Scuola

La scuola del post Covid, a Monza la presentazione del documento di Possibile

Il partito fondato nel 2015 dall'ex deputato monzese, Giuseppe Civati, ha raccolti spunti per una profonda riforma della scuola. Dalle classi pollaio al reclutamento e alla formazione degli insegnanti.

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La scuola viene definita spesso come il luogo in cui si formano le generazioni del futuro. Ma questa constatazione stenta nel presente a riflettersi in scelte e progetti adeguati. Tanto che da tempo si continua a parlare di una vera e profonda riforma della scuola. Un desiderio a cui anche a Monza cerca di dare un contenuto reale Possibile.

Il partito politico, fondato nel 2015 dall’ex deputato monzese, Giuseppe Civati, che ne è stato anche primo segretario nazionale, ha presentato presso il Centro Civico San Rocco di Monza un documento sulla scuola italiana in cui si parla, tra le tante cose, anche della cronica carenza di spazi negli edifici scolastici quasi sempre vetusti, di inclusione e di reclutamento dei docenti.

Problemi insoluti per i quali Possibile, che sin dal suo logo, il simbolo dell’uguale, fa dei diritti civili e sociali la propria base programmatica, individua proposte frutto del lavoro di diversi gruppi tematici composti per lo più da persone che nella scuola lavorano con ruoli e competenze diverse. Con l’obiettivo di mettere la scuola al centro dell’agenda politica, prima di tutto quella nazionale. E di aprire un dibattito che consenta di andare oltre l’emergenza del Covid-19 che, anche su questo fronte, ha colpito famiglie e società.

LA SCUOLA SALVA IL MONDO

Ottantadue pagine, dieci capitoli. Dalla scuola di Greta alla ridefinizione dei cicli scolastici, dalla professione del docente alla laicità. Fino al diritto allo studio e alle risorse dei fondi strutturali. “La scuola salva il mondo”, che Possibile sta portando nelle ultime settimane in giro per l’Italia, poggia su un principio cardine: una scuola pubblica, laica ed inclusiva. Sei parole chiave, anzi sette: la formazione e l’aggiornamento dei docenti, la laicità, l’innovazione, l’inclusione, la dispersione e l’abbandono scolastico. Un motto “Una scuola per tutti e per ciascuno”. E uno scopo ultimo e primario: rendere la scuola davvero il luogo in cui si impara la cultura della cittadinanza.

Nella tappa di Monza la presentazione del documento-manifesto del partito politico fondato da Civati, che sta anche raccogliendo le firme per una proposta di legge d’iniziativa popolare per il salario minimo, è stata l’occasione per un’analisi della situazione delle strutture scolastiche e della didattica anche nel capoluogo della Brianza. Con il punto di vista di alcune delle componenti del mondo della scuola: dagli studenti ai docenti di diversi ordini e grado, fino ai genitori.

PROBLEMATICHE DA RISOLVERE

Classi pollaio. Negli interventi dei relatori dell’appuntamento al Centro civico San Rocco di Monza il tema della carenza degli spazi, che nemmeno il distanziamento imposto dal Covid-19 ha potuto modificare e tanto meno risolvere, è stato uno dei più dibattuti. Perché arrivare ad avere 25 alunni per classe, come spesso accade anche negli istituti del nostro territorio, secondo Possibile, “influisce sulle scelte metodologiche e quindi sulla qualità dei processi di apprendimento”.

Da qui la proposta del partito politico di prevedere un massimo di 15-20 studenti nelle aule della scuola primaria e secondaria di primo grado. “Gli edifici scolastici non sono inclusivi per come sono costruiti e per i loro problemi strutturali – afferma Eulalia Grillo, referente Nazionale Scuola di Possibile – quando si parla di innovazione degli ambienti di apprendimento bisogna partire anche dall’ascolto dei bisogni degli studenti, del corpo docenti e dei collaboratori evitando decisioni dall’alto”. “Un esempio sono i banchi a rotelle – continua – con i 400 milioni di euro spesi per acquistarli e non utilizzarli, si potevano installare impianti di ventilazione meccanica controllata in tutte le aule italiane rendendole disponibili anche nel periodo estivo”.

La carenza e la scarsa qualità degli spazi negli edifici scolastici è un vulnus avvertito anche a Monza. “Lavoro in una scuola in cui la sede succursale non arriva mai ed esiste un solo bagno per ottanta docenti – spiega Andreina Fumagalli, insegnante di matematica del Liceo Porta di Monza – ci vogliono spazi a penisola nelle aule che rendano sicura la presenza nel gruppo classe anche di alunni con disabilità”.

Non è un caso, allora, che la rivendicazione di più spazi a disposizione della vita scolastica nel suo complesso sarà presente anche nel corteo che l’Unione degli studenti organizzerà anche a Monza il 19 novembre. “Stiamo portando avanti il progetto Cantiere scuola che punta ad un vero cambiamento, anche ambientalista, nel sistema scolastico” sostiene Federico Contini, rappresentante d’istituto al Liceo classico Zucchi di Monza, dove nei giorni scorsi anche gli alunni maschi hanno messo la gonna per un giorno per simbolicamente protestare contro la mascolinità tossica e il sessismo.

