Sicurezza sul lavoro, Cgil: “Al Referendum votiamo per la responsabilità delle imprese appaltanti”
Il quarto quesito punta a ridurre la precarietà e la ricattabilità dei lavoratori e delle lavoratrici in un contesto che vede un numero alto di morti ed infortuni. Per saperne di più abbiamo intervistato Federica Cattaneo, Segretaria della Cgil di Monza e Brianza.
Monza. È una piaga che da anni ci ricorda quanto sia ancora lungo il cammino da fare per dare dignità e sicurezza a tutti i lavoratori e a tutte le lavoratrici. Nel 2024, infatti, in Italia sono morte 1.090 persone sul lavoro e la Lombardia con 131 vittime è prima tra le Regioni in questa triste classifica. A questo dato allarmante si aggiunge quello delle quasi 590mila denunce di infortunio.
Numeri in crescita rispetto al 2023, dietro ai quali ci sono uomini, donne e famiglie che avrebbero voluto solo lavorare per vivere e si sono ritrovati a morire lavorando. Tragedie quasi sempre silenziose, che spesso in diversi settori lavorativi hanno origine soprattutto in un ampio sistema di appalti e subappalti in cui gli scarsi controlli e le norme in vigore favoriscono l’insicurezza, la precarietà e la ricattabilità dei lavoratori e delle lavoratrici.
L’INTERVISTA
Per questo l’obiettivo del quarto quesito dei Referendum in programma domenica 8 e lunedì 9 giugno è anche quello di estendere la responsabilità all’impresa appaltante in caso di infortunio negli appalti e di eliminare, quindi, la norma che prevede la responsabilità solidale del committente solo se l’azienda appaltatrice non paga gli stipendi o i contributi.

A Federica Cattaneo, Segretaria della Cgil di Monza e Brianza con incarichi specifici proprio sulla salute e la sicurezza sul lavoro, dopo le interviste a Matteo Moretti, Segretario organizzativo della Cgil Monza e Brianza sul primo e sul secondo quesito dei Referendum e a Teresa Prada Moroni, impiegata alle vertenze della Cgil Monza e Brianza sul terzo, abbiamo chiesto di spiegarci i motivi per i quali votare sì anche al quarto quesito.
LA SITUAZIONE
Il 2024 ha segnato un aumento sia dei morti che degli infortuni sul lavoro. Quanto questo è legato alla catena di subappalti e alla deregulation che ormai caratterizza il mercato del lavoro?
Nei primi tre mesi di quest’anno nel nostro Paese si sono registrati 205 decessi legati al lavoro, segnando un incremento dell’8,37% rispetto allo stesso periodo del 2024. In Italia lavorano negli appalti circa 5 milioni di persone. La catena di appalti e subappalti incide molto nel determinare questi numeri e aumentano anche le denunce delle malattie professionali. Eppure, nonostante le promesse istituzionali, la legge di Bilancio approvata a fine 2024 ha previsto nei prossimi tre anni una riduzione di 7,9 milioni di euro ai fondi destinati alla sicurezza sul lavoro.
Sul fronte della sicurezza dei lavoratori, che devono fare i conti con un sistema fatto di subappalti, subforniture e somministrazioni in grado di generare bassi salari e peggiori condizioni di lavoro, quale è la situazione a Monza e in Brianza?
A Monza e Brianza c’è una lieve diminuzione degli infortuni denunciati (3539 infortuni nel 2023, 3490 nel 2024 con un meno 1,4%). Possiamo apprezzare, ma certamente non gioire. Sono numeri importanti e non dobbiamo mai dimenticare che dietro a questi numeri ci sono persone in carne e ossa.
Molto preoccupante è il dato dei cosiddetti infortuni Gravi T40. Sono gli infortuni con un’assenza dal lavoro maggiore di 40 giorni o conseguenze più gravi, come postumi permanenti e la morte del lavoratore. Dal 2021 si sono registrati oltre 900 infortuni (in occasione di lavoro e in itinere) all’anno, un dato costante negli anni 2022 e 2023. (966 nel 2021, 988 nel 2022, 981 nel 2023).
A Giussano, nella nostra provincia, il 14 gennaio di quest’anno un operaio di 32 anni è deceduto dopo essere caduto dal tetto di un capannone industriale, segnando la prima vittima sul lavoro in Lombardia per l’anno 2025.

