Salute

Monza, San Gerardo: un anno di Covid-19. Intervista al direttore Alparone [Tutti i dati]

Una lunga intervista che ripercorre grazie ai dati i punti salienti di un intero anno trascorso e gestito in piena emergenza sanitaria, all'interno del nosocomio monzese.

covid-coronavirus-san-gerardo-by-Martina-Santimone-04

Domani, 21 febbraio 2021, sarà trascorso un anno dal giorno in cui l’Italia scoprì il primo paziente positivo al Coronavirus. Un anno, il 2020, travolto quasi interamente dalla peggior crisi sanitaria ed economica dal secondo dopo Guerra. Dopo la Cina, la Lombardia, è stata teatro del primo grande focolaio Covid-19 d’Europa. Il San Gerardo di Monza è stato tra i primi ospedali della regione, come numero di pazienti Covid-19: oltre 1700 nella prima fase, 3123 nella seconda.

Un lavoro immenso, una corsa contro il tempo, in cui anche il miglior piano di gestione dei livelli di rischio, nel corso della seconda ondata, è entrato in crisi. Una struttura fatta di medici, infermieri, operatori sanitari e una direzione, che ha cercato in tutti i modi di non lasciare indietro niente e nessuno, nonostante il carico enorme di pazienti, di molto superiore alla gran parte degli altri ospedali.

Con il direttore generale dell’Asst di Monza, Mario Alparone, abbiamo ripercorso i punti salienti dell’anno Covid-19 al San Gerardo. Non abbiamo scelto semplici domande, ma scenari, per riportare alla luce non solo numeri, ma anche ricordi ed emozioni. Un’intervista diversa, per un anno tutt’altro che normale.

Prima ondata Covid, un autentico tsunami, che ha visto il San Gerardo in prima linea con oltre 1700 pazienti, di cui 350 provenienti da altre provincie in estrema difficoltà. 

“Sono stati esattamente 1761 i pazienti gestiti dal nostro ospedale, durante la prima ondata, ovvero dal 20/02/20 al 30/06/20. Nel corso della seconda (dall’1/07/20 al 31/12/20) sono stati 3123, con una incremento del 77%. A questa crescita esponenziale hanno fatto da contraltare le riduzioni del tasso di decessi, passato dal 23% al 12%, e della degenza media, diminuita da 13 giorni e mezzo a 8 giorni e mezzo”.

“Il San Gerardo si colloca tra le prime due aziende, in Regione Lombardia, in termini di gestione dei pazienti Covid-19. In fase 1, sono stati gli ospedali di Brescia e Cremona ad avere un numero maggiore di posti letto dedicati, mentre nella fase 2 è stato solo Varese ad averne di più.

Il San Gerardo arriva persino in Svezia. Un servizio alla Tv svedese mostra l’efficiente organizzazione delle terapie intensive Covid del nosocomio brianzolo.

“E’ arrivato un giornalista dalla Svezia a Monza, in auto, visto che eravamo in pieno lockdown e non c’era altro modo per viaggiare. Si è presentato in assetto da guerra nucleare! Ovviamente in quel periodo in Svezia stavano adottando un approccio tutt’altro che restrittivo. Infatti alla fine del reportage, dopo avergli mostrato la gestione dell’unità di crisi e le terapie intensive, mi ha chiesto come avrebbero dovuto agire nel suo Paese. Io ho replicato senza esitazione: ‘Preparatevi!’ E in effetti poi lo tsunami è arrivato anche da loro”.

La graduale riapertura post Fase 1 e il recupero delle prestazioni sospese a causa dell’emergenza sanitaria.

“Al termine della prima fase, a giugno, ci siamo trovati con 54 mila prestazioni ambulatoriali che erano state sospese, il 95% di queste sono state recuperate, il 71% entro i tempi di attesa. Nella fase 2, abbiamo avuto solo 15mila prestazioni accumulate non urgenti, che stiamo recuperando in un mese e mezzo, due”.

“C’è un terzo dato, ancor più esaustivo, che riguarda la riduzione delle prestazioni che abbiamo avuto da gennaio a luglio: rispetto alla media di regione Lombardia, siamo assolutamente in linea, nonostante siamo stati tra i primi ospedali più coinvolti nella gestione dei pazienti Covid. Ciò significa che noi abbiamo fatto molto di più. Se poi misuriamo questo valore a dicembre del 2020, ci troviamo in una posizione migliore rispetto alla media regionale. Sono numeri rappresentativi, non solo dello sforzo immane che questa struttura ha messo in atto per gestire la pandemia, ma anche della volontà di recuperare nel minor tempo possibile il pregresso, non appena il virus ha placato la sua forza. In buona sostanza la nostra azienda ha gestito molti più pazienti degli altri ed è riuscita a recuperare moltissimo, più di quello che è stato perso in media dalla regione”. 

Un ospedale ad alto tasso di sicurezza: soltanto un 5% dei dipendenti è risultato positivo, il valore più basso della Lombardia, che ha avuto una media dell’11%.

