Economia

Pmi in crisi, Galassi (Api): “I soldi del Recovery Plan non bastano, ci vuole un piano industriale”

In quest'ampia intervista ad MBNews, il presidente dell'associazione imprenditoriale, che rappresenta quasi 400 aziende a Monza e in Brianza, chiede un deciso cambio di passo alle istituzioni.

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Questi sono giorni cruciali per il Recovery Plan o, per dirla nella sua denominazione italiana, il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza). Dopo le tensioni all’interno della maggioranza, infatti, si è giunti alle battute finali con la discussione in Parlamento e l’invio alla Commissione europea della proposta dell’Italia per risanare l’economia del Paese dopo la batosta del Covid-19. Entro 60 giorni dovrebbe arrivare una risposta.

Se tutto andrà bene, la prima tranche, circa 24 miliardi dei 191,5 totali che Bruxelles erogherà al nostro Paese, arriverà entro luglio. Al massimo per la fine dell’estate 2021. L’attesa per il buon esito della complessa vicenda del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, da cui dipendono molte delle possibilità di sviluppo economico, sociale e culturale dell’Italia intera probabilmente per i prossimi decenni, è spasmodica anche a Monza e in Brianza. Dove l’alto tasso di imprenditorialità è legato per la quasi totalità alle Pmi.

Numerose critiche, preoccupazioni e qualche timida speranza, sul Recovery Plan e su quanto il Governo italiano ha fatto sino ad ora per consentire al sistema economico italiano, sono espresse, in quest’intervista ad MBNews, da Paolo Galassi, presidente dell’A.P.I. (Associazione delle Piccole e Medie Industrie). Che a Monza e in Brianza, dove è presente dal 1987, ha 390 aziende associate, per un totale di circa 6mila dipendenti.

Si tratta per il 90% di realtà manifatturiere e per il 10 % di imprese di servizio alla produzione distribuite in tutti gli ambiti produttivi: dal metalmeccanico all’edile, dal chimico al plastico, dal tessile al grafico e cartotecnico. Aziende che per il 70% sono esportatrici.

Presidente Galassi, a poco più di un anno dallo scoppio della pandemia, quali sono le difficoltà e le esigenze principali del sistema economico italiano in questa fase?

Le PMI stanno ancora aspettando delle risposte chiare e fattive. Nonostante siano l’asse portante del Paese, continuano ad avere un ruolo marginale nell’agenda politica. Ma le imprese si sono rimboccate le maniche, adeguate alle nuove misure di sicurezza richieste, hanno continuato a lavorare e, soprattutto, ad investire, per ripartire. Eppure gli imprenditori fanno fatica a capire quale sia la direzione che lo Stato intende prendere.

A cosa si riferisce in particolare?

Questa pandemia ha evidenziato e amplificato problematiche e necessità, per lo più strutturali che erano già in essere, da tempo, nel nostro Paese. A cominciare dall’esigenza di avere un piano strategico industriale, che a tutt’oggi non esiste. Sento le imprenditrici, gli imprenditori e i nostri collaboratori molto stanchi per l’impasse in cui si trovano lo Stato e gli enti locali.

Cosa si aspettano, dunque, le Piccole e medie imprese manifatturiere e di servizio alla produzione lombarde dal nuovo Governo?

Taglio del cuneo fiscale, semplificazione dei provvedimenti, commesse pubbliche attraverso l’avvio delle grandi opere in tempi rapidi, promozione e acquisto del Made in Italy, taglio della burocrazia, digitalizzazione, infrastrutture fisiche e informatiche, pagamento degli arretrati per le forniture e i servizi alla PA, ammodernamento della PA per portarla ai migliori standard europei, uso dei fondi europei per lo sviluppo delle imprese. Non è più possibile attendere, occorre agire in fretta.

Le PMI rischiano di soffrire più delle multinazionali gli effetti negativi della crisi generata dal Covid. Quali sono i settori più penalizzati, in particolare in Brianza?

Le associate presenti sul territorio di Monza sono per il 90% realtà manifatturiere, un settore che ha perso, nell’ultimo anno, oltre il 30% del fatturato. A questo si affianca, inoltre, la difficoltà di reperire materie prime che complica la lavorazione degli ordini, senza parlare dei loro costi che sono spesso raddoppiati. Ogni giorno la nostra associazione riceve richieste di supporto per l’attivazione di ammortizzatori sociali, per la gestione della tensione finanziaria o per la sicurezza sul lavoro. Le imprese rischiano il collasso e stanno pagando, in piena fase di emergenza, lo scotto di una politica industriale latente, che invece, oggi più che mai, dovrebbe essere in primo piano.

Come andrebbe gestita, secondo lei, l’attuale crisi?

