Sociale

Monza: l’odissea dei tamponi anti Covid per una mamma e suo figlio autistico

"Sarebbe servita qualche accortezza in più nei riguardi di mio figlio e della sua disabilità. Un approccio più attento e delicato".

tamponi-drive-through

Quella di Anna (nome di fantasia), mamma di un bambino autistico di 8 anni, è stata un’autentica odissea tra le pieghe organizzative dei tamponi anti Covid-19. C’è stato un primo tampone per un caso di positività a scuola (risultato negativo), poi la richiesta di Ats di un secondo a domicilio, che alla fine è svanito nel nulla, dopo innumerevoli telefonate e arrabbiature. Il tampone è un test per lo più fastidioso, ma che per un bambino affetto da autismo, può trasformarsi in un dramma.

Una storia di burocrazia farraginosa, fragilità poco comprese, angosce amplificate da una quotidianità già di per sé complicata. Una storia degna di essere raccontata, ascoltata e diffusa, perché certi errori non si ripetano in futuro ad altre mamme, ad altri bambini con le stesse o altre disabilità.

L’odissea tamponi

“Mio figlio di 8 anni, affetto da autismo, frequenta lo Spazio Inclusione della scuola primaria Alfieri di Monza. Dal primo marzo i bambini sono rimasti a casa, a seguito di un caso di positività al Covid-19. A differenza delle volte precedenti, oltre all’isolamento cautelativo è stato richiesto, a tutti, il tampone. Mio figlio dunque, come gli altri, ha dovuto sottoporsi al test, una procedura per lui piuttosto invasiva. Non ama farsi avvicinare da nessuno. In ogni caso, lo ha fatto al drive trough di viale Sicilia. Quando è arrivato l’esito negativo, l’ho prontamente comunicato alla dirigente scolastica”.

“Dal 6 marzo, mio figlio non ha avuto contatti con nessuno. Il 15 marzo è arrivata un’altra circolare ATS in cui si diceva che avrebbe dovuto sottoporsi a un altro tampone a domicilio. A quel punto mi sono adirata. Ho chiamato il call center ATS dedicato alle scuole, ma non sono mai riuscita a prendere la linea: 115 chiamate, sempre occupato! Dalla disperazione ho chiamato il numero di ATS, via Boito, e lì finalmente ho parlato con una persona molto gentile che mi ha confermato che il doppio tampone in questi casi non è previsto“.

“Ha aggiunto che mi avrebbe fatta comunque chiamare da un sanitario, tuttavia quella chiamata non è arrivata e nessuno si è presentato a casa per il secondo tampone”.

Se pensate che a questo punto l’odissea di Anna e il suo bambino sia terminata qui, vi state sbagliando…

“Se dunque il 16 marzo nessuno si è più fatto vivo, in compenso il giorno successivo è stato un filo diretto con l’Ats di Monza. Prima una chiamata che confermava l’annullamento del tampone, poi una seconda (dopo mezz’ora) che invece confermava che andava fatto per una sorta di screening di tutti i bambini dell’istituto scolastico”.

“Nel pomeriggio in video lezione con la maestra di sostegno, ho chiesto chiarimenti: mio figlio col tampone negativo può rientrare a scuola? Alla fine mi hanno comunicato dalla presidenza che era necessaria una circolare dell’Ats, in alternativa sarebbe potuto bastare un antigenico. A quel punto lo prenoto, ma nel mentre arriva una terza e ultima chiamata, questa mattina, nella quale Ats mi conferma che il tampone è annullato definitivamente. Per consentire il rientro effettivo a scuola di mio figlio (il suo periodo di isolamento precauzionale è terminato il 17 marzo), questa persona si è accordata con la scuola, senza necessità di circolari”.

I fragili, le vere vittime del Covid

Una vicenda emblematica quella raccontata da Anna, che evidenzia come i soggetti fragili, di qualunque età, siano stati le vere vittime di questa pandemia. Dimenticati sovente dalle politiche sociali, da quelle economiche e talvolta non adeguatamente considerati dagli iter organizzativi, come in questo caso, legati ai test anti Covid-19.

“Al di là delle comprensibili complicazioni e dei ritardi, dovuti alla nuova recrudescenza della pandemia, a mio modesto avviso, sarebbe servita qualche accortezza in più nei riguardi di mio figlio e della sua disabilità. Un approccio più attento e delicato. Fare un tampone non è piacevole per nessuno, ma per un bambino affetto da autismo può diventare un trauma. E’ proprio per questo che ho scelto di raccontare quanto accaduto”, chiarisce mamma Anna.

“Infine aggiungo che molte delle complicazioni vissute da me, in prima persona, si sarebbero potute evitare se ci fosse stata maggiore trasparenza. Se gli iter e le motivazioni alla richiesta di ulteriori tamponi fossero stati chiari, avremmo gestito la situazione anche con maggior serenità. Questo naturalmente vale per tutti, a maggior ragione per chi, come me, vive una condizione familiare più complessa”.

Foto di repertorio MBNews

MBNews è anche su WhatsApp. Clicca qui per iscriverti al canale e rimanere sempre aggiornato.