Donne e lavoro

Donne protagoniste della ripresa economica, il report di BrianzaRestart

Presentato il Report su occupazione ed imprenditoria femminile nella provincia MB

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La Provincia di Monza e Brianza, in collaborazione con Afol MB, ha promosso un webinar dedicato al tema dell’occupazione femminile “LE DONNE PROTAGONISTE DELLA RIPRESA: occupazione, pari opportunità e condivisione in Provincia di Monza e della Brianza” rivolto ai membri del Tavolo di concertazione e del Tavolo Welfare.

IN BRIANZA LE DONNE VERE PROTAGONISTE DELLA RIPARTENZA

“Abbiamo voluto concludere le attività dei tavoli con un momento formativo dedicato ad un tema importante perché in Brianza le donne possono davvero giocare un grande ruolo da protagoniste nel percorso di ripartenza e i dati lo confermano, dimostrando la forza del nostro tessuto produttivo. Tocca a noi decisori amministrativi e politici garantire le condizioni perché questo avvenga. E come abbiamo voluto sintetizzato nel titolo di questo webinar le condizioni sono: garanzia e stabilità dell’occupazione; garanzia e promozione delle pari opportunità e condivisione perché come questa pandemia ci ha insegnato, solo facendo rete possiamo affrontare i problemi e trovare le soluzioni.” – spiega il Presidente della Provincia MB Luca Santambrogio.

Il Report presentato punta ad analizzare due focus specifici: l’occupazione dipendente e l’imprenditorialità. L’obiettivo è “dar conto delle tipologie contrattuali e dei settori da cui fuoriescono di più / di meno i lavoratori, sottolineando le diversità di genere. Al contempo, con riferimento alle cessazioni seguite da successivi avviamenti, si sono studiati i passaggi da un contratto e da un settore all’altro (transizioni), in modo da verificare se vi sono e quali siano le diversità dei percorsi femminili rispetto a quelli maschili. In termini di imprenditorialità, il report mira a quantificare il contributo femminile alla presenza di imprese sul territorio indagandone, non solo la dimensione complessiva ma anche l’articolazione territoriale e settoriale, al fine di evidenziarne le specificità.”

La partecipazione al lavoro

Il numero di donne occupate nel 2019 era pari a 169 mila, nel 2020 il loro numero è cresciuto del 3%, attestandosi a 174 mila. Si tratta di un andamento opposto rispetto a quanto avviene per gli uomini: fra il 2019 e il 2020 si assiste alla diminuzione di 8.000 lavoratori, con un calo del 3,6%.
Le donne sembrano reagire alla crisi pandemica in maniera più positiva degli uomini: per i secondi, infatti, il tasso di attività del 2020 diminuisce di 3 punti percentuali rispetto al 2019, mentre per le prime la diminuzione è inesistente (-0,1%). La diminuzione del tasso di attività nel 2020 rispetto al 2019 si ripercuote sull’andamento del tasso di disoccupazione che scende moltissimo fra le donne -3,0% e un po’ meno tra gli uomini (-1,3%). La decrescita del tasso di disoccupazione maschile è dovuta alla fuoriuscita dal mercato del lavoro di molti soggetti in cerca di occupazione (disoccupati) Per le donne, invece, vale l’effetto combinato fra lo scoraggiamento (specialmente fra i soggetti con scarsa specializzazione e livelli di istruzione poco elevati) e l’incremento occupazionale – seppur modesto – dettato dalla crescita delle occupate pari a +5.000 unità che si sono registrate fra il 2019 e il 2020. Dunque, dai dati emerge la tendenza dei diversi attori del mercato del lavoro brianzolo ad adottare misure protettive verso la forza lavoro femminile che – se, come accade altrove, partecipa meno intensamente al mercato del lavoro – sembra vedere attenuate le conseguenze negative della crisi pandemica rispetto alla popolazione maschile.

I movimenti del mercato del lavoro

A settembre 2021, le differenze di genere non sono particolarmente marcate: a giugno la resilienza femminile era -2,5% e quella maschile era pari a +0,9%, adesso l’indicatore si attesta attorno alla parità. Dunque, a fronte di un moderato miglioramento della resilienza femminile si assiste ad un altrettanto moderato peggioramento di quella maschile.
L’analisi combinata fra il genere e le fasce d’età delle resilienze mostra dati femminili sempre peggiori di quelli maschili e l’unica classe d’età in cui la resilienza rimane in territorio positivo è quella degli under 29.

Le transizioni occupazionali

I percorsi delle donne che hanno perso il lavoro fra il 2019 e il 2020 e successivamente lo hanno ritrovato
Le donne cessate nel biennio 2019 – 2020 e successivamente riavviate al lavoro sono 37.201 (il 49% del totale), gli uomini ammontano a 38.625 (il 51% del totale). I dati mostrano una maggiore (seppur contenuta) capacità, della componente femminile, di ottenere un nuovo avviamento dopo una cessazione. Non è possibile sapere i motivi di queste differenze. Probabilmente, si tratta di un mix di cause riconducibili a: la maggiore capacità femminile di adattarsi ad impieghi, anche molto diversi, rispetto a quelli d’uscita; la capacità del sistema economico e istituzionale locale di favorire il reingresso delle donne nel mondo del lavoro; non è da escludersi neanche il possesso di maggiori skills professionali da parte della componente femminile rispetto a quella maschile.
Fra coloro che hanno subito una cessazione nel biennio 2019 – 2020 e successivamente riavviati, emergono “migrazioni” evidenti di forza lavoro dai diversi settori verso quello del Commercio e dei Servizi. Gli spostamenti sono ben più marcati per le donne che per gli uomini. I settori dell’Agricoltura, delle Costruzioni e dell’Industria non tendono, invece, ad assorbire molta manodopera dagli altri settori. Si tratta di ambiti produttivi che mantengono una forte attrattività verso gli insiders, ma che non riescono ad attrarre gli outsiders settoriali (come invece accade per il Commercio ed i Servizi).

