Antonio Cortese, la bici come missione: “Io rispetto il ciclista” non è solo uno slogan, è un impegno quotidiano

Antonio Cortese pedala per cambiare la cultura delle strade: dalla Brianza alle grandi salite, la sua missione sono la sicurezza dei ciclisti e la sensibilizzazione sul tema del rispetto in strada.
C’è chi pedala per sport, chi lo fa per passione, e poi c’è chi trasforma ogni pedalata in un atto di responsabilità civica. Antonio Cortese, ex ciclista e ora cicloamatore di Barlassina, appartiene a quest’ultima categoria. Noto per il suo impegno instancabile nella promozione della sicurezza stradale, è diventato un volto familiare per chiunque segua da vicino le iniziative dedicate al rispetto dei ciclisti in Italia.
Da tre anni è testimonial dell’associazione “Io Rispetto il Ciclista“ – fondata nel 2017 da Marco Cavorso, Paola Gianotti e il campione Maurizio Fondriest – e collabora attivamente con l’ACCPI, l’Associazione dei Ciclisti Professionisti Italiani. Ma, come racconta lui stesso, questo impegno era già iniziato in forma individuale: “Già da qualche anno portavo avanti questo progetto nel mio piccolo e tre anni fa abbiamo unito le forze perché ho notato che proprio nel nostro territorio questa sensibilità verso i ciclisti era molto bassa.”
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Antonio Cortese: quando la tutela della bici diventa una missione
Da lì, il salto di qualità: Cortese ha preso contatti con le amministrazioni locali, ha aperto un dialogo concreto e ha creato due vere e proprie “comfort zone” per chi pedala: una che abbraccia la Brianza, da Monza lungo la Statale dei Giovi fino a Varese e Como, e un’altra che da Erba porta verso il Ghisallo. Un lavoro che ha dato i suoi frutti non tanto (o non solo) grazie ai cartelli stradali, quanto soprattutto grazie agli incontri pubblici, al passaparola, alla risonanza mediatica:
“I miglioramenti ci sono stati, la sensibilità è cresciuta. A dicembre siamo arrivati a far diventare legge il metro di distanza minimo tra auto e ciclisti. È stato un traguardo importante.”
La sua è una vera e propria missione: sensibilizzare automobilisti, enti locali e cittadini sull’importanza di tutelare chi sceglie la bicicletta come mezzo di trasporto, di sport o di vita. E lo fa con i fatti, non solo con le parole. In questi anni ha promosso e sostenuto l’installazione di centinaia di cartelli stradali “salva-ciclisti” in tutta la Lombardia – da Sormano a Magreglio, da Erba a Cantù – per ricordare a chi è al volante l’obbligo di mantenere la distanza di sicurezza quando si sorpassa un ciclista. Un gesto semplice, ma che può salvare vite.
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Dopo la pandemia, la diffusione della bicicletta come mezzo green, sostenibile, economico e salutare è aumentata in modo esponenziale. Questo cambiamento deve essere accompagnato da politiche pubbliche strutturali e da progetti concreti, come quello di sensibilizzazione al rispetto del ciclista, fondamentali per garantire maggiore sicurezza e prevenzione – spiega Cortese. – Nel nostro territorio sto cercando, in prima persona, di promuovere questo messaggio, con l’obiettivo di cambiare la cultura stradale e raggiungere il traguardo più importante: una corretta, civile ed equa condivisione della strada
Negli ultimi tre anni, il progetto ha coinvolto oltre 30 comuni e ha portato all’installazione di più di 100 cartelli e da quando esiste l’associazione, sono oltre 1.200 i comuni che hanno aderito.
Criticità e consapevolezza
Non mancano però le criticità. “Un grande problema italiano è la condizione delle piste ciclabili, spesso scarse o mal tenute. Una delle poche bike line ben visibili, ad esempio, è quella lungo la strada principale di Lurago d’Erba. C’è ancora molto da fare.” Eppure, anche piccoli gesti fanno la differenza: “In tanti, durante gli incontri, mi ringraziano. Questo è il miglior modo per ripagare i sacrifici e l’impegno. Le persone si sentono più protette, e stanno maturando maggiore consapevolezza su questi temi.”
Consapevolezza che riguarda entrambe le parti della strada. “Lo dico sempre: ci sono ciclisti indisciplinati tanto quanto automobilisti poco rispettosi. È un punto centrale dei miei incontri, perché la sicurezza è una responsabilità condivisa.”
Nel frattempo, nuovi territori si preparano ad aderire: “Nel giro di un mese anche Lissone sposerà l’iniziativa. Ma il mio sogno più grande è arrivare a Monza e trasformarla in una città davvero a misura di ciclista.”
Antonio Cortese non è soltanto un attivista: è prima di tutto un ciclista vero, con il cuore sulle due ruote. Ha affrontato le grandi salite del Giro d’Italia, quelle mitiche, che profumano di imprese e fatica, come il Mortirolo, il Gavia, lo Stelvio. Ha ottenuto il prestigioso brevetto del Ghisallo, simbolo per eccellenza della cultura ciclistica, e ha percorso in solitaria le grandi classiche monumento come il Giro di Lombardia, la Milano-Torino e il Grande Trittico Lombardo, attraversando i luoghi simbolo della Brianza, l’ultimo Seregno in occasione del passaggio del Giro, portando con sé, sempre, il messaggio della sicurezza.
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Attualmente è anche ambassador del Museo del Ghisallo di Magreglio, vero e proprio tempio della memoria ciclistica italiana, e collabora con negozi specializzati e aziende del settore per testare materiali tecnici e nuove soluzioni dedicate al mondo bike.
Con la sua energia contagiosa, Antonio Cortese dimostra ogni giorno che il ciclismo può essere molto più di uno sport: può diventare uno strumento di educazione, di rispetto e di cambiamento. Un esempio concreto di come la passione, se ben indirizzata, possa trasformarsi in una forza capace di lasciare il segno. Anche perché, come ricorda lui stesso: “In Italia ogni 35 ore muore un ciclista: che stia andando a scuola, a lavoro o semplicemente ad allenarsi e da inizio 2025 sono già 81 i ciclisti morti sulle strade italiane con un allarmante aumento delle vittime rispetto allo stesso periodo dell’ anno scorso.” E questo, da solo, basta per pedalare ogni giorno con un obiettivo preciso: salvare una vita in più.