Anteprima mondiale a Monza: Thomas Enhco incanta con i suoi “paradossi”
In un concerto intimo ed emozionante nel contesto di Monza Visionaria. Poche ore prima del concerto, negli spazi accoglienti del QB Monza, il pianista francese si è raccontato a MBNews in un’intervista esclusiva.
Monza. Ieri sera, nella piccola e raccolta Chiesa di San Maurizio, è accaduto qualcosa di raro. Il pianista e compositore francese Thomas Enhco ha presentato in anteprima internazionale il suo nuovo progetto, Mozart Paradox, anticipando di quasi un mese l’uscita dell’album. Un privilegio per Monza e per il pubblico del festival Monza Visionaria organizzato da Musicamorfosi, che ha risposto con entusiasmo: la Chiesa era gremita, le persone vicinissime, quasi a condividere il respiro, lo sguardo, i pensieri. In un’atmosfera che ha sciolto le barriere tra palco e platea, quella sacralità distante che spesso accompagna i concerti classici ha lasciato spazio a qualcosa di vivo, fluido, intimo. Come in un jazz club.
Lui, Thomas, è la musica: la porta nel sangue da nove generazioni. Un ragazzo di 36 anni abituato alle grandi sale da concerto, ai palchi internazionali, ma che ieri ha scelto Monza per qualcosa di nuovo e irripetibile: un Wolfgang Amadeus Mozart come non lo avevamo mai sentito, dove le melodie senza tempo incontrano un ritmo nuovo, che ribalta loro e chi le ascolta – in positivo.
“Lo abbiamo qui oggi, abbiamo l’opportunità di sentirlo, e chissà se ne avremo ancora in questa città”, ha detto sorridendo Saul Beretta, anima di Musicamorfosi. Ed è vero: Thomas Enhco è una star senza pretendere di esserlo, porta in Brianza un’energia speciale, di quelle che non si replicano.
Poche ore prima del concerto, negli spazi accoglienti del QB Monza — che insieme a En3 e Slice Trancio Divinoi è food partner del festival— Thomas si è raccontato a MBNews in un’intervista esclusiva. Ironico, diretto, profondo, meticoloso eppure curioso. Abbiamo parlato di Mozart e Bach, di improvvisazione e libertà, ma anche di dolci coincidenze: come quella del progetto Bach Mirror, che porta un nome simile (e del tutto casuale) alla celebre serie Black Mirror che lui, con divertimento, confessa di non conoscere. È stato come vedere un artista togliersi la maschera: dietro al talento, un uomo curioso, appassionato, che mescola classica e jazz senza confini né dogmi. Sarà ancora a Monza tra poche ore proprio con la sua performance dedicata al Maestro tedesco (già sold out): in duo in prima italiana con la musicista bulgara Vassilena Serafimova, virtuosa della marimba – stasera, giovedì 8 maggio – nel Salone da Ballo della Villa Reale (ore 21, ingresso 10 euro).
Uno scatto al QB durante la nostra intervista
Monza Visionaria: la nostra intervista a Thomas Enhco
“Mozart Paradox”: già il titolo è un programma. Cosa significa per lei confrontarsi con un compositore ‘eterno’ come Mozart, improvvisando su temi così perfetti e ‘chiusi’ in sé? Dove trova lo spazio per dire qualcosa di nuovo?
Per me Mozart è sempre stato la melodia perfetta, la canzone perfetta. Crescendo in una famiglia di musicisti e quindi profondamente “musicale”, l’ho ascoltato e suonato fin da piccolo. Ma ho iniziato a improvvisare su di lui solo tre anni fa, a seguito di un mio coinvolgimento in uno spettacolo teatrale dove interpretavo – e suonavo – proprio Mozart. Qualcosa di assurdo e nuovissimo per me, all’inizio avevo anche rifiutato ma poi si è dimostrata essere una esperienza meravigliosa e illuminante. Lì ho scoperto che i suoi temi, pur essendo compiuti, contengono tanti paradossi, contrasti, emozioni, e quindi grandi possibilità espressive. Improvvisare su Mozart non è dissacrarlo, è restituirgli quella vitalità e libertà che aveva da vivo.
Da un lato la libertà del jazz, dall’altro la disciplina della musica classica. In che modo convivono dentro di lei questi due linguaggi?
Per me non sono mondi opposti, ma profondamente interconnessi. Il jazz mi ha insegnato la libertà, la creazione istantanea, mentre la classica mi ha formato nella struttura, nell’ascolto, nella profondità. Quando improvviso su un brano classico, lo studio prima a fondo: la linea di basso, l’armonia, la forma. Penso che solo conoscendolo davvero posso permettermi di trasformarlo, come si fa con gli standard jazz. Ci tengo a questo: studiare a fondo, capire davvero il pezzo, rispettarlo è la prima cosa per una seria improvvisazione, una di quelle che non ridicolizza il pezzo ma lo fa percepire in un modo nuovo. Devi fare così, se no è sempre meglio l’originale, non ha niente da dire in più.
Lei ha suonato nei templi della musica, in tutto il mondo. C’è un legame particolare con l’Italia — o magari con Monza?
Non ho un legame familiare diretto con l’Italia, ma la sento vicina da sempre: per l’arte, il cinema, la letteratura, l’opera. Mia madre cantava Puccini, e da violinista (il suo primo strumento, ci confessa, ndr) ho sempre sentito una connessione forte con la voce. Ho suonato in Italia, anche se non abbastanza, e vorrei tornarci più spesso. Monza sarà un’occasione speciale, anche perché l’Italia ha un pubblico curioso e appassionato. È la prima volta in questa città: mi piace, ho camminato per le vie del centro prima della tempesta.
Com’è nato “Bach Mirror” e cosa vi affascina di più, nel suonare insieme la musica di Bach con strumenti così diversi?
“Bach Mirror” è nato durante il lockdown con Vassilena Serafimova, mia partner musicale da tanti anni. Suoniamo pianoforte e marimba: strumenti diversi, ma complementari. Bach è perfetto per essere trasformato: trascrizioni, arrangiamenti, nuove composizioni, improvvisazioni. Quando penso ad una immagine per descrivere il progetto penso ad uno specchio come quelli che trovi in un luna park, dove riconosci il volto, il corpo, ma è deformato. La sua musica regge qualsiasi metamorfosi, e questo è meraviglioso.
Cosa la guida nella scelta dei suoi progetti? È più la curiosità, la sfida o l’urgenza di raccontare qualcosa?
Tutte e tre, ma direi che alla base c’è sempre una forte urgenza creativa. Se non sento qualcosa di personale da dire, non inizio nemmeno. Mi muove la voglia di esplorare, di trovare un ponte tra mondi diversi, e di portare alla luce qualcosa che magari ancora non esiste. E amo i progetti che mettono in discussione le regole, che mescolano generi, stili, epoche — come in fondo faceva anche Mozart.