Formazione. Una riforma efficace della scuola passa, secondo Possibile, anche attraverso la capacità di dare dignità sociale ai docenti. A partire dalla loro formazione e dal loro reclutamento. “Il percorso che porta all’insegnamento va semplificato, istituendo per ogni disciplina una laurea magistrale a indirizzo didattico, che includa nel piano di studi la pedagogia, nozioni di base di psicologia e comunicazione e tutte le metodologie innovative utili alla formazione dei futuri insegnanti – si legge nel documento “La scuola salva il mondo” – alle lauree magistrali così pensate è necessario affiancare master annuali abilitanti ad accesso libero e gratuito e completati da tirocinio”.

“Entrambi i percorsi per ottenere l’abilitazione prevedono un periodo di tirocinio e un esame pratico finale – continua il testo – solo dopo l’abilitazione il docente potrà accedere al concorso a cattedra, da svolgersi ogni due anni e con i posti a cui l’insegnante può aspirare calcolati sulla base del turnover e delle reali necessità delle scuole”.

Nell’ottica proposta da Possibile su questo fronte le competenze dei docenti a livello didattico ed organizzativo devono essere accompagnate da quelle psicoattitudinali. “Per saper stare in classe come docenti non bastano la conoscenza dei contenuti, ma ci vogliono anche empatia, motivazione, voglia di essere valutati oltre che di valutare, flessibilità” sostiene la Fumagalli.

Il tutto si lega anche al reclutamento dei precari. “In ogni istituto scolastico l’organico sia stabilizzato per un triennio, indipendentemente dalle variazioni del numero di classi legate alle fisiologiche oscillazioni nell’andamento annuale delle iscrizioni” scrive ancora il Comitato scientifico di Possibile.

Non secondaria anche la revisione dei cicli scolastici. “La nostra proposta è duplice – spiega la referente Nazionale Scuola di Possibile – unire scuola primaria e secondaria di primo grado perché è un salto che gli studenti stessi faticano a comprendere e un biennio unico alle superiori in modo da spostare la scelta di indirizzo a 15-16 anni quando si dovrebbe avere un maggior grado di consapevolezza anche sulle proprie aspirazioni future”.

Partecipazione. Il Covid-19 ha reso più difficile l’organizzazione scolastica. Non soltanto per la tanto osteggiata Didattica a distanza, ma anche sul versante del contributo della componente genitori. Che, nel corso degli ultimi decenni, ha acquisito un ruolo all’apparenza sempre più cruciale nel funzionamento della macchina della scuola.

“Il nostro ruolo deve essere ripensato e valorizzato – afferma Marco Ghezzi presidente del Consiglio d’Istituto ICS Confalonieri e Liceo Frisi – durante il lockdown e la Dad noi genitori ci siamo sostituiti un po’ agli insegnanti, di cui abbiamo potuto parzialmente vedere e sentire il lavoro che svolgono”.

“Attualmente la nostra partecipazione alle decisioni che vengono prese nelle scuole nei fatti continua ad essere molto ridotta – continua – del resto, dopo tanti discorsi e promesse, non è stato fatto niente per ridurre le problematiche dell’affollamento scolastico e della carenza degli spazi”.

 I nidi. Un percorso di formazione della persona e delle sue conoscenze, lungo e difficoltoso come quello degli studenti, deve iniziare sin da subito con il piede giusto. Come testimonia nel corso dell’appuntamento organizzato al Centro civico san Rocco di Monza anche Alice Rampa, educatrice del Comune di Monza. “Tra 0  e 3 anni si getta il seme della formazione dell’individuo – afferma – sono mille giorni importantissimi  in cui, con capacità visionaria, da una piccola casa si costruisce quello che verrà”.

Nel documento redatto da Possibile si parte dall’importanza di “investire sull’educazione nei primi anni di vita, con l’obiettivo di creare e rafforzare un primo segmento di istruzione che vada dagli 0 ai 6 anni, sicuri che questo comporterà benefici per la collettività, come, per esempio, un armonico sviluppo delle abilità del bambino, un maggiore benessere emotivo delle famiglie, una coesione sociale più forte e uno sviluppo economico più esteso”.

Per quanto riguarda i nidi d’infanzia, inoltre, il partito fondato dall’ex deputato monzese, Giuseppe Civati, propone di “svincolare una volta per tutte l’accesso a questo servizio educativo dal Pil pro capite delle Regioni e dei Comuni e di istituire un fondo unico e nazionale, sostenuto dalla fiscalità generale, per finanziare i nidi pubblici, in modo tale che almeno il 33% dei bambini tra 0 e 3 anni possa accedervi”.

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