“Per ottenere questi ottimi risultati sono stati fondamentali i protocolli adottati. Noi siamo stati i primi a effettuare tamponi su dipendenti asintomatici che lavoravano a contatto con pazienti fragili. In Fase 1 abbiamo effettuato 4027 tamponi totali, su Monza e Desio, con un tasso di positività del 6%. Sugli asintomatici abbiamo fatto 1132 tamponi con un tasso di positività del 3,3%. Sono stati testati anche gli operatori che sono passati da reparti Covid a quelli Covid Free: su 456 tamponi totali, solo 9 sono risultati positivi. Ecco perché dai controlli effettuati nel nostro ospedale soltanto il 5% è risultato positivo, quando gli altri nosocomi che hanno gestito un numero importante di pazienti come il nostro, hanno avuto un tasso tre volte superiore”.

“In Fase 2, essendo al centro della pandemia, abbiamo effettuato 10mila tamponi, con una positività del 5,3%. Nei reparti con pazienti fragili ne abbiamo fatti 4523 con una positività dell’1,9%. Abbiamo inoltre elevato ulteriormente i livelli di sicurezza, disponendo l’utilizzo esclusivo delle mascherine Ffp2. Nonostante tutto ciò, abbiamo avuto oltre 400 operatori contagiati, che però avrebbero potuto essere 4 volte tanto, se non avessimo adottato questa politica di sicurezza così stringente”.

Il 19 ottobre inizia di nuovo la sospensione delle prestazioni ambulatoriali e chirurgiche. Il ritorno della paura e la nuova ondata. Allarme del sindaco di Monza: “Noi come Bergamo 6 mesi fa”. A novembre il San Gerardo è sovraccarico, non arriva la tanto attesa solidarietà dagli ospedali aiutati nella prima ondata. Si passa alla richiesta dell’esercito.

“E’ doveroso sottolineare che, nel corso del 2020, il San Gerardo ha assunto 250 persone, che chiaramente non hanno potuto coprire le 400 assenti, ma di sicuro hanno mitigato parzialmente la situazione di emergenza. La richiesta dell’esercito quindi, sostenuta con forza anche dal sindaco, Dario Allevi, col quale c’è un’ottima collaborazione, ha avuto un preciso significato, ovvero lanciare un segnale d’allarme: il San Gerardo è al centro della seconda ondata e ha bisogno di supporto, di far trasferire i pazienti ad altri ospedali. L’esercito è poi arrivato con 10 medici e 20 infermieri: sono stati il simbolo della nostra richiesta d’aiuto”.

“E’ altresì importante precisare che noi abbiamo raggiunto la saturazione a fine ottobre, non perché non abbiamo saputo gestire i livelli di rischio, ma perché è scoppiata una bomba davvero incontrollabile e purtroppo il supporto dalle altre provincie è arrivato tardi”.

Poi è arrivato il tempo dei vaccini, le prime vere armi contro il Covid-19.

“Anche in tema vaccini, non abbiamo perso tempo: in Fase 1 avevamo 10mila persone da vaccinare: siamo partiti il giorno del V-day, il 27 dicembre, e al 18 gennaio avevamo già vaccinato il 97% delle persone. Per la Fase 1-bis, al 18 al 23 febbraio ne vaccineremo altre 3.600 e poi dal 24 partiremo con 9mila over 80”.

Dopo il graduale svuotamento dei posti letto, è tempo di una nuova rinascita: la sperimentazione del vaccino tutto italiano di Rottapharm-Takis varcherà l’ingresso del San Gerardo, per trattare il primo paziente nell’ambito dello studio di Fase 1, il primo marzo 2021. (Qui anche l’intervista la prof. Rovati)

“Oltre al legittimo orgoglio italiano e monzese, è molto interessante perché è un vaccino a DNA, ciò significa, in parole molto semplici, che può essere modificato in funzione delle varianti. Un’arma addizionale di grande importanza in un momento come questo in cui proprio le varianti si stanno moltiplicando, mettendo nuovamente a rischio il controllo dell’emergenza sanitaria. Al San Gerardo avremo non solo la Fase 1, ma anche la Fase 2, che se tutto dovesse procedere senza intoppi, si concluderà entro l’autunno”.

Quale sarà il prossimo capitolo del San Gerardo?

“Ora il San Gerardo deve partire con una nuova strategia: puntare sulla ricerca applicata alla clinica, che poi è il percorso cardine per il riconoscimento Irccs. Solo per citare alcuni degli studi avviati con la pandemia, degno di nota è il progetto Storm, Studio osservazionale sulla storia naturale dei pazienti ospedalizzati per Sars-Cov-2, la ricerca sull’importanza dell’impiego della pronazione, lo studio sul corretto utilizzo dei caschi C-pap… Naturalmente non ci occupiamo soltanto di ricerche in ambito Covid, al momento sono in corso 535 studi in totale”.

“In conclusione, ci terrei a sottolineare un punto, a mio avviso, importante: ritengo che la strategia di gestione ospedaliera dovrebbe preservare i nosocomi di alta eccellenza e quindi cercare di ridurre il loro carico di pazienti di Covid, diversamente le patologie rilevanti, che trovano assistenza esclusivamente in questi ospedali, restano inevitabilmente indietro”.

Foto di repertorio MBNews

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