Le caratteristiche delle donne che hanno perso il lavoro fra il 2019 e il 2020 e non lo hanno ritrovato

Le donne cessate nel biennio 2019 e 2020 e non riavviate sono 43.485 (il 44% del totale), gli uomini ammontano a 55.734 (il 56% del totale). Nei due anni oggetto di osservazione, sono i maschi a subire le maggiori cesure occupazionali.
Dai dati emerge una minore capacità degli uomini – rispetto alle donne – di conservare i rapporti di lavoro a tempo determinato, ma una maggiore capacità di questi ultimi di mantenere i contratti a tempo indeterminato. il contratto a tempo determinato diventa – specialmente per la popolazione femminile – una sorta di “gabbia contrattuale”. Al tempo determinato si accede, magari se ne ottiene un rinnovo, ma difficilmente (o più difficilmente rispetto a quanto accade per gli uomini) si riesce ad uscirne verso il tempo indeterminato. Spesso la fuoriuscita dal tempo determinato si traduce in un downgrading contrattuale.
In tutte la fascia d’età la percentuale delle cesure femminili è più bassa di quelle maschili. La fascia d’età in cui i dati si avvicinano è quella degli over 50
I macro-settori in cui la popolazione femminile appare più svantaggiata rispetto a quella maschile sono quelli dell’Agricoltura e delle Costruzioni, mentre i settori del Commercio e Servizi e dell’industria sembrano tutelare di più la popolazione femminile nei confronti della cesura occupazionale.

Le imprese femminili

Nei primi nove mesi dell’anno 2021 il numero delle imprese femminili attive è cresciuto di 378 unità (+3,20%). Nell’ultimo quinquennio, l’incidenza delle imprese femminili attive sul totale delle imprese provinciali attive ha fatto registrare una crescita costante.
Su scala regionale, le province con una maggiore quota di imprese attive femminili sul totale delle imprese attive territoriali sono Sondrio e Pavia. Su scala provinciale, i comuni con la maggiore quota di imprese attive femminili sul totale delle imprese attive del territorio sono Roncello, Veduggio con Colzano, Busnago, Villasanta e Vimercate.
Nella provincia di Monza e della Brianza, le imprese femminili attive sono presenti in modo prevalente nei macro-settori dei servizi e del commercio. Il macro-settore industriale rappresenta poco meno del 10% del totale delle imprese femminili attive della provincia.
Ad un maggior grado di dettaglio, risultano prevalenti le imprese di commercio al dettaglio (17% di tutte le imprese femminili della provincia), delle altre attività di servizi per la persona (13,9%) e del comparto immobiliare (9,5%). Interessanti sono anche le frequenze associate al commercio all’ingrosso (8,0%) ed ai servizi di ristorazione (6,9%).
I comparti delle altre attività di servizi alla persona e della confezione di abbigliamento presentano quote di imprese attive femminili sul totale delle imprese attive provinciali del settore rispettivamente pari al 62,70% ed al 50,0%.

Gli addetti alle imprese femminili

Dopo la flessione registrata nell’anno 2020, nei primi nove mesi dell’anno in corso il numero degli addetti alle imprese femminili è cresciuto di 765 unità (+2,40%). Nell’ultimo quinquennio, l’incidenza degli addetti alle imprese femminili sul totale degli addetti alle imprese provinciali è rimasta pressoché invariata.
Su scala regionale, le province con una maggiore quota di addetti alle imprese femminili sul totale degli addetti alle imprese territoriali sono Pavia, Mantova, Lodi e Varese. Su scala provinciale, i comuni con la maggiore quota di addetti alle imprese femminili sul totale degli addetti alle imprese del territorio sono Triuggio, Renate e Besana in Brianza.
Gli addetti alle imprese femminili sono presenti in modo prevalente nei macro-settori dei servizi e del commercio. Il macro-settore industriale rappresenta oltre il 23% del totale degli addetti alle imprese femminili provinciali.
Ad un maggior grado di dettaglio, gli addetti alle imprese femminili risultano maggiormente presenti nel commercio al dettaglio (11,2% di tutti gli addetti alle imprese femminili della provincia), nelle altre attività di servizi per la persona (9,3%) e nei servizi di ristorazione (7,6%).
I comparti delle attività di assistenza sociale, delle altre attività di servizi alla persona e delle attività di raccolta, trattamento e smaltimento dei rifiuti presentano quote di addetti alle imprese femminili sul totale degli addetti alle imprese provinciali del settore rispettivamente pari al 55,0%, 49,7% ed al 48,3%.

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