Economia

Sempre meno persone cercano lavoro: la fotografia occupazionale della Brianza

La fotografia occupazionale scattata da Istat e commentata con gli occhi della Brianza da Enzo Mesagna, segretario, con delega al mercato del lavoro della Cisl Monza Brianza Lecco.

lavoro-computer3-free-web

La fotografia sullo stato occupazionale della provincia di Monza e Brianza è un po’ in chiaroscuro. “Nel corso del 2020, da una parte abbiamo registrato un calo del 16.9% del numero degli avviamenti e dall’altra ci siamo trovati di fronte comunque a un saldo positivo nel rapporto avviamenti/cessazioni, grazie al blocco dei licenziamenti, che ha fatto un po’ da argine contenitivo per gli effetti della crisi”, spiega Enzo Mesagna, segretario, con delega al mercato del lavoro della Cisl Monza Brianza Lecco.

“Ciò emerge anche dai dati occupazionali Istat, che registrano una diminuzione importante del tasso di disoccupazione: dal 7% del 2019 al 4,9% del 2020. Un miglioramento che si evidenzia per entrambi i sessi, ma in particolare per le donne, che passano dal 9% al 6%, mentre gli uomini calano dal 5,3% al 4%. Diminuisce naturalmente anche il numero dei disoccupati in numero assoluto: si passa dai 29 mila del 2019, ai 20 mila del 2020. Anche in questo caso a perdere maggiormente sono gli uomini, che dai 12 mila del 2019 sono diventati 9 mila nel 2020; mentre le donne sono passate da 17 mila a 11 mila circa. E’ altresì importante chiarire che per l’Istat il disoccupato è quella persona di età compresa tra i 15 e i 74 anni che si sta attivando per ricercare un lavoro, quindi non il disoccupato completamente inattivo“.

Sempre meno persone cercano un impiego

“Diminuisce il tasso di disoccupazione e di pari passo va il tasso di occupazione: dal 68.4% del 2019 scende al 68% del 2020. Questo calo è registrato soprattutto negli uomini, che passano dal 76.5% al 73.9%, mentre le donne migliorano un po’ andando dal 60,2% al 62,1%. Gli occupati diminuiscono in valore assoluto, passando da 390 mila a 387 mila. Anche in questo caso, va specificato che l’Istat considera occupata la persona che svolge almeno un’ora di lavoro retribuita, oppure se non retribuita, che lavora nell’azienda familiare. Non bisogna poi dimenticare che nel corso del 2020 sono stati circa 60.000 gli avviamenti con contratti di carattere precario”.

“E allora cosa vuol dire se cala la disoccupazione, ma allo stesso tempo cala anche l’occupazione? Significa che ci sono sempre meno persone che stanno cercando un impiego. Un dato all’apparenza positivo dunque, che se analizzato più in profondità mostra l’ennesima criticità che il mondo del lavoro sta attraversando”.

Cala anche la forza lavoro (somma lavoratori occupati e quelli in cerca) passando da 419mila a 407mila, ovvero 13.000 persone in meno, così come crescono le persone inattive, cioè quelle che non lavorano e non cercano, che vanno da 147mila a 158mila. Aumenta il tasso di inattività anche delle donne, seppur di poco: dal 51,8% al 52,1%. Questo fenomeno è ancora più forte se diamo uno sguardo solo alla fascia giovanile, 15/24, dove il tasso di inattività arriva al 78,6%, perché ovviamente include tutti i giovani che vanno a scuola”.

“Ma quali sono le ragioni che hanno fatto diminuire il tasso di disoccupazione? Sostanzialmente sono due: la prima, come accennato in apertura per effetto del blocco dei licenziamenti, la seconda riguarda il fatto che ci sono meno persone che si mettono in gioco alla ricerca di un impiego. Una scelta, quest’ultima, che può rispondere principalmente a due ordini di realtà: da un lato ci sono le donne, che con i figli a casa, la DAD e tutte le altre necessità familiari ancora a carico loro, sono spesso costrette ad abdicare sul proprio posto di lavoro, dall’altro la rinuncia alla ricerca è il frutto di centinaia di porte chiuse in faccia. Condizione da cui scaturisce un ennesimo problema: il fatto che parte di queste persone, apparentemente fuori dal mondo del lavoro, finiscono in realtà nella rete del lavoro nero“.

La pandemia accelera il fenomeno Neet 

“Dall’altro ci sono i giovani, che né studiano, né cercano lavoro. Un fenomeno, quello dei Neet, che esisteva già prima della pandemia e che il Covid sembra aver accelerato. Nella fascia 15/34 anni, si registrano 356.000 giovani che non sono impiegati e nemmeno studiano, con un incremento pari al 16/17% rispetto all’anno precedente, in cui erano 297.000″. 

Formazione lavoro a partire dalla scuola

“Quello che bisognerebbe fare? In primis trovare la chiave per far ripartire il mercato del lavoro, altrimenti non basteranno gli incentivi e gli sgravi previsti dalla legge di Bilancio, le aziende non si sentiranno comunque in grado di investire su nuove assunzioni. In secondo luogo, è fondamentale focalizzarsi concretamente sulle politiche attive, che in questo particolare momento storico devono assumere un ruolo d’importanza strategica. Poi c’è la formazione, un punto centrale per la vera ripresa dell’economia: deve partire dalla scuola, per ridurre il fenomeno dei Neet. A tal proposito, sarebbe opportuno dar vita a un vero e proprio sistema che accompagni e orienti i giovani studenti nel passaggio tra la scuola e il mondo del lavoro. Qualcosa di simile era stato creato con l’alternanza scuola-lavoro, progetto poi arenatosi col Governo giallo-verde”.

Foto: Pixabay

MBNews è anche su WhatsApp. Clicca qui per iscriverti al canale e rimanere sempre aggiornato.
leggi anche
giovani-studenti-freeweb
Scuola
Vimercatese, un finanziamento di 35mila euro per progetti di inserimento lavorativo dei giovani a cura di enti no profit