Cultura

Monza e i luoghi manzoniani: quella targa in via Marsala dell’ex convento dei Cappuccini…

Nel cuore dell'attuale quartiere San Giuseppe, c'è una targa commemorativa che ricorda un istituto religioso protagonista nei Promessi Sposi. Un legame ormai dimenticato e lasciato nell'abbandono.

convento-cappuccini-via-marsala-mb (Copia)

Tra la chiesa di San Carlo, il Comando della Polizia municipale, la Coop e il vicino vecchio Ospedale San Gerardo è difficile immaginarsi oggi Lucia Mondella, protagonista femminile de “I Promessi Sposi”, che percorre solitaria e timorosa, l’attuale via Marsala a Monza. Eppure, se avete la pazienza di seguirci nel racconto e, poi, magari, il tempo di farvi una breve passeggiata, c’è ancora qualcosa, nel cuore dell’odierno quartiere San Giuseppe, che ci ricorda il punto in cui Alessandro Manzoni ha ambientato uno dei momenti di svolta narrativa del suo celebre romanzo.

A Monza, nell’attuale via Marsala, per l’esattezza al civico 44, dove la strada fa angolo con via Mauri, infatti, affissa ad un muro perimetrale e quasi nascosta tra gli alberi, c’è una targa commemorativa piuttosto malridotta dal tempo e dall’incuria. Su di essa c’è scritto: “Questo luogo già convento dei Cappuccini fu immortalato dall’arte dei Promessi Sposi. Rifugio di deboli, difesa di oppressi, esaltazione di umili su prepotenze e tempi vindice la benefica fede ai trionfi avvezza”.

Non c’è una firma, non c’è una data. Chissà, forse perché chi ha realizzato questa targa ha voluto trasmetterci il messaggio che la vera cultura, certamente rappresentata da “I Promessi Sposi”, uno dei romanzi in lingua italiana più famosi e letti, in fondo è eternamente di tutti.

LA FINZIONE

Le parole della targa posta in via Marsala, comunque, non lasciano dubbi sui due episodi della più celebre opera del Manzoni a cui si riferiscono. Il primo è narrato nel capitolo IX dei Promessi Sposi, quello in cui Lucia e sua madre Agnese, dopo essersi separate da Renzo, giungono a Monza, in questo caso non nominata esplicitamente, ma definita nel romanzo “Un borgo nobile e antico, al quale di città non mancava che il nome”.

Le due donne si dirigono proprio al convento dei Cappuccini. Che allora, a differenza di oggi, era posto un po’ fuori città. Qui le accoglie il padre guardiano a cui erano state mandate su suggerimento di padre Cristoforo. L’insolito terzetto che si è formato si dirige verso un altro convento, quello di Santa Margherita, in cui si trova suor Gertrude, la monaca di Monza. La scena, quindi, si sposta vicino alla “porta del borgo”, dove campeggiava ancora nel Seicento, quando sono ambientati i Promessi Sposi, un antico torracchione mezzo rovinato e un castello diroccato, quello Visconteo, di cui oggi, dopo gli abbattimenti di inizio Ottocento, non resta più nulla di originario.

Dopo il racconto della drammatica vicenda della Monaca di Monza, la narrazione torna, nel capitolo XX dei Promessi Sposi, a vedere protagonista l’ex convento dei Cappuccini di via Marsala. Perché suor Gertrude, al secolo Marianna de Leyva, Signora di Monza, come ricorda ancora oggi un vicolo del centro storico, manda Lucia dal padre guardiano per una commissione urgente e segreta. E’ in realtà una scusa perché la religiosa è in combutta con il suo amante, Egidio, storicamente identificato in Gian Paolo Osio, uomo di riferimento dell’Innominato, che aveva accettato di aiutare Don Rodrigo nel rapimento della promessa sposa di Renzo.

Lucia, che imbocca l’attuale via Marsala, descritta da Manzoni come “affondata, a guisa d’un letto di fiume, tra due alte rive orlate di macchie, che vi forman sopra una specie di volta”, al convento dei Cappuccini non ci arriverà mai. I bravi, infatti, riescono a rapirla e portarla via in carrozza fino al castello dell’Innominato.

LA STORIA

Se questa è la narrazione romanzesca, c’è poi una realtà documentata. Anche se è stato messo in dubbio che il convento dei Cappuccini, dove furono indirizzate Lucia ed Agnese, fosse davvero nel punto di Monza in cui è posta la targa commemorativa, è certo che nell’attuale via Marsala sorgeva un antico istituto religioso. Costruito nel 1530, fu ampliato nel 1611. Era, quindi, nel pieno del suo sviluppo tra il 1628 e il 1630, all’epoca della peste, quando Manzoni ambienta le vicende del suo romanzo.

A partire dall’Ottocento il convento è stato venduto e trasformato in villa privata. Nel corso dei decenni, il complesso, comprensivo di un giardino, viene anche tutelato da un vincolo storico. Ma questo non impedisce un progressivo stato di abbandono. Nel 2007 l’ex convento dei Cappuccini di via Marsala torna alla ribalta. Il Comune di Monza, infatti, nel Piano di governo del territorio, approva l’edificazione nel giardino di due palazzi di due palazzi da quattro piani ciascuno per complessivi 10mila metri cubi di appartamenti.

Da allora, in realtà, nulla si è mosso. E oggi, alle spalle del muro su cui è stata posta la targa commemorativa che si riferisce ai Promessi Sposi, si intravede, dietro una porta di legno semi distrutta, un giardino abbandonato ed un edificio incompleto. Tutto, insomma, è fermo da anni. E chissà per quanto tempo ancora.

Forse un giorno si capirà meglio che Monza, citata ben 31 volte nel romanzo di Manzoni, come sintetizzato in maniera straordinariamente comica dalla celebre interpretazione di suor Gertrude che ne ha fatto Massimo Lopez, può e deve essere un felice connubio tra Gran Premio di Formula 1 e la riscoperta, anche turistica, delle tracce presenti in città di una delle pietre miliari della letteratura mondiale.

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