Economia

Riforma ammortizzatori sociali, Cgil MB: “Un sistema universale legato alle politiche attive”

Il sindacato di via Premuda, in una tavola rotonda on line, ha analizzato il come migliorare le tutele e i diritti dei lavoratori, soprattutto precari. La crisi di Governo sta bloccando la discussione sul tema.

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Non bastava il Covid-19, ora è arrivata anche la crisi di Governo, con le dimissioni del premier Conte, a rendere più incerto il mercato del lavoro italiano. Non si tratta “solo” di aziende che rischiano la chiusura e di dipendenti che perderanno il loro impiego, ma anche della riforma degli ammortizzatori sociali. Che, annunciata da tempo dalla Ministra del lavoro e delle politiche sociali, Nunzia Catalfo, con tanto di bozza ancora da definire nei costi e nelle coperture, ora è vittima di un inevitabile stop.

Il rischio concreto è che la riforma degli ammortizzatori sociali possa slittare almeno al 2022. E, con essa, la cassa integrazione per tutti i settori produttivi, l’estensione della cassa integrazione ordinaria e la previsione degli ammortizzatori sociali per gli autonomi, punti principali della bozza nota ormai da tempo.

In attesa che si chiarisca il futuro politico nazionale, però, la Cgil di Monza e Brianza prova a tenere aperto il dibattito su questa tematica fondamentale per il riconoscimento dei diritti dei lavoratori. Anche e soprattutto quelli precari. Il sindacato di via Premuda lo ha fatto con “Quale futuro per gli ammortizzatori sociali?” una tavola rotonda trasmessa on line sulla pagina Facebook e sul canale YouTube della Cgil di Monza e Brianza.

 UNA SFIDA DECISIVA

“L’importanza degli ammortizzatori sociali è emersa con forza dirompente con il Covid-19, anche se noi cerchiamo di tenere aperto il dibattito da anni, come dimostra la nostra proposta di una Carta universale dei diritti dei lavoratori – afferma il segretario della Cgil brianzola Giulio Fossati – noi chiediamo che gli ammortizzatori diventino un sistema pubblico ed universale, anche sulla scia dell’Iscro (Indennità straordinaria di continuità reddituale e operativa, Ndr), la nuova cassa integrazione per i titolari di partita IVA iscritti alla gestione separata Inps introdotta dalla Legge di Bilancio 2021”.

Il contesto lavorativo e sociale di Monza e Brianza ha per il momento tenuto, nonostante la pandemia, ma c’è preoccupazione da parte della Cgil per quando non ci sarà più l’attuale blocco dei licenziamenti. “Uno studio della Provincia di Monza e Brianza parla di 900-1000 disoccupati per ogni punto di Pil perso e, secondo alcune previsioni, il nostro territorio avrà un calo tra il 2,5 e il 6% – spiega Fossati – nel 2020, a fronte di un numero di imprese e di occupati sostanzialmente stabile, a Monza e in Brianza ci sono state 47.500 richieste di ammortizzatori sociali con 22 milioni di ore di cassa integrazione ordinaria autorizzate e più di 16 milioni di ore di cassa integrazione in deroga”.

Alcuni settori economici, come il manifatturiero, il commercio all’ingrosso e al dettaglio, il turismo, la ristorazione e gli spettacoli, stanno pagando più di altri il peso del Covid-19. “C’è, anche nel nostro territorio, un netto arretramento sul fronte del reddito, delle aziende e dei consumi – afferma Matteo Moretti (nella foto in alto), segretario generale della Filcams Cgil Monza e Brianza – la speranza, fornita dai vaccini e dai fondi del Piano Next Generation Ue, è che ci sia una proroga delle protezioni per i lavoratori, sia per gli ammortizzatori sociali che per il blocco dei licenziamenti, ma anche una maggiore tutela dei lavoratori deboli ed una capacità di riqualificarli con politiche attive ed opportunità di ricollocazione”.

LE IDEE DEL SINDACATO

“La ricomposizione dei diritti dei lavoratori deve arrivare attraverso norme che facciano chiarezza ed un cambio di mentalità per cui, in una precarietà lavorativa diffusa, non si chieda più al cittadino di dimostrare che ha diritti – sostiene Lino Ceccarelli, segretario generale di NIdiL Cgil Monza e Brianza, la categoria che organizza e rappresenta le lavoratrici e i lavoratori in somministrazione e i lavoratori atipici, dai collaboratori agli autonomi – un sano sistema di ammortizzatori sociali ci può essere solo con un sano sistema di politiche attive che, ad esempio, sia in grado di preparare e formare anche gli ultra 50enni per una ricollocazione lavorativa”.

Per raggiungere questo ambizioso traguardo, secondo la Cgil, è necessario rivedere l’equilibrio tra potere centrale e potere locale, tra pubblico e privato, che proprio il Covid-19 ha dimostrato essere insoddisfacente per garantire diritti uguali per tutti. “Se decidiamo che la riforma degli ammortizzatori sociali debba essere collegata alla riqualificazione prima che alla ricollocazione dei lavoratori dobbiamo capire dove indirizzare la loro formazione ed avere una visione chiara delle politiche di sviluppo” afferma Valentina Cappelletti della segreteria regionale della Cgil Lombardia.

“Crisi o no del  Governo, ci batteremo perché non cambino le priorità dell’agenda politica – aggiunge Cappelletti – ma siamo anche convinti che non si cura il mercato del lavoro con la riforma degli ammortizzatori sociali, bensì riducendo la complessità dell’attuale sistema dei contratti, un elemento che genera diseguaglianze capaci, con il Covid, di riflettersi anche nelle indennità concesse”.

LO STATO DELL’ARTE

La riforma degli ammortizzatori, è il messaggio che emerge dalla tavola rotonda on line organizzata dalla Cgil di Monza e Brianza, non può, dunque, essere scissa dalle politiche attive, dalla formazione e dalla ricollocazione dei lavoratori. “Il Covid ci ha segnalato la fragilità degli ammortizzatori sociali di fronte a nuovi elementi di precarietà e all’intermittenza di alcuni settori lavorativi” spiega l’ex deputato Marco Miccoli, responsabile Lavoro della segreteria nazionale del Pd.

“In Italia ci sono 250mila posti di lavoro che non possono essere ricoperti per mancanza di competenze professionali richieste dal mercato del lavoro, sempre più orientato verso l’Industria 4.0, la transizione tecnologica e l’e-commerce – aggiunge Miccoli – anche per questo, al tavolo della maggioranza di Governo, prima delle dimissioni di Conte, era emersa la volontà che la riqualificazione dei lavoratori soggetti agli ammortizzatori sociali venga fatta a prescindere dall’età”.

Le buone intenzioni della politica, purtroppo, come detto, rischiano di subire, con la crisi di Governo, una brusca frenata. “Si stava discutendo sui costi della riforma deli ammortizzatori sociali, 20 miliardi di euro all’inizio, 10 miliardi l’anno a regime e si voleva aprire il ragionamento al nuovo Dl Ristori con la proroga del blocco dei licenziamenti e della Cassa Covid per altre 26 settimane – sostiene l’esponente del Pd – qualcosa, come l’estensione dell’assegno di ricollocazione ai collaboratori che percepiscono l’indennità di disoccupazione, c’è già nella Legge di Bilancio 2021, ma si parlava anche di contratti di solidarietà espansiva e di togliere il decalage della Naspi”.

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