La sopraelevata di Monza, archeologia sportiva

13 novembre 2024 | 10:11
Share0
La sopraelevata di Monza, archeologia sportiva

La Sopraelevata di Monza, costruita nel 1955 e immersa nel Parco, resta simbolo di storiche imprese automobilistiche e di sfide ad alta velocità

L’Autodromo Nazionale di Monza è la casa di un gigante addormentato. Ancora visibile dalle riprese aeree, nascosta tra la vegetazione del Parco, la Sopraelevata di Monza, costruita nel 1955, custodisce imprese sportive d’altri tempi e il coraggio dei piloti nel raggiungere velocità sempre maggiori.

La Sopraelevata non rappresentava solo il desiderio o la sfida di velocità, ma la necessità di migliorare le prestazioni delle vetture. Compito dei progettisti, gli ingegneri Antonio Beri e Aldo Di Renzo, era infatti garantire condizioni di marcia uniformi, ovvero evitare i cambi di marcia e l’uso dei freni, per mantenere velocità medie elevatissime con l’obiettivo di registrare nuovi record.

sopraelevate monza mb

La soluzione fu quindi la realizzazione di un più moderno circuito ad anello rispetto all’originale del 1922: le sopraelevate appoggiavano infatti su un terrapieno alto 2,60 metri e la loro inclinazione massima era di 21° gradi sul piano orizzontale, consentendo alle vetture di raggiungere solo i 190 km/h. A marzo 1955 l’ingegnerGiuseppe Bacciagaluppi, all’epoca Direttore dell’Impianto, avviò la costruzione del nuovo tracciato seguendo il progetto di Beri e Di Renzo.

Lungo 4250 metri, meno rispetto la pista del 1922, l’Anello dell’Alta Velocità, altro suo nome assieme a Catino di Monza, è composto da due curve semicircolari con un raggio di circa 320 metri e un’inclinazione massima dell’80%. Due rettilinei di 875 metri ciascuno collegano invece Curva Nord e Sud fungendo da rampa di lancio verso il raggiungimento dei 300 km/h.

A differenza del vecchio tracciato le sopraelevate del 1955 non poggiavano più su un terrapieno, ma su piloni e travi in cemento armato con un guard rail in acciaio ancorato a dei pali quadrati in legno di noce annegati nel cemento armato. Si trattava per l’epoca di un nuovo modello di guard rail, proveniente dall’America, che in seguito alle varie fasi di sperimentazione venne applicato anche sulle autostrade italiane per migliorare la sicurezza stradale.

Il cantiere richiese 6 mesi di lavoro e il nuovo impianto venne inaugurato il 4 settembre 1955 con la competizione motociclistica del “33° Gran Premio delle Nazioni”, mentre l’11 settembre fu tempo delle quattro ruote con il “Gran Premio d’Italia”, vinto da Juan Manuel Fangio. Negli anni successivi l’Anello dell’Alta Velocità ospitò anche la 500 Miglia di Monza, nel 1957 e nel 1958, per le vetture formula Usac abbinata alla 500 Miglia di Indianapolis: un’occasione per paragonare la scuola Europea con quella Americana, quest’ultima vincitrice di entrambe le edizioni.

Le sopraelevate ospitarono diverse competizioni fino agli inizi degli anni ‘70 quando due varianti vennero poste all’ingresso di curva Nord e Sud per rallentare la velocità delle vetture. In quegli anni iniziava il progresso della sicurezza nel motorsport: i piloti e gli addetti ai lavori, già dopo il Gran Premio d’Italia del ‘56, erano infatti consapevoli che le sospensioni delle vetture e i componenti dello sterzo subivano violente sollecitazioni e vibrazioni a causa degli avvallamenti longitudinali della pista alle alte velocità.

Il Catino di Monza però non attirava solo campioni da tutto il mondo: la sua fama gli valse infatti un ruolo da protagonista sul grande schermo nel colossal americano “Grand Prix” del 1966. Monza appare nelle scene finali del film e le riprese vennero svolte durante il 37° Gran Premio d’Italia. Proprio sulle sopraelevate, asportando una parte di guard rail e sostituendola con una finta protezione in piombo, venne inscenato l’incidente in cui perdeva la vita il pilota interpretato da Yves Montand.

Nel corso della sua storia la Sopraelevata ospitò quattro Gran Premid’Italia, 1955-’56-’60-’61, due500 Miglia di Monza, nel 1957 e ‘58, cinque edizioni della 4 Ore di Monza, dal 1965 al 1969, altrettante 1000km di Monza, sempre dal 1965 al 1969, e occasionali altre competizioni.

foto storiche autodromo

Lontano dai fasti di un tempo, l’Anello dell’Alta Velocità negli anni è rimasto una tappa immancabile per gli amanti del motorsport trasformandosi in un museo a cielo aperto in grado di appassionare i più giovani e di far toccare con mano un pezzo di storia dell’automobilismo. Rito di ogni monzese poi è tentare la scalata fino alla cima del guard rail.

Il sogno però è di vedere il cuore sportivo dell’Autodromo tornare a battere ed essere casa di nuove imprese. Un desiderio condiviso da Angelo Sticchi Damiani, presidente ACI, che non ha infatti escluso la possibilità di recuperare il tracciato dell’Alta Velocità ricongiungendo le due piste, quella stradale e l’Anello. Una sfida complicata dall’invecchiamento della struttura, ma che restituirebbe a Monza non solo asfalto e cemento, ma una storica opera d’arte.

sticchi damiani foto lucaAngelo Sticchi Damiani, foto d'archivio

Articolo aggiornato lunedì 18 novembre, 18:56