Donne, che impresa!

Intervista a 360 gradi a Giovanna Forlanelli, l’imprenditrice con l’arte nel cuore

La monzese elogia le doti imprenditoriali delle donne, più flessibili e creative anche nel conciliare vita e lavoro. E ribadisce: "La Johan & Levi mi ha dato molta più soddisfazione della Rottapharm, perché era una creatura mia".

giovanna forlanelli

Flessibili, multitasking, creative. Secondo Giovanna Forlanelli le donne hanno le qualità giuste per fare impresa, e lei è una che se ne intende: direttrice generale della Rottapharm Biotech, l’azienda di famiglia in cui è entrata a 25 anni dopo la laurea in Medicina e Chirurgia e dove ha fatto carriera, è anche fondatrice della casa editrice Johan & Levi, nonché vicepresidente esecutivo della Fondazione Luigi Rovati, creata insieme al marito Lucio e alla figlia Lucrezia. Monzese, 62 anni a breve, è appassionata e collezionista d’arte, vicepresidente del Comitato Consultivo della Collezione Peggy Guggenheim, e presente sul territorio con numerose attività filantropiche, all’interno della Fondazione della Comunità Monza e Brianza Onlus e del progetto “Il Paese Ritrovato” della Cooperativa Sociale La Meridiana.

Tutti interessi che l’hanno spinta a realizzarsi al di fuori del classico ambiente imprenditoriale, a dimostrazione che fare carriera all’interno di una grande azienda non è (più) l’unico sinonimo di successo. “Ho lavorato per molti anni all’interno della Rottapharm – spiega infatti -, ma a un certo punto mi sono voluta ritagliare uno spazio mio, quello della casa editrice: un desiderio, quello di fare una attività propria, che ha a che fare con l’attitudine a dirigere, cioè di assumere responsabilità dirette”.

Traslata all’oggi, la voglia di fare impresa diventa anche una delle possibili risposte alla crisi innescata dalla pandemia: “La pandemia ha creato e crea difficoltà, ma genera anche possibilità nuove, in particolare nel mondo del lavoro, soprattutto nei processi interstiziali che riguardano le funzioni di servizio e assistenza sociale, che nelle donne hanno un referente primario. Si sono creati nuovi bisogni, nuove necessità in una società sempre più fragile. Questa tendenza è stata interpretata in particolare dalle donne, che hanno messo in gioco la forza della sensibilità, del pragmatismo e delle capacità organizzative. Uno dei tanti paradossi della crisi pandemica è quello di aver creato nuove opportunità per nuovi soggetti e delineato una sorta di accelerazione per la capacità delle donne di fare impresa. E infatti anche nel nostro territorio si sono create in questi ultimi anni nuove imprese e attività gestite da donne”.

Perché, allora, si continua ad avere l’idea che le donne facciano più fatica a fare impresa?

“In realtà secondo le ultime statistiche di Assolombarda le nuove imprese sono soprattutto femminili, almeno nella nostra area, il Nord Italia e intorno a Milano – ribatte Forlanelli -. Il ruolo della donna nelle imprese viene sempre visto come debole, ma non si tratta di risolvere la questione del potere femminile nella chiave dei ruoli politici o manageriali: non si tratta di qualche posizione in più nei consigli di amministrazione di grandi gruppi o multinazionali. Si tratta invece di vedere come le donne in questo difficile passaggio storico possano, anche più degli uomini, avere capacità di fare impresa sfruttando una flessibilità e una cultura multitasking che riesce a mediare l’impegno del lavoro e l’impegno nella famiglia con una forte assunzione di potere responsabile”.

Donne che capitalizzano le proprie capacità e fanno impresa, dunque, per soddisfazione personale ma anche per meglio conciliare vita e lavoro: “Si può lavorare e fare impresa anche negli interstizi, nei nuovi spazi, nel piccolo – sottolinea Forlanelli -. E oggi, con e dopo la pandemia, si sta molto rivalutando il ruolo delle piccole imprese nei territori. Nel mio caso la Johan & Levi ha avuto un ruolo nella mia crescita professionale d’imprenditrice molto più importante delle mie alte responsabilità in un gruppo multinazionale come Rottapharm”.

Sembra però che conciliare lavoro e famiglia sia un imperativo solo per uno dei due generi. Da madre, quanto incide la famiglia sulle prospettive professionali di una donna?

“Adesso come adesso poco. Nelle nuove generazioni i ruoli della coppia sono molto cambiati, gli uomini sono più flessibili rispetto al passato, e anche la gestione dei figli si sta trasformando: i bambini frequentano il nido già nei primi mesi di vita. Almeno per il nostro territorio, poi, sembra più facile anche organizzarsi, grazie a una rete di servizi che garantisce un’offerta differenziata, dai mini nidi ai nidi aziendali. Tutto questo rende più facile conciliare lavoro e famiglia: le donne non vogliono più rinunciare alla carriera”.

