Replica

Visite ai pazienti, botta e risposta ospedale San Gerardo-Mirko Damasco

Inoltre, la direzione specifica, riguardo alla nonna di Damasco, attualmente ricoverata al San Gerardo, che non può essere raggiunta dalle visite dei parenti perché le sue condizioni non lo consentono.

- Foto d'Archivio

“Riaprire subito ai parenti dei pazienti ricoverati le visite in Ospedale”, è stata la ragione che ha spinto Mirko Damasco, presidente della Onlus “Salvagente”, a condurre una protesta pacifica e silenziosa di 8 giorni, davanti al San Gerardo di Monza, che si chiuderà con un manifestazione, in piazza a Monza oggi, sabato alle 15.30. Secondo Damasco, attualmente sarebbero inaccessibili i reparti di Ortopedia, Neurochirugia, Neurologia, Chirurgia e Geriatria.
La replica dalla direzione del nosocomio monzese, invece, chiarisce: “Dei 5 reparti segnalati, 4 sono stati riaperti. Soltanto uno è ancora chiuso, poiché tra i degenti risulta un contagio da covid-19″.

Una protesta quella di Damasco che lo ha portato anche a parlare del “suo” caso, o meglio di quello della nonna ricoverata che non può andare a visitare. A tal proposito la direzione dell’ospedale che non può essere raggiunta dalle visite dei parenti le sue condizioni non lo consentono.

I chiarimenti del San Gerardo

La replica del San Gerardo aggiunge e sottolinea che, “l’accesso ai visitatori e ai familiari dei pazienti è regolamentato dalla DGR XI 5181 del 06/09/2021. Fin quando le regole lo hanno consentito abbiamo sempre fatto accedere i parenti. Tuttavia i reparti menzionati sono stati oggetto di alcuni casi di positività a Covid-19, e come da DGR sopracitata, la Direzione ha deciso di chiudere temporaneamente le visite ai suddetti reparti per evitare una ulteriore diffusione del virus”.

“Dei 5 riparti quindi, solo in uno le visite sono ancora sospese. I cartelli di divieto, negli altri casi, sono stati rimossi. Inoltre – precisa la direzione – restano chiusi i reparti di Oncologia, Nefrologia ed Ematologia, dove è fatto divieto di ingresso per le visite, fatta eccezione per i pazienti non autosufficienti e situazioni particolari. In questi casi l’ingresso sarà consentito solo con tampone negativo”. La necessità di tenere chiusi tali reparti è strettamente legata alle delicate condizioni dei pazienti ospitati.

Riguardo alla situazione della nonna di Damasco, la direzione chiarisce: “Nel corso della degenza della signora, il reparto in cui era ricoverata è stato oggetto di diversi casi di positività a Covid-19, e come da DGR, la Direzione ha deciso di chiudere le visite in quel reparto, per evitare un’ulteriore diffusione del virus”.

“Dopo di che la stessa signora non risultava nelle condizioni di ricevere visite. In ogni caso, il personale sanitario sta fornendo tutte le cure e tutto il supporto necessario”.

“Le visite alla paziente potranno essere consentite allorché le condizioni di contagiosità el reparto saranno risolte e sarà trasferita in un reparto aperto alle visite, oppure nel momento in cui dovessero sussistere alcune delle condizioni previste dalla normativa sopracitata”.

“Assistere le persone care è un diritto”

“Mi dispiace, sono impopolare, diretto e poco diplomatico, ma ne sono  convinto per quello che conosco, dopo una decina d’anni che mi occupo del tema visite parenti in ospedale. Certamente in una prima fase, gli ospedali dovevano proteggersi e proteggere escludendo le visite dei parenti. Adesso no. Adesso è una scelta. Adesso hanno avuto tutto il tempo di organizzarsi. Adesso, molti reparti, ‘usano’ questa situazione per tenere lontano, quella che nella mentalità comune è solo una fonte di disturbo: il parente”, aveva affermato Damasco quando ha iniziato la sua protesta.

E riguardo a sua nonna, ricoverata all’ospedale monzese, aveva scritto un lungo post sui social: “Siamo in centinaia in questa situazione, centinaia l’hanno vissuta. In migliaia non hanno più visto un loro caro. In migliaia sono stati privati di un diritto fondamentale. Migliaia di malati e migliaia di parenti.

Il diritto alla cura, all’assistenza delle persone che ami, il diritto a parte della cura. Si, perché quello che non volete proprio mettervi in testa, perché evidentemente non studiate o fate finta di non farlo, è che la relazione è cura, non un favore. La relazione ha lo stesso valore di una flebo.

E noi siamo qui, ad accettare. E invece no, come non lo abbiamo accettato a Luglio, e con la forza della protesta pacifica abbiamo costretto il governo a deliberare per riaprire Rsa, Ospedali e Sale parto, non lo accettiamo ora.
Ci sono ospedali che non hanno mai chiuso, e sono questi ospedali che ci dimostrano che si può fare. Si può fare. Con sforzo organizzativo ma si può fare”.

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