Opinioni

Morire per gioco con TikTok, quello che scuola e genitori possono fare

Pericoli in rete non si risolvono (solo) a livello tecnologico. Riflessione con l'On. Massimiliano Capitanio.

massimiliano capitanio foto 2021

Dopo l’ultimo fatto di cronaca ospitiamo la lettera scritta dall’Onorevole Massimiliano Capitanio (Lega) circa il ruolo e l’importanza che la famiglia e le istituzioni possono avere per contrastare i pericoli della rete per i minorenni.

“Ho letto non senza ansia la notizia dell’alunno di una scuola primaria brianzola che ha rischiato di soffocare dopo aver trattenuto a lungo il fiato. Dice di averlo fatto per “sfida”. Dopo la morte di Antonella, la bambina palermitana di 10 morta “per gioco” con una cintura stretta alla gola, i riflettori si sono di nuovo accesi sulle folli competizioni a cui bambini e adolescenti partecipano attraverso i social. Oggi si parla di Tik Tok, ma purtroppo l’emergenza non è recente, né tantomeno causata dalla noia da lockdown.
Il 6 settembre del 2018, a Milano, Igor Maj, un ragazzo di 14 anni, veniva trovato impiccato nella sua camera: pochi minuti prima aveva guardato cinque video di “sfide” estreme su Youtube.
Tik Tok, Youtube, Facebook, Instagram, 7, 10, 14 anni: la sostanza non cambia. Ho messo tra virgolette le parole sfida e gioco proprio perché oggi l’emergenza, prima ancora che tecnologica, è culturale e sociale. Chi compie gesti estremi, sia esso un soggetto assolutamente normale oppure problematico, crede di partecipare a una “sfida” o a un “gioco”, ma il più delle volte sta semplicemente lanciando una richiesta di aiuto o di attenzione alla famiglia, agli insegnanti, ai compagni di classe, agli amici. Si compiono gesti estremi, ma sarebbe meglio dire stupidi e inutili, da una parte per dire “ci sono anche io” e dall’altra per sfamare la distorta e patologica cultura del “like”. Quel “like” vuoto, effimero, spesso falso che, spesso, non ha avuto il contrappeso reale di una carezza, di un complimento, di un gesto di responsabilizzazione, di un’ora dedicata, di una sorpresa, di un gioco fatto insieme.

Se crediamo che il problema sia risolvibile a livello tecnologico, stiamo prendendo un pericoloso abbaglio. Proprio ieri, dalla Camera dei Deputati, ho partecipato a una riunione in streaming con Theo Betram, direttore Europa per le pubbliche relazioni di ‎TikTok. La piattaforma cinese, attraverso algoritmi e intelligenza artificiale, solamente nei primi 6 mesi del 2020 ha rimosso 104 milioni (centoquattro milioni!) di video che violavano le policy aziendali e, probabilmente, le leggi. Un numero mostruoso che rappresenta una goccia nel mare. Dal 9 febbraio il Garante per la Privacy ha imposto a Tik Tok di bloccare gli utenti con meno di 13 anni. Quanti genitori, che stanno leggendo questa lettera, hanno figli che usano Tik Tok in barba a questa disposizione? Primo perché, per visualizzare i video, non serve l’iscrizione ma è sufficiente scaricare l’applicazione. In secondo luogo, perché, per quieto vivere, molti genitori hanno iscritto i figli con una data di nascita fasulla o con le proprie generalità.
Anche in questo caso la risposta è in una formula tutt’altro che vuota: patto educativo di corresponsabilità. Per evitare che bambini ed adolescenti cadano nel buco nero della rete e delle piattaforme serve una forte alleanza tra famiglie e scuola. Ognuno deve fare la sua parte. Dal 2019 è legge il ritorno dell’educazione civica sui banchi di scuola, legge di cui sono orgogliosamente primo firmatario. Sono previsti esplicitamente percorsi di educazione alla cittadinanza digitale (ne abbiamo avviato uno molto stimolante e innovativo a Giussano, sto lavorando su un progetto per Concorezzo e altri Comuni della Brianza) che potrebbero trasformarsi in momenti formativi anche per insegnanti e famiglie. I Comuni possono giocare un ruolo fondamentale nel promuovere incontri e formazione. Si badi bene: i social non sono un male da estirpare. Senza formazione e consapevolezza, però, sono pericolosi. E’ come far guidare un’auto a un ragazzino di 11 anni. Sicuramente andrà a schiantarsi. Il problema non è l’auto, è la mancanza della patente e dei controlli. Ai genitori, come lo sono io (e testimonio la difficoltà anche per me di passare dalle parole alla pratica) consiglio la lettura del libro. “Smartphone, 10 ragioni per non regalarlo alla prima Comunione (e magari neanche alla Cresima)”,La dittatura, a volte letale, dei social, si vince con una rivoluzione culturale, sociale, educativa e psicologica. Non c’è più tempo da perdere.

Lettera dell’Onorevole Massimiliano Capitanio capitanio_m@camera.it

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