I DETTAGLI
Quali sono i settori produttivi in cui la situazione è più compromessa sul fronte della sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici?
I settori maggiormente coinvolti sono quelli delle costruzioni, delle manutenzioni e dell’impiantistica. Fino al 2022 il primato degli infortuni denunciati lo ricopriva il settore delle costruzioni, superato dal settore della sanità nel 2023.
Mentre per gli appalti pubblici le norme sono più cogenti nell’obbligare gli Enti locali ad un maggior controllo sia nella scelta dell’impresa appaltatrice, sia nel monitoraggio dello svolgimento dei lavori, negli appalti privati è tutto più complicato. In questi contesti lavorativi è più difficile raggiungere i lavoratori per informarli dei loro diritti. E nel nostro territorio gli appalti privati sono molto più numerosi di quelli pubblici.
Quali sono alcune delle caratteristiche specifiche che determinano un’insicurezza così diffusa sui luoghi di lavoro?
Nel sistema degli appalti delle costruzioni, ad esempio, i cantieri sono mobili, cioè si spostano da un territorio all’altro. Spesso sono piccole imprese, con una bassa autonomia finanziaria e poco inclini o preparate per includere nella propria attività il rispetto delle leggi. Si sta consolidando l’idea che l’applicazione della norma sia sostanzialmente un insieme di adempimenti rituali e “burocratici”.
I controlli sono ancora troppo pochi e i lavoratori sono ricattabili. Denunciare il proprio datore di lavoro perché non ha fornito l’adeguata formazione o i dispositivi di protezione individuali è l’ultimo dei loro pensieri, se ciò comporterebbe perdere il posto di lavoro.

COME CAMBIARE
Con il quarto quesito del Referendum cosa si chiede esattamente di abolire?
La maggior parte degli infortuni avviene proprio in lavori effettuati da terzi. Chiediamo di abolire la norma che esclude la responsabilità solidale del committente, che appalta lavori e servizi, per gli infortuni e le malattie professionali denunciate dai lavoratori dipendenti nelle aziende appaltatrici. Oggi la norma prevede la responsabilità solidale del committente solo se l’azienda appaltatrice non paga gli stipendi o i contributi.
Vincere significherebbe ripristinare un sistema di responsabilità, a partire dalla committente che starà più attenta nella scelta a chi appaltare i lavori e non si limiterebbe, come spesso accade ora, a valutare solo gli aspetti economici, includendo il risparmio sulla tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori coinvolti nella catena degli appalti e subappalti.
Quali sarebbero gli altri effetti di un esito positivo sul quarto quesito del Referendum?
Ci sarebbe un volano per sensibilizzare le imprese appaltatrici che, se vorranno lavorare, dovranno includere nelle loro offerte garanzie di qualità, anche in riferimento alla salute e sicurezza dei lavoratori. Crescerebbe complessivamente la cultura della sicurezza, che come dimostrano i dati, anche nel nostro territorio registra un arretramento.
Vincere questo referendum, votando Sì, significherebbe anche ricordare che la nostra Costituzione prevede una responsabilità sociale dell’impresa.

LE PROSPETTIVE
Segretaria Cattaneo, quale è il suo giudizio sulla campagna referendaria condotta dalla Cgil Monza e Brianza?
Siamo convinti che con questo Referendum, assieme agli altri quattro quesiti, stiamo facendo una battaglia di giustizia e civiltà. Le lavoratrici e i lavoratori devono avere il diritto di tornare a casa dal lavoro sani e salvi. Lavorare in sicurezza deve essere un diritto.
Partecipando al voto abbiamo la possibilità di determinare un cambiamento concreto e immediato per tutti i lavoratori e le lavoratrici e per tutte le cittadine e i cittadini, indicando alla politica che vogliamo un mondo del lavoro stabile, dignitoso, sicuro e un modello di società basato sull’uguaglianza e sulla giustizia sociale, sulla cittadinanza inclusiva, a partire dal lavoro. L’astensionismo questa volta non ha proprio ragioni. Per questo invitiamo ad una grande partecipazione e chiediamo a tutti di parlare con amici, parenti e conoscenti perché l’obiettivo è il raggiungimento del Quorum.
Che risultato si aspetta dal Referendum?
Registriamo un aumento di consapevolezza sui temi dei quesiti referendari e un aumento significativo delle persone che ci dicono che andranno a votare l’8 e il 9 giugno e che voteranno 5 Sì. Questo ci spinge a credere che il risultato è alla nostra portata: si può fare, si può vincere!