Economia

Tutti pazzi per le bici: Atala vola, intervista al Ceo Massimo Panzeri

Panzeri: "Impossibile stare al passo con le richieste dei clienti: nel 2020 abbiamo registrato un più 38% e con portafoglio ordini che ha fatto un balzo del + 500%."

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Non ci sono più dubbi su quanto la bicicletta adesso sia di moda. È un trend in crescita. In questo frangente il mercato delle biciclette sta vivendo un rilancio che mai si era visto prima. I magazzini dei produttori sono vuoti e il portafoglio è pieno di ordini. Siamo andati ad intervistare a Monza nel quartier generale di via della Guerrina l’ingegner Massimo Panzeri, 52 anni (oggi) monzese, Amministratore delegato e socio di Atala S.p.A,  azienda fondata nel 1907. Oggi uno dei maggiori produttori di biciclette in Italia. Il marchio realizza tutti i tipi di biciclette ed e-bike oltre che home trainer. Nel palmares può annoverare di aver vinto la prima edizione del Giro d’Italia con Luigi Ganna nel 1909.

Di solito si parla dei sogni alla fine delle interviste quando si sono già snocciolati dati, traguardi e progetti, ma viste le premesse è giusto rivelare che il sogno di Atala di Massimo Panzeri è di arrivare in breve tempo alle dimensione di un’azienda tedesca produttrice di biciclette che mediamente fattura 150 milioni di euro. Le premesse, di questi tempi, ci sono tutte in quanto nel 2020 l’azienda ha fatturato 58 milioni euro e nel 2021 la previsione è 70-75 milioni di euro. Tre sedi produttive, ma è a Monza il cuore della realtà. Tutti i mezzi in carbonio sono fatti in Italia, mentre con due partner in Turchia e Tunisia producono quelli di fascia medio-bassa per un totale nel 2020 di 130mila mezzi.

 

Massimo Panzeri, si aspettava un boom di questo genere e soprattutto in un periodo come questo? Secondo lei da cosa è dovuto?

Onestamente no. Da una parte è vero che il mercato delle biciclette già nel 2019 stava crescendo più degli altri anni, parliamo di aumenti a doppia cifra in particolare della bici elettrica che faceva registrare un più 15%-20%, ma nel 2020 abbiamo registrato un più 38% e con portafoglio ordini che ha fatto un balzo del + 500%.  Noi oggi abbiamo ordini per 100 milioni di euro. I nostri magazzini sono vuoti perchè abbiamo già venduto tutti i mezzi a disposizione: normalmente avrei in deposito dalle 25-30mila bici, oggi se ne ho cento sono fortunato. Abbiamo scatoloni di componenti e parti di ricambio, ma nulla di più. Tra le cause sicuramente c’è stato il covid-19. Chiuse le palestre e le piscine in Italia e all’estero, restava poco altro consentito e tra queste attività l’andare in bicicletta era tra quelle. Inoltre con il Covid-19 sempre più persone hanno scelto di non prendere i mezzi pubblici e di muoversi in città in bici. Milano è invasa da biciclette. Noi registriamo una forte crescita delle tendenza ad usare la bici anche per fare il percorso casa-lavoro o casa-scuola. L’elettrico è il prodotto che sta facendo la parte del leone: sul totale prodotto un terzo sono a pedalata assistista e fanno il 75% del fatturato. Noi siamo i leader italiani del settore.

Oggi qual è l’identità del vostro mercato di riferimento? 

Noi vendiamo il 40% dei nostri prodotti online e questo ci ha aiutato anche durante lockdown del 2020 quando tutto era fermo. Noi vendiamo biciclette di fascia medio-alta e i nostri acquirenti sono passati anche grazie al diverso uso che ne viene fatto, cioè non più solo per svago, ma anche per andare al lavoro, dallo spendere in media 280 euro a testa a 650 euro per le bici non a pedalata assistita e da 1.200 euro a 2.500 per le elettriche. In Italia c’era il classico boom verso l’estate, adesso le bici si vendono tutto l’anno. Ed è così in tutta Europa. Le bici elettriche di fascia alta, ovvero quelle in fibra di carbonio, ne stiamo vendendo tante e persino in Cina.

Oggi state anche voi riscontrando delle difficoltà per l’approvvigionamento dei componenti? 

Sì, ma… In questo momento era per noi, come per tutti, impossibile rispondere puntualmente alla domanda. Abbiamo ampliato la produzione del 50% negli ultimi sei mesi, abbiamo assunto personale, incrementato le linee di montaggio, ma adesso come adesso oltre a quello che siamo in grado di fare, non è possibile per una questione proprio di limite produttivo. Noi abbiamo aumentato di un terzo, ma il mercato è aumentato del 500%, quindi è chiaro che si può soddisfare solo in parte. Ciò che è cambiato negli ultimi mesi è che oggi se uno è interessato ad uno specifico modello deve aspettare che venga prodotto.

 

Tutto questo ha quindi portato ad un aumento dei prezzi?

Ci sono adesso degli aumenti di prezzo, ma non sono dovuti a speculazioni dei produttori, ma per due motivi: le materie prime in questo sono molto care, cinque volte tanto, e c’è anche un balzo verso l’alto del costo dei trasporti. Se prima del covid spedire un container costava 2.000 dollari, oggi siamo intorno ai 9mila. Dal mese prossimo ci potrebbe essere un aumento dei prezzi del 5%.  

Le città sono pronte per questa invasione di ciclisti? Come produttori state partecipando alle decisioni prese per migliorare la mobilità dolce in Italia?

Noi facciamo parte dell’associazione ciclo e motociclo, ma per ora la forza del nostro settore è poca se paragonata a quella del mercato dell’auto. Sono anche vice presidente dell’associazione europea dei produttori ed è in Europa che si sta facendo di più. Purtroppo mai abbastanza.
A Milano, ma anche a Monza si sta facendo molto per incentivare l’uso della bicicletta. In generale bisogna dire che laddove c’è un sistema di piste ciclabili funzionanti, c’è una crescita forte della micro-mobilità. E’ anche vero che le corsie riservate devono essere continue e totalmente sicure: se si fanno solo dei tratti e altri restano pericolosi, le persone tenderanno a non utilizzarle. Se si pensa che tirare una linea per terra per riservare un pezzo di carreggiata, e quella la si vuole chiamare pista ciclabile, ci si sbaglia.  Questo è quanto devono tenere presente i comuni, oltre al fatto di cominciare a posizionare più stalli per i parcheggi.
E l’Italia, se si guarda al clima favorevole, ben si presterebbe a superare paesi come l’Olanda, dove l’uso delle due ruote è molto diffuso ed è la normalità. Parola di Massimo Panzeri.

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