Eppure durante i periodi più duri della pandemia, quando il lockdown ha imposto a tutti o quasi di lavorare da casa, erano le donne, nella maggior parte dei casi, a occuparsi dei figli in Dad, anche se magari si ritrovavano a gestire call e lavoro esattamente come i loro partner. “Su questo mi sento di fare una riflessione di tipo psicologico. Credo che ci sia stata una grande fragilità delle donne rispetto alla malattia: la pandemia ha aumentato le paure verso la crescita dei bambini e le fragilità degli anziani, acutizzando il senso di protezione e responsabilità in un momento in cui viene meno anche l’eventuale aiuto esterno di tate e babysitter. Tradizionalmente poi il carico dei figli, della casa e della famiglia è della donna, su questo c’è da lavorare ma dipende anche da noi: io ho avuto una figlia femmina e l‘ho cresciuta in un certo modo, se avessi avuto un maschio e avessi cominciato a dirgli “non rifarti il letto, non preoccuparti della casa, non sparecchiare…” beh, poi non potrei certo lamentarmi se da adulto continuasse a comportarsi così. L’educazione degli uomini passa dalle proprie madri”.

La parità di genere, insomma, si insegna fin da piccoli. Ma Giovanna Forlanelli una preferenza sul genere, in realtà, ce l’ha: in passato ha affermato di aver scelto per la Johan & Levi un team tutto al femminile, sfatando così quel brutto luogo comune per cui nemmeno le donne preferirebbero lavorare solo con donne. “Le dirò di più: sono recidiva! Anche in Fondazione ho scelto un team di sole donne” rivendica.

È vero quindi che le donne hanno delle “soft skills” diverse rispetto agli uomini?

“Sì, ci sono degli elementi di duttilità e di flessibilità nelle donne nell’organizzare e nel risolvere problemi, ma non parlerei di diversità rispetto agli uomini. Gli approcci verso il lavoro sono diversi, ma sono diversi anche all’interno dello stesso genere: parliamo di persone e quindi di diversità”.

Un consiglio alle giovani donne che stanno per affacciarsi al mondo del lavoro, o a quelle che già lavorano ma magari si sentono insoddisfatte?

“Bisogna avere una grande umiltà e una grande capacità di autocritica. Devi capire quali sono i tuoi limiti, altrimenti non si può cominciare un’attività in proprio, grande o piccola che sia – risponde, con grande sincerità -. Dovrai dedicarci tanto del tuo tempo e sarà un grande sacrificio, il mondo del lavoro è sempre più complicato… ma ti porterà anche grandi soddisfazioni”.

In chiusura, Forlanelli aggiunge una riflessione legata al periodo della pandemia. “Ho notato che sono aumentate esponenzialmente le ragazze che, arrivate all’ultimo miglio, non riescono a dare gli ultimi esami. Sono spaventate, rallentate: alcune mollano gli studi e vanno a lavorare, forse per reazione contro l’isolamento, ma l’università è fondamentale per la formazione, rischiamo di avere persone più fragili sul lavoro. La pandemia ha leso la voglia di fare: per le ragazze, ma anche i ragazzi. Sarà un grande problema, anche perché questo avviene proprio in un momento di spinta economica: lo dovremo affrontare nei prossimi anni. C’è grande bisogno di un supporto psicologico che non c’è. Si tratta di creare una nuova azione di sostegno, al femminile, e dare un supporto alle grandi solitudini e alle incertezze sociali, soprattutto dei giovani”.

CHI È GIOVANNA FORLANELLI

Dopo la laurea in Medicina e Chirurgia e una carriera professionale nel settore farmaceutico, dal 2015 Giovanna Forlanelli ricopre la carica di Direttore Generale ed è membro del CdA della società di ricerca scientifica e farmaceutica Rottapharm Biotech S.r.l.

Appassionata e collezionista d’arte, nel 2005 fonda la casa editrice “Johan & Levi S.r.l.”, nel 2016 ha costituito con il marito Lucio Rovati e la figlia Lucrezia la “Fondazione Luigi Rovati” di cui è Vicepresidente Esecutivo. Ha avviato il progetto di apertura di un Museo privato a Milano, che ospiterà le collezioni di arte etrusca della famiglia e avrà finalità di approfondimento didattico e culturale e di ricerca. È vicepresidente del Comitato Consultivo della Collezione Peggy Guggenheim e membro del Consiglio di consultazione della Fondazione Zeri. È presidente del collegio dei Probiviri di UCID Lombardia. Da maggio 2021 è componente del Comitato della sede territoriale di Monza e Brianza di Assolombarda. La sua attività filantropica si svolge tra numerose attività, tra cui la partecipazione in qualità di membro della Giunta Esecutiva della Fondazione della Comunità Monza e Brianza Onlus e Presidente del Comitato di Garanzia del progetto “Il Paese Ritrovato” della Cooperativa Sociale La Meridiana.

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