Economia

Cassa integrazione: numeri in calo a novembre, resta il rischio disoccupazione all’orizzonte

"Ecco perché resta sempre attuale e valido il discorso di investire nelle politiche attive e nella formazione dei lavoratori", spiega Mesagna, segretario, con delega al mercato del lavoro della Cisl Monza Brianza Lecco.

Lavoro

In Brianza, a ottobre, i numeri della cassa integrazione evidenziavano chiaramente una situazione del mercato del lavoro tutt’altro che fuori pericolo: 1 lavoratore su 4 era a rischio di essere toccato dall’ammortizzatore sociale. I numeri di novembre invece, nonostante il lockdown, sembrano andare nella direzione opposta.

Per quanto riguarda le province di Monza e Brianza e Milano, le ore di cassa integrazione richieste sono diminuite rispetto al mese precedente. Tuttavia, confrontandole con quelle del medesimo periodo del 2019 si evince chiaramente che si tratta di una situazione di grande criticità.

“Prima di andare ad analizzare i numeri della cassa integrazione, è doveroso fare tre considerazioni: stiamo parlando di autorizzazioni alla cassa integrazione e non utilizzo vero e proprio; i dati sono incorporati con quelli di Milano (Inps non li scorpora); riguardano tre tipi di cassa integrazione, ovvero quella ordinaria, straordinaria e in deroga. Pertanto sono dati parziali e quindi sottostimati. Tutto ciò premesso, possiamo partire col dire che a settembre eravamo a quota 21milioni e 300mila ore, ottobre 42 milioni e 600mila, mentre a novembre i numeri sono calati riavvicinandosi ai livelli di settembre, ovvero 22 milioni 288.343. Di queste, 11 milioni 881mila ore sono di cassa ordinaria (che riguarda il settore manifatturiero), mentre 9 milioni 784mila sono di cassa in deroga (utilizzata da tutto il terziario e servizi)”, spiega Enzo Mesagna, segretario, con delega al mercato del lavoro della Cisl Monza Brianza Lecco.

Novembre: numeri solo apparentemente positivi

“La cassa integrazione di ottobre, con numeri raddoppiati rispetto a settembre, faceva presagire un quarto trimestre ancora più negativo e invece è andato nella direzione opposta. E’ difficile al momento identificare le ragioni di questo cambio inaspettato di tendenza, tuttavia la spiegazione più plausibile può risiedere nel fatto che le ore di cassa integrazione richieste a ottobre abbiano avuto ricadute anche sul mese di novembre. Bisogna sottolineare altresì che si tratta di un’inversione di tendenza che ha interessato soltanto le provincie di Monza, Brianza e Milano”.

“La situazione di apparente miglioramento di novembre si smaschera tuttavia facilmente se la si confronta con lo stesso mese del 2019: allora furono autorizzate 2milioni e 42mila ore di cassa integrazione. Quelle di novembre 2020 sono quindi cresciute di 11 volte“, chiarisce il segretario Cisl.

Novembre: 100 milioni di ore di CIG in Lombardia

Considerato che in tutta la Lombardia, sempre nel mese di novembre, sono state autorizzate 57milioni di ore di cassa integrazione, Monza Brianza e Milano rappresentano i 2/5 del totale ore della regione. Se poi ai 57milioni andiamo ad aggiungere le ore autorizzate di Fis (cassa per il terziario) arriviamo a 90milioni; con la Cisoa degli agricoli, il totalone del solo mese di novembre, in Lombardia, supera ampiamente i 100 milioni di ore“, spiega Mesagna.

Rischio licenziamenti dietro l’angolo

“Tutti i numeri che abbiamo appena visto sono il segnale chiaro di un‘economia in forte difficoltà e di un settore industriale in grande sofferenza. E’ altrettanto evidente che tale situazione si tradurrà nei prossimi mesi in un calo del Pil e una conseguente perdita di posti di lavoro. Alcune ricerche sostengono che sul territorio di Monza, un punto percentuale di Pil corrisponda a 1000 posti di lavoro in meno. E’ facile quindi immaginare lo scenario che andrà a delinearsi alla fine del blocco dei licenziamenti: se oggi le ore in meno di lavoro vengono coperte dagli ammortizzatori sociali, domani si tradurranno in un importante calo dell’occupazione. Ecco perché resta sempre attuale e valido il discorso di investire nelle politiche attive e nella formazione dei lavoratori“, conclude Mesagna.

Foto: Pixabay

 

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