Donne, che impresa

Donna, medico, primario al San Gerardo. Intervista a Maddalena Lettino

Il primario di Cardiologia? È una donna. Si racconta per noi, e ammette: "Sì, a volte qualcuno mi chiama ancora signora".

maddalena lettino

Fare il primario non è, ancora, un ruolo per una donna. Almeno, non nell’immaginario comune. Se la figura della “dottoressa” è ormai sdoganata, infatti, quella della “primaria” lo è molto meno: la parola stessa non esiste con lo stesso significato del corrispettivo maschile.

E per chi stesse pensando che la declinazione al femminile di professioni nate come maschili stia diventando un po’ un’ossessione, basta guardare i numeri per capire che in realtà la grammatica sta semplicemente fotografando una situazione reale: le donne medico che diventano primario sono pochissime.

È a partire da questo spunto che abbiamo intervistato una delle poche che, invece, primario lo è diventata: Maddalena Lettino, direttrice del Dipartimento CardioToracoVascolare e dell’UOC di Cardiologia dell’Ospedale San Gerardo di Monza.

Come si è avvicinata alla Medicina? Durante il percorso ha trovato degli ostacoli legati al genere?

“Ho cominciato a pensare che avrei fatto il medico proprio all’inizio della mia esperienza scolastica, alle elementari o giù di lì, senza trovare alcun ostacolo né in famiglia né tra le persone che frequentavo. Direi che non ci sono state difficoltà durante tutto il periodo degli studi universitari e delle prime esperienze ospedaliere, anche se la Cardiologia era ai tempi una disciplina prevalentemente maschile, ed erano tutti uomini quelli che ricoprivano ruoli di responsabilità all’interno dell’ospedale”.

Perché è più frequente incontrare un primario che una “primaria”?

“Perché per molti anni, a parità di impegno lavorativo, la progressione di carriera è stata più spesso appannaggio maschile. L’avanzamento nei ruoli di responsabilità è stato vissuto in generale come più naturale per un uomo piuttosto che per una donna, e quindi maggiormente facilitato. È stata altresì altrettanto comune una minore ambizione dichiarata da parte dei dirigenti medici di sesso femminile, che ha in qualche modo contribuito alla loro più facile esclusione da percorsi avanzati. La necessità di occuparsi in modo prevalente di famiglia e familiari in molti casi ha fatto il resto”.

Si dice che le donne abbiano soft skills diverse dagli uomini: sono più abituate a empatizzare, a essere multitasking, a lavorare in team. È vero?

“Non credo ci siano attitudini o aspetti caratteriali di genere svincolati dalle esigenze della vita societaria. Credo che ci siano invece adattamenti di genere alla sopravvivenza quotidiana nel mondo del lavoro: le donne sono state messe più spesso nella condizione di essere multitasking per poter conservare un ruolo soddisfacente nel proprio ambito professionale e hanno sviluppato maggiori capacità empatiche e di collaborazione per ottenere risultati più stabili e duraturi”.

Spesso si sente dire che in ospedale i pazienti si rivolgono in automatico a una donna come “signorina” o “infermiera”, mentre un uomo è sempre “il dottore”. Le è capitato? Come ha reagito?

“È ancora frequente essere chiamata “Signora”, soprattutto da pazienti di sesso maschile di una certa età: questo non si verifica più interagendo con i giovani e ricorre molto meno con le donne di età avanzata. Nessuna reazione particolare (non servirebbe a infrangere pregiudizi inveterati…); ho precisato però ruolo e incarico dirigenziale a chi si ostinava in mia presenza a rivolgersi solo al collega uomo più giovane di me e al mio fianco come collaboratore. Ho sorriso di fronte allo stupore incredulo (e un po’ “becero”) dell’interlocutore. Non credo sarà un problema delle generazioni future”.

Quanto incide la vita personale su quella professionale?

Può essere impegnativo e talvolta difficile conciliare tante cose ma tutt’altro che impossibile! A volte è stato anche stimolante, e sicuramente arricchente quando l’esperienza è stata gestita proprio in famiglia con i figli in crescita. Non credo sia più concepibile chiedere ad un membro della famiglia di rinunciare alla propria vita professionale a vantaggio degli altri: la famiglia cresce se tutti crescono anche individualmente all’interno di essa… come in qualunque società. Anche questo aspetto mi sembra ben radicato nelle giovani generazioni e non credo sarà un problema nelle famiglie del futuro”.

Un consiglio a una giovane donna che voglia intraprendere un percorso di studi e poi professionale in ambito medico.

“Il mio consiglio è quello di abbracciare l’impegno perseguendo sempre la competenza e la qualità che non hanno genere. Una giovane donna potrà raggiungere qualunque obiettivo, per quanto alto e lontano possa sembrare, purché ci creda e si adoperi con determinazione. Sono sicura che anche la progressione di carriera sarà più facile in un mondo futuro in cui non saranno necessari eroismi, ma solo la graduale e consapevole crescita della propria professionalità”.

Chi è Maddalena Lettino

Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Cardiologia Clinica e del Dipartimento CardioToracoVascolare dell’Ospedale San Gerardo di Monza, Maddalena Lettino è stata Professore a contratto di Cardiologia dell’Università degli Studi di Milano dal 1997 al 2000, e dell’Università degli Studi di Pavia fino al 2011. Ha ricoperto il ruolo di Presidente della Association di Acute Cardiovascular Care della Società Europea di Cardiologia (ESC) negli anni 2016-2018, ed è stata nel contempo membro del Board della ESC. Ha completato, nel Dicembre 2018, un Master in Health Economics, Outcomes and Management in Cardiovascular Science presso la London School of Economics di Londra e ha ricoperto per un biennio il ruolo di Chair dello European Heart Health Institute della ESC presso la sede di Bruxelles.

Si è occupata di trombosi e farmaci antitrombotici, sindromi coronariche acute, fibrillazione atriale e malattie cardiovascolari nel paziente diabetico, contribuendo alla stesura delle linee guide europee su tali argomenti, ed è membro del board editoriale dello European Heart Journal: Acute Cardiovascular Care e dello European Heart Journal of Cardiovascular Pharmacotherapy. Dal 2020 è Presidente del Comitato etico-scientifico di Milano Area 3.

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