dai primi volantinaggi fatti a metà aprile. C’è un numero crescente di persone che vuole farci sapere la propria decisione di votare e scegliere 5SI. Sono sorridenti, persino orgogliosi di farlo. Non andranno ai seggi con il mal di pancia, ma con una grande voglia di esprimersi che non vedevamo da tempo. Vogliono scegliere. Voglio dire la loro. Poi, certamente, ci sono quelli che hanno da dire qualche loro contrarietà. Quasi sempre riusciamo a dialogare, ascoltiamo e diciamo la nostra.

Vi sono molte posizioni pregiudiziali, frutto di una scarsa conoscenza dei temi affrontati veramente dai quesiti e persino sulle lotte che abbiamo fatto negli anni scorsi. Molte persone, dopo aver discusso, ci salutano cordialmente. In un caso e nell’altro dopo i volantinaggi non ci sono volantini per terra, le persone li tengono per leggerli con calma.
Quindi non manca certo l’interesse per i temi oggetto dei referendum. Possiamo già dire che è stata un’occasione coinvolgente e preziosa. Il rapporto, il dialogo, con decine di migliaia di persone, non solo sui posti di lavoro, ha arricchito di esperienza ognuno di noi e tutte le organizzazioni sociali e politiche che hanno partecipato a questo lavoro.
Realisticamente, segretario Palvarini, quali sono le sue aspettative per il risultato dei singoli quesiti?
Realisticamente possiamo raggiungere il Quorum. Questo voto è difficilmente prevedibile. Metà degli aventi diritto non vota alle elezioni, ma perché non dovrebbero andare a votare per un istituto come i referendum? È un’occasione per cambiare la condizione di milioni di persone e molte e molti lo hanno capito.
Non si chiede ad altri di cambiare al posto nostro. Quelle matite copiative nel seggio elettorale possono davvero segnare una differenza, possono cancellare all’istante leggi sbagliate che hanno ridotto diritti e tutele dei lavoratori, ne hanno aumentato la precarietà. Possiamo farcela e dedicheremo queste prossime ore, con passione e impegno, a convincere gli indecisi.