Con misure straordinarie e con facilità di accesso agli strumenti proposti. Invece, basta vedere i ritardi nell’erogare la cassa integrazione e la mancanza di chiarezza e di norme univoche. La tempestività è oggi un fattore imprescindibile per salvare le imprese. La sensazione invece è che lo Stato continui a mettere delle “pezze” senza credere, fino in fondo, nella necessità di tutelare il patrimonio imprenditoriale italiano e soprattutto senza investire nel fare impresa, fonte di lavoro e ricchezza non solo per la Brianza e la Lombardia, ma per l’intero Paese.

L’export è tradizionalmente uno dei motori dell’economia italiana. Il calo stimato nel 2020 è a doppia cifra. Secondo lei quali sono le azioni da mettere in campo per il sostegno al Made in Italy?

L’export è l’elemento trainante per la crescita delle PMI lombarde. E’ di fondamentale importanza che il Governo si renda interprete delle eccellenze italiane nel mondo, varando, finalmente, anche qui, una politica industriale stabile e duratura di medio-lungo periodo, che dia agli imprenditori un indirizzo su cui fare scelte di business, avviando interventi strutturali volti alla valorizzazione del brand Italia e alla tutela degli interessi in UE. Questo consentirebbe alle PMI di prevedere una strategia di internazionalizzazione di ampio respiro e di strutturarsi, in generale, in maniera adeguata e non estemporanea.

Cosa intende dire nello specifico?

Servono maggiori certezze e più incentivi alla realizzazione di progetti quali trasformazione digitale, formazione e innovazione per sostenere la competitività delle imprese. In un progetto di sviluppo, bisognerebbe partire da ciò che si ha. Occorre rilanciare il turismo. Fornire delle idee per ripartire dalle PMI. Dobbiamo vendere meglio il nostro made in Italy. Non occorre vendere milioni di tonnellate. Quantità ridotte ma vendute bene, ad esempio facendo accordi con le multinazionali.

Il Governo Draghi recentemente ha approvato Decreto Sostegni e, in questi giorni, la discussione è sulla stretta finale per i 191,5 miliardi del Recovery Plan, che dovrebbero diventare 248 nel PNRR. Tutto questo può essere l’inizio di quel Piano Marshall che lei invocava quasi un anno fa?

Non vedo, anche in questo caso, una strategia su misura per le PMI, che rappresentano oltre il 99% delle imprese nel nostro Paese. Questo ci fa pensare che ci attendono altri anni di sacrifici e di tenuta dell’economia e dell’occupazione. Non bisogna solamente erogare soldi, ma costruire idee e prospettive. Alla luce di ciò, ci aspettiamo che il DL Sostegni sia rivisto. Lo stanziamento non è sufficiente a compensare l’impatto della crisi su un mondo così vasto come quello delle PMI.

Allo stesso modo, attendiamo che il PNRR sia uno strumento per moltiplicare i fondi dell’UE e non un documento con ritorni per pochi. Dobbiamo sostenere chi dà lavoro. È necessario, tra virgolette, “buttare” il Recovery Fund su chi lavora. Non solo per chi opera nei servizi, ma a chi fa il prodotto. Se l’economia non gira, se non ci sono soldi nelle tasche della gente, non ci saranno consumi e non si produrrà sviluppo.

La Lombardia è una delle Regioni più messe sotto accusa per ritardi ed inefficienze sul Piano vaccini. Sarebbe stato utile puntare di più sulla prevenzione dei lavoratori in modo da ridurre gli effetti di chiusure e zone rosse?

Auspichiamo un’accelerazione della campagna vaccinale affinché sia rapida e su larga scala. Una vera ripartenza delle attività imprenditoriali si potrà avere solo con una situazione pandemica sotto controllo. Per questo A.P.I. in questi giorni ha lanciato il progetto di assistenza per le imprese “campagna vaccinale Covid-19”. Lo abbiamo fatto soprattutto per la grande richiesta delle PMI associate. Infatti, gli imprenditori hanno a cuore la salute dei lavoratori e sono sempre in prima linea e, mi lasci dire, anche per supplire alle mancanze e ai ritardi della “macchina pubblica”. Le PMI, ovviamente e come sempre, copriranno quella parte di welfare che lo Stato non riesce, da tempo, più a garantire.

Come la vostra associazione sta pensando di operare sul fronte vaccini?

Anche se Governo e Regione Lombardia continuano a parlare di campagna di igiene pubblica, di pubblico ci sarà solo il vaccino. Tutto il resto sarà un costo a carico delle PMI (struttura organizzativa, medico, infermiere) e di A.P.I. per l’hub vaccinale e l’assistenza alle imprese associate. Ci stiamo organizzando tenendo conto delle diverse dimensioni delle associate in modo da tutelare tutte le imprese, non solo i privilegiati. Vaccinazione presso le aziende più grandi, sede di A.P.I. a Milano come centro vaccinale per quelle di minori dimensioni.

 

Foto gentilmente concesse dall’Ufficio stampa di Api.

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