Cultura

Desio: in città l’installazione “Istruzioni per essere come dio” di Giorgio Barbetta

L'opera, tre totem vuoti di circa 2 metri di altezza, fa parte di “Centrale”, festival di fotografia e arte contemporanea.

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Tre prismi alti quasi due metri rivestiti di foto scattate in diversi punti della città, dal 9 aprile al 9 giugno, l’installazione “Istruzioni per essere come dio” del desiano Giorgio Barbetta saranno in mostra negli spazi del Monkey Café, in via Camnasio 4, in prossimità della stazione FS. L’opera fa parte di “Centrale”, festival di fotografia e arte contemporanea con sede a Fano (PU), giunto quest’anno alla dodicesima edizione.

Dopo avere annullato l’edizione 2020 a causa della pandemia, il curatore e critico Luca Panaro, direttore artistico del festival, ha deciso di raddoppiare: oltre alla kermesse che si svolgerà a giugno a Fano riunendo, come ogni anno, alcuni degli artisti più interessanti del panorama italiano, nella sua versione “Around” il festival si propone di portare l’arte contemporanea nelle strade di tutta Italia.

Gli artisti selezionati infatti espongono opere create ad hoc nel proprio comune di residenza. Un’intelligente iniziativa, specialmente in tempo di zone rosse e arancioni: se le persone non possono arrivare all’arte, sarà l’arte ad andare da loro.

L’opera: tre totem vuoti di circa 2 metri di altezza in forma di prismi a base triangolare, quadrata e pentagonale. Ognuno riproduce idealmente un oggetto fotografato: un albero, un ombrellone chiuso e un palo dell’alta tensione.

Giorgio Barbetta, spiega così l’installazione: “Come sapete, “dio”, in quanto essere onnisciente, vede ogni cosa da tutti i punti di vista contemporaneamente. L’esterno dei prismi dell’installazione “Istruzioni per essere come dio” è prodotto quindi girando e scattando foto intorno agli oggetti. Dentro invece c’è tutto il mondo esterno che l’oggetto osserva dal suo punto di vista, girando le spalle a se stesso. Ed è così forse che siamo fatti noi: il fuori è dentro, e viceversa”.

E prosegue: “Il lavoro prende di mira l’idea che vedere sia qualcosa di assoluto e neutrale, idea tipicamente legata ai sistemi di sorveglianza. Nello stesso tempo allude per differenza a quanto la visione umana sia invece naturalmente incarnata, collocata, parziale e legata alla proliferazione di elementi testuali e immaginativi”.

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