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DF Sport Specialist, il messaggio di Iñurrategi: “In montagna il cammino è la meta”

10 maggio 2025 | 11:48
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DF Sport Specialist, il messaggio di Iñurrategi: “In montagna il cammino è la meta”
Alberto Iñurrategi nella serata al DF Sport Specialist di Bevera di Sirtori

Il celebre alpinista spagnolo di origini basche ha raccontato il suo modo di vivere le spedizioni d’alta quota e il valore del fallimento come opportunità di crescita.

Erasmo da Rotterdam ha scritto un elogio della follia agli inizi del Cinquecento. Oggi viviamo un’epoca in cui la lotta contro la follia, inteso come discrimine sempre più sottile tra il saper navigare nella complessità del presente e il farsi travolgere da esso, è in qualche modo all’ordine del giorno. Ma forse, senza nulla togliere al teologo e filosofo olandese, oggi è necessario sottolineare di più il valore del fallimento.

Perché la corsa al successo a tutti i costi e l’idea, in una competizione esasperata, che siamo tutti destinati a grandi cose, soprattutto nei giovani sta aumentando il senso di insicurezza e abbassando il livello di autostima. Per questo elogiare il fallimento, come ha fatto Alberto Iñurrategi, celebre alpinista spagnolo di origini basche, in una serata al negozio DF Sport Specialist di Bevera di Sirtori, non è una contraddizione in termini. È un invito a saper imparare dai propri errori ed insuccessi, godendosi il viaggio senza la ricerca spasmodica del risultato.

DF Sport Specialist

IL MESSAGGIO

“Il cammino è la meta, in montagna come nella vita” afferma Iñurrategi, classe 1968, che a 33 anni è diventato l’alpinista più giovane e il quarto al mondo, a scalare tutti i quattordici Ottomila in stile alpino, ovvero senza il supporto di sherpa, ossigeno e con un equipaggiamento leggero. “Ogni fallimento è un’opportunità per capire e fare esperienza – aggiunge – sempre che, in un mondo tutto orientato alla performance, siamo capaci di apprendere”.

Nella serata a lui dedicata di “A tu per tu con i grandi dello sport”, rassegna ideata più di dieci anni fa da DF Sport Specialist, Iñurrategi ha voluto raccontare in questo modo il suo modo di vivere le spedizioni d’alta quota e in generale il suo approccio alla montagna.

E per farlo ha usato anche le parole di Gaston Rébuffat, celebre alpinista francese morto nel 1985, che nel suo libro “Il Massiccio del Monte Bianco: le 100 più belle ascensioni” sostiene: “Quali benefici ci aspettiamo di ottenere scalando montagne? Naturalmente, c’è il piacere dell’arrampicarsi in sé e delle nostre conquiste, ma oltre alla gioia di alienarsi in un ambiente montano, c’è anche il processo sempre inaspettato di scoprire se stessi, un processo che si approfondisce ad ogni nuova scalata”.

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LA CARRIERA

Al numeroso pubblico del negozio di Bevera di Sirtori Iñurrategi, che ha aperto una nuova via sul K2 ed è l’unico alpinista ad aver scalato l’intero gruppo del Gasherbrum, dove è anche morto il fratello, ha spiegato le sue sensazioni attuali dopo i tanti traguardi raggiunti e 30 anni di imprese sportive, ma in fondo anche umane.

“Se ripenso oggi a quel passato ho soprattutto nostalgia dei momenti di scoperta che mi ha regalato – afferma – non c’erano tecnologia e Internet, allora il tempo in montagna era quindi un’avventura a metà strada tra gli alpinisti che scomparivano per mesi senza aver alcun contatto e l’iperconnessione di oggi che permette di avere un collegamento internet anche in cima all’Everest o su una delle vette del Pakistan”.

“Andare sulle vette dell’Himalaya, quindi, è stato per me soprattutto un modo per capire meglio il mondo e l’umanità – aggiunge – la montagna mi ha reso ciò che sono ed è quello che forse apprezzo di più ripensando a tutto il percorso fatto”.

L’EVOLUZIONE

Nell’alpinista spagnolo di origine basche, però, non c’è alcun giudizio di valore negativo su chi oggi ha reso la montagna una passione e una professione né tanto meno il vano ricordo di un romanticismo che è legato ad un passato ormai sempre più lontano. Anzi.

montagna passeggiata generica mb

“Oggi ci sono alpinisti e scalatori che ammiro molto per la loro velocità di salire in montagna e arrampicare, compresa Silvia Vidal, scalatrice professionista di big wall in solitaria che rinuncia al telefonino – sostiene Iñurrategi – ognuno della tecnologia può fare l’uso che vuole anche nell’alpinismo. In fondo le cose non sono cambiate tanto nel tempo, basti pensare che George Mallory e Andrew Irvine, protagonisti di una storica e misteriosa missione sull’Everest nel 1924, avevano maschere d’ossigeno, topografi e tutta la strumentazione migliore allora a disposizione”.

LE PROSPETTIVE

Iñurrategi non ha particolari critiche nemmeno nei confronti del cosiddetto alpinismo commerciale, che sfrutta lo sviluppo di tecniche e logistica all’avanguardia e l’uso sempre più frequente di elicotteri per il trasporto dell’attrezzatura e degli scalatori praticamente in cima alle vette dell’Himalaya.

“Io capisco e non condanno i “turisti” della montagna – afferma – in fondo se solo 7mila persone su oltre 8 miliardi hanno raggiunto la vetta dell’Everest non c’è niente di male se ne arrivano di più”. “Però, anche se il sentimento dell’avventura è personale, penso che in questo modo si perdano una parte importante del cammino e dell’andare in montagna – conclude l’alpinista spagnolo di origini basche – queste persone adoperano dei mezzi per abbassare le difficoltà piuttosto che prepararsi al meglio per alzare le proprie capacità“.