Salute

Il sindacato degli infermieri NurSind dona 3000 saturimetri, ma chiede più tutele per la categoria

“Infermieri in lockdown psicologico, molti vanno in pensione”

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Un saturimetro per gli infermieri e le ostetriche del NurSind, il più grande sindacato degli infermieri. È questo il dono che il NurSind ha fatto ai suoi iscritti. Oltre 3.000  i saturimetri distribuiti a Monza e Milanooltre 10.000 su tutto il territorio regionale.

“All’inizio dell’anno è nostra consuetudine omaggiare i nostri iscritti con un gadget, certi che il NurSind si prende cura di chi si prende cura – spiega Donato Cosi, segretario territoriale NurSind Monza e Brianza, e dirigente nazionale NurSind -. Quest’anno, più che mai, il dono ha un valore particolare. A un anno dall’inizio della pandemia, che è proprio scoppiata nella nostra regione e che a più ondate ha messo in ginocchio numerose province lombarde, abbiamo voluto dotare i nostri iscritti, e quindi anche le loro famiglie, di quel saturimetro che è strumento essenziale per la lotta contro il Covid”.

Nel 2020 gli infermieri lombardi hanno lottato in prima linea nei reparti Covid, alcuni sacrificando la loro vita e molti altri riportando ferite fisiche e psicologiche che ancora oggi minano la loro salute.
Sono quasi una settantina in tutta Italia gli infermieri morti a causa del Covid, qualcuno si è tolto la vita non riuscendo a sostenere il grande peso psicologico che questa emergenza sanitaria ha scatenato.

“Il 2020 è stato un anno che non ci ha lasciato respiro – prosegue Cosi -. Infermieri costantemente in trincea, senza ferie, senza riposi”. Questa mole di lavoro ha creato effetti, soprattutto psicologici, molto importanti.

“Registriamo un alto numero di colleghi che vive una situazione di disagio. Non abbiamo numeri o percentuali: tutto è nuovo rispetto a prima. Tantissimi sono coloro che soffrono di insonnia, ansia, depressione. C’è un diffuso senso di svuotamento, generato da quanto vissuto in prima linea. E accanto a questo sentimento di profonda desolazione aumentano anche i casi di irritabilità, generata da una stanchezza fisica e mentale mai recuperata”.

Chi può va in pensione, sfruttando la quota cento oppure opzione donna. Qualcuno, pur rimettendoci economicamente, ha preferito licenziarsi invece di tornare nell’inferno della corsia.
“Anche in questo caso non abbiamo numeri e percentuali, ma sono tanti i colleghi che, pur non avendo maturato i numeri per andare in pensione, o essendo ancora in forze per continuare l’attività, dopo la pandemia hanno deciso di ritirarsi”.

Donato Cosi è  preoccupato per questa condizione psicologica di molti colleghi degli ospedali lombardi. “Purtroppo, a un anno di distanza, non ci si è ancora resi conto del disastro e delle vittime che la pandemia ha generato. Vittime che non si contano solo tra i colleghi che purtroppo hanno perso la vita, ma anche tra coloro che avendo superato l’emergenza presentano profonde ferite”.

Sono migliaia in Lombardia gli infermieri “mutilati” dal Covid. “Alcuni ospedali hanno attivato anche i servizi di counseling, ma sono pochi e spesso non vengono neppure pubblicizzati. Il problema è che accanto allo psicologo è necessario anche un cambiamento di rotta concreto all’interno delle aziende ospedaliere. Non servono buone parole se poi l’infermiere, al termine della seduta, si trova nuovamente catapultato nell’inferno della corsia”.

Adesso la situazione negli ospedali lombardi è apparentemente calma. “Il problema è che se dovesse scoppiare nuovamente la pandemia saremmo ancora di fronte a un esercito di colleghi stanchi e svuotati. Le assunzioni durante l’emergenza Covid sono comunque a tempo determinato, a scadenza annuale”.

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