Sorpresa al cinema

“Una boccata d’aria”: a Monza al Capitol anche Aldo Baglio, che abbiamo intervistato…

Il noto attore comico ha visto con il pubblico l'ultimo film di cui è protagonista. Una commedia leggera sull'importanza di non dimenticare le proprie origini.

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Monza. C’è chi apprezzato la vena poetica e nostalgica. Qualcuno afferma persino di essersi commosso. Altri gli confidano di essere cresciuti con i suoi film. Altri ancora si limitano a fargli i complimenti. Insomma il pubblico del cinema Capitol di Monza, che si è ritrovato Aldo Baglio in sala il 10 luglio per la proiezione delle ore 20 di “Una boccata d’aria”, sembra aver gradito la pellicola con protagonista proprio il noto comico del trio formato anche da Giovanni Storti e Giacomo Poretti.

Il tam tam sui social network avviato dal giornalista, scrittore ed animatore culturale, Dario Lessa, che sul suo profilo Facebook aveva annunciato la presenza di Baglio al cinema e invitato tutti a partecipare, ha funzionato. Quaranta minuti prima della proiezione serale di “Una boccata d’aria”, di cui il comico del trio Aldo, Giovanni e Giacomo ha contribuito a creare soggetto e sceneggiatura, c’era già un discreto gruppo di persone in attesa.

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L’ACCOGLIENZA

Tra la sorpresa del personale del Capitol, che non aveva avuto conferme ufficiali della presenza dell’attore da anni residente a Monza, e la fila per l’acquisto del biglietto, Aldo si è presentato qualche minuto prima dell’inizio dello spettacolo. Saluti, strette di mano, qualche abbraccio, foto e autografi, richiesti anche da qualche adolescente.

Qualcuno vorrebbe da Baglio, che è nativo di Palermo, si è trasferito a tre anni a Milano e ha fatto dell’accento siciliano il marchio di fabbrica del suo personaggio artistico, uno sketch comico improvvisato. Ma Baglio declina l’offerta con una delle sue smorfie caratteristiche. “Sono venuto a vedere il mio film per raccogliere dal vivo le vostre impressioni – afferma – se non vi piacerà, però, non ditemelo”.

LA TRAMA

“Una boccata d’aria”, che in questo periodo dell’anno tradizionalmente non molto favorevole all’uscita dei film in sala deve contendersi gli incassi con colossi americani come “Thor: Love and Thunder” ed “Elvis”, ha un incipit piuttosto lento.

I toni melodrammatici, con il protagonista Salvo Macaluso, interpretato da Baglio, che è sommerso dai debiti e rischia di dover chiudere la sua pizzeria “Il giglio” a Milano, vengono a stento compensati dalla mimica facciale del comico di origine siciliana e da qualche battuta che qui e là esce dalla bocca anche di Lucia Ocone, la moglie Teresa nella pellicola.

La caduta dal monopattino di Salvo, ormai incapace di prendere sonno, e il fallito tentativo di chiedere un prestito ad una strozzina per placare le richieste incombenti delle banche segnano la fine ideale della premessa della storia. Il ritmo del film, anche con l’aiuto dei personaggi di Enzo (Davide Calgaro) ed Emma (Ludovica Martino), che interpretano i figli del protagonista, comincia ad alzarsi.

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Dario Lessa e Aldo Baglio

IL RICHIAMO DELLE ORIGINI

Il riluttante Salvo, che ha abbandonato la Sicilia tanti anni prima per cercare autonomia e fortuna a Milano, torna nel suo paese natale in occasione della morte del padre Nunzio (Tony Sperandeo). Con lui, come anche con il fratello minore, Lillo (Giovanni Calcagno), i rapporti sono azzerati da tanto, troppo, tempo.

La trama, a questo punto, si intreccia tra i tentativi di Salvo di convincere il fratello a vendere il casale di famiglia e i terreni circostanti al sindaco del paese, in modo da incassare la cifra che permetterebbe di salvare la pizzeria a Milano, e questioni personali irrisolte e risalenti all’adolescenza. A complicare il tutto l’arrivo in Sicilia anche della famiglia di Salvo, che a moglie e figli non ha mai rivelato la verità sul suo passato nella terra natia.

Un passato che in una sorta di viaggio all’indietro nel tempo ora emerge con prepotenza. Salvo si sente continuamente messo in discussione. Il suo equilibrio, costruito negli anni su basi solo apparentemente solide, viene fatto vacillare dal defunto padre nei sogni. E perfino da una canzone napoletana che il protagonista da giovane aveva scritto e inciso per celebrare il suo amore per Carmela (Manuela Ventura).

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Nello scorrere delle immagini, qualche battuta e situazione paradossale strappano più di una risata agrodolce. Come quando Salvo chiede al burbero fratello Lillo di suonare “Wish you were here” con il marranzano. O con Carmela che accosta il significato dell’espressione “all-in” a “coming out”.

IL MESSAGGIO FINALE

Quando i fili della trama, con la regia di Alessio Lauria, sembrano non poter trovare soluzione, l’happy end da commedia leggera, quale è “Una boccata d’aria”, ha la meglio. Salvo non firma la cessione del casale di famiglia al sindaco, che in realtà voleva costruire lì lo stadio comunale distruggendo gli alberi. E la decisione è quella di restare tutti, moglie e figli compresi, con tanto di nipotina in arrivo, in Sicilia. Dove Salvo, insieme al fratello, aprirà una nuova pizzeria coronando una promessa fatta da piccoli.

Forse un po’ scontato e semplicistico, ma resta ben chiara l’idea portante del film. Le proprie radici non possono e non devono essere cancellate, ma costituiscono la base su cui costruire l’edificio della propria esistenza. “Beato l’uccello che fa il nido al suo paese”, la frase che il defunto Nunzio dice in sogno al figlio Salvo, è la sintesi di questo concetto.

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Altri temi, più o meno di contorno, sono l’attenzione all’ambiente, che è ormai di un’attualità imprescindibile, e la costante ricerca della fortuna. Una delle gag più riuscite di “Una boccata d’aria” è proprio quando nel finale Nunzio, compiaciuto della scelta di Salvo di restare in Sicilia, comincia a dargli i numeri del lotto. Ma si sente solo il 47, non a caso “il morto che parla” nella smorfia napoletana, mentre gli altri sono coperti dal rumore di un motore.

In questa voglia di dare in qualche modo una svolta alla propria vita ci sono la Sicilia, i siciliani, ma anche tutti quelli che dal Sud d’Italia sono saliti al Nord per trovare la propria strada. E allora che “Una boccata d’aria” sia stato proiettato nella sala del Capotol dedicata a Vittorio Mezzogiorno, che nel cognome rappresenta proprio questa parte d’Italia protagonista nel film, forse non è un caso.

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