Salute

Via alla nuova Asst Brianza, Cgil: “Manca il confronto, così si perde un’occasione”

In un'intervista ad MBNews Franco Stasi, segretario del sindacato di via Premuda, chiede a Regione Lombardia di ascoltare le parti sociali e i sindaci. Diversi i temi in ballo: dalla medicina territoriale alla cronica carenza di organico.

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Siamo ancora nel tunnel Covid-19 a quasi un anno dal primo contagio ufficiale in Italia. Negli ultimi mesi, però, sono scomparsi quasi del tutto, un po’ come i cartelli “andrà tutto bene” che erano appesi ovunque durante il primo lockdown, anche i tanti attestati pubblici di stima e gratitudine nei confronti di medici, infermieri e personale sanitario.

Non più eroi, insomma, termine comunque spesso impropriamente adottato durante la prima ondata della pandemia, ma sempre e comunque in prima linea nel combattere il Coronavirus. Anche nel nostro territorio. Dove, oltre al Covid, con i suoi numeri ancora rilevanti, negli ospedali si sta affrontando pure la riorganizzazione delle Asst (Azienda socio sanitaria territoriale) locali. Con la fusione dell’ambito distrettuale di Desio nella Asst di Vimercate per la nuova Asst della Brianza, di cui fanno parte anche Limbiate, Cesano Maderno, Bovisio Masciago, Varedo, Muggiò, mentre rimangono di pertinenza della Asst di Monza, oltre al Comune capoluogo, anche Brugherio e Villasanta.

Cambiamenti che, secondo quanto ha dichiarato Franco Stasi (nella foto in alto) in un ampio intervento sul sito della Cgil di Monza e Brianza, non prevedono un potenziamento della rete sanitaria territoriale. Il segretario del sindacato di via Premuda, arrivato a Monza ad ottobre scorso, dopo una lunga militanza in diverse Camere del Lavoro lombarde, in quest’intervista ad MBNews denuncia la mancanza di ascolto da parte di Regione Lombardia. Che “ha deciso il riassetto della sanità monzese e brianzola senza recepire le istanze territoriali e le proposte delle organizzazioni sindacali” afferma Stasi.

Il confronto con la giunta Fontana sulla costituzione della nuova Asst Brianza non è mai decollato né con le parti sociali né con i sindaci del territorio ed in questo modo si rischia di perdere un’occasione – sostiene il segretario della Cgil di Monza e Brianza – noi, insieme a Cisl e Uil, abbiamo fatto nei mesi scorsi delle proposte di merito, che pensiamo debbano essere sperimentate, sul rafforzamento della medicina pubblica territoriale, sulla revisione della legge n.23/2015, che si è rivelata nei 5 anni di sperimentazione fortemente inadeguata e sulla carenza di organico ormai in atto da anni”.

Dall’inizio di gennaio, dopo le fasi di studio e di analisi, la nuova Asst della Brianza e quella di Monza sono ufficialmente partite. A che punto è la fase operativa?

Sono tante ancora le cose da definire nel concreto. Non si capisce ancora, ad esempio, chi dovrà gestire la nuova Asst della Brianza. Se ancora in capo agli attuali vertici dell’ASST di Vimercate. Basti pensare alle recenti indiscrezioni giornalistiche riguardanti la permanenza nell’incarico dell’attuale direttore generale.

Ci sono forti critiche rispetto a come è stata gestita la riorganizzazione che arrivano non soltanto dalla parte sindacale, che anche prima del Covid-19 aveva presentato documenti, iniziative e proposte operative, ma anche da parte di molti sindaci dei Comuni della nostra Provincia, che in quanto autorità sanitaria sono deputati a gestire le emergenze. Chiediamo con forza a Regione Lombardia di aprire un confronto dal “basso” per non perdere l’occasione di rafforzare la sanità pubblica e territoriale.

Quali sono le vostre richieste principali, anche sulla scorta delle criticità emerse soprattutto in Lombardia con la pandemia, poi con la campagna di vaccinazione antinfluenzale ed ora con quella per i vaccini anti-Covid?

E’ necessario lavorare per una riforma degli assetti socio‐sanitari territoriali nell’ambito di una verifica più ampia della legge n.23/2015, su cui anche il Ministero della Salute ha espresso perplessità e la Regione Lombardia si è impegnata ad una revisione critica.

Bisogna sperimentare nella nostra provincia, con interventi strutturali, un nuovo modello socio‐sanitario che punti sui presidi territoriali e non sia orientato solo sugli ospedali, dove c’è una cronica e pregressa carenza di organico, rafforzata dall’aumento dei contagi tra il personale sanitario nella seconda ondata della pandemia e non certo compensata dall’arrivo dei medici ed infermieri dell’Esercito.

Chiediamo, inoltre, il rafforzamento delle Usca (Unità speciali di continuità assistenziale), che ora non sono assolutamente sufficienti, degli infermieri di comunità e una legge sulla non autosufficienza per garantire il diritto alla salute anche alle persone più fragili.

A vostro giudizio quali sono le azioni concrete che Regione Lombardia dovrebbe mettere in campo al più presto sul fronte delle politiche sanitarie?

Prima di tutto dovrebbe cambiare il proprio metodo di approccio ad una tematica così importante. Non si può far finta che vada tutto bene, è necessario fare autocritica, ammettere le proprie responsabilità e capire che su alcuni aspetti bisogna intervenire con urgenza. Prima della pandemia avevamo proposto agli assessorati di Regione Lombardia l’organizzazione di una apposita sessione degli “Stati Generali” sulla sanità brianzola, ma il nostro invito a raccogliere tutte le idee e condividere strategie di miglioramento efficaci è rimasto inascoltato.

A livello locale la Cgil, insieme a Cisl e Uil, ha chiamato in causa anche la Prefettura per cercare di fare fronte comune sulla sanità. Quali le ultime novità?

 Prima di Natale abbiamo chiesto e ottenuto dal Prefetto di Monza l’attivazione di un tavolo di confronto per monitorare i dati del contagio. L’Ats e le Asst di Monza e Vimercate si sono impegnate a presentare settimanalmente dei bollettini per analizzare l’andamento della situazione. Con la Prefettura c’è massima collaborazione anche per il tavolo che riguarda il trasporto pubblico e la scuola, altro tema molto delicato con il ritorno degli studenti in aula anche in Brianza.

Sui vaccini anti-Covid, che sembrano essere l’unica vera arma contro la pandemia, qual è la posizione del sindacato in merito ai ritardi e alle contraddizioni attuali?

Per la Cgil vaccinarsi è un atto doveroso di responsabilità. I vaccini, come la salute, sono un diritto garantito dalla Costituzione. Per questo non possiamo accettare che ci siano persone, territori o settori privilegiati come paventato dall’assessore lombardo al Welfare, Letizia Moratti. Il piano vaccinale nazionale, che determina le priorità per alcune fasce di popolazione, è stato validato dalla Conferenza Stato Regioni e, conseguentemente, va assunto e reso esigibile senza alcuna modifica né riguardo a PIL/ricchezza né corsie preferenziali per i luoghi di lavoro.

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