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Il direttore del Sert: “A Monza cresce il consumo di eroina e si insinua tra i minorenni”

Abbiamo affrontato la situazione dell'uso di stupefacenti sul territorio monzese con chi si occupa da anni, ogni giorno, dei tossicodipendenti: il Dottor Giovanni Galimberti, direttore del Sert di Monza. 

Eroina

Il consumo di droghe, in particolare eroina, a Monza, è cresciuto sensibilmente negli ultimi anni. A preoccupare maggiormente è la percentuale dei minori che ne fanno uso. Di recente è balzata agli onori della cronaca nazionale, la notizia dell’arresto di 4 spacciatori, a seguito di un’indagine nata dalla denuncia ai Carabinieri dei genitori di una ragazza minorenne e tossicodipendente, esasperati dai suoi continui acquisti di eroina. Già due anni fa, avevamo parlato del ritorno dell’eroina, definendola come l’ospite inatteso, oggi, qual è la situazione nel dettaglio? MBNews ha affrontato nuovamente l’argomento con chi si occupa da anni, ogni giorno, dei tossicodipendenti: il Dottor Giovanni Galimberti, direttore del Sert di Monza. 

Dal suo osservatorio speciale, qual è la situazione attuale dal punto di vista del consumo di stupefacenti, in particolare di eroina, sul territorio monzese?

“Negli ultimi anni stiamo assistendo a un’evoluzione continua, se pur non drammatica, ma costante dell’uso di sostanze stupefacenti. Dal nostro osservatorio i numeri di giovani e giovanissimi che si avvicinano all’eroina è in graduale e costante aumento. E’ doveroso sottolineare che nella fascia di popolazione più giovane che è in cura presso le nostre due strutture monzesi, Sert e Noa, la maggior parte fa uso di cannabinoidi, sia naturali che sintetici. Segue, a distanza, una fascia di ragazzi che invece fa uso di sostanze stupefacenti pesanti, ovvero cocaina ed eroina. 

Nella popolazione adulta delle persone che abbiamo in cura, questi rapporti si invertono, le due fasce più rappresentate sono quelle di coloro che fanno uso di cocaina ed eroina, mentre una piccola parte utilizza cannabinoidi. Poi c’è un’altra categoria, che durante il lockdown è cresciuta considerevolmente, ed è quella degli alcolisti, ma questo è un discorso a parte”.

C’è una statistica sull’età dei giovani che si avvicinano all’eroina e alle altre droghe? Quanti sono i minori?

“Andando a vedere i numeri dei giovanissimi fino ai 21 anni e dei giovani fino ai 26, abbiamo in cura all’incirca 110 ragazzi che utilizzano cannabinoidi, una quarantina che assumono cocaina e una trentina che fa uso di eroina. In termini percentuali, rispetto alla globalità delle 1650 persone seguite dai nostri servizi, i giovani sotto i 26 anni (circa 249), rappresentano il 17-18%. Una percentuale che è cresciuta significativamente, se si considera che nel 2013 era poco meno del 10%. Si è praticamente raddoppiata”.

Ha sentito parlare della nuova droga, ritrovata a Monza, la Gardella hash?

“La Gardella Hash si può inquadrare in una famiglia molto ampia dei cosiddetti cannabinoidi sintetici, dove per sintetico non si intende l’hahish o la marijuana, bensì la lavorazione sintetica che consente di ottenere un contenuto di THC molto superiore alla norma. Essendo classificata tra gli allucinogeni minori è chiaro che tra gli effetti collaterali indesiderati c’è la possibilità di sviluppare un disturbo psichiatrico. In questi casi le persone vengono avviate a un percorso di cura psichiatrica. A tal proposito, è importante sottolineare che sia per lo sviluppo della dipendenza, sia per la manifestazione di gravi scompensi psicotici, bisogna sempre tenere presente il matching tra la sostanza e il cervello della persona che l’assume. Ogni persona è differente e ha un equilibrio del tutto unico. L’utilizzo di una sostanza psicoattiva crea su ogni individuo degli effetti specifici, che però nessuno può conoscere prima dell’assunzione”.

Quali sono gli interventi, a suo avviso, da attuare, per dare un freno al consumo diffuso di droghe?

“Innanzitutto, ci sono alcune considerazioni, di carattere generale, che vanno fatte sulla società. Bisogna partire dal fatto che oggi viviamo in una società in cui impera un’offerta tipicamente consumistica, dove è possibile trovare tutto e consumare ogni cosa. Possiamo disporre di un’infinità di opportunità, oltreché di una libertà pressoché illimitata: ciò non può che produrre effetti positivi, ma offre anche scelte pericolose. In questa realtà consumistico-edonistica, carente di ideologie, i giovani sono in difficoltà ed essendo fisiologicamente non ancora del tutto maturi dal punto di vista della percezione dei rischi, possono facilmente spingersi verso direzioni sbagliate. E’ molto importante chiarire questo aspetto: i ragazzi non hanno ancora raggiunto una completa maturazione cerebrale, non sono quindi ancora in grado di ragionare bene sulle conseguenze delle loro scelte e sulla pericolosità di certi comportamenti”.

“Ciò considerato, sarebbe importante mettere in campo qualche operazione di carattere sociale e politico di contrasto a una certa mentalità di normalizzazione dei comportamenti devianti. Mi spiego meglio: sembra quasi che l’utilizzo di cannabinoidi nei giovani, mi passi il termine, sia normale. E non è assolutamente vero. Non c’è nulla di normale in questo. Il fatto che il consumo di cannabis sia entrato a far parte dell’ordine delle cose ordinarie, aumenta i rischi per i giovani, perché costoro, come detto poc’anzi, nel loro processo di emancipazione, hanno necessità di sperimentare, mettersi alla prova, quindi dinanzi a una realtà di questo genere, sono costretti ad alzare l’asticella”.

Quanto incide sulla crescita dei ragazzi la mancanza di libertà di sperimentare, socializzare e conoscere il mondo, dovuta alle restrizioni legate alla pandemia? Quanto tutto questo può essere considerato un acceleratore per l’avvicinamento alle droghe?

“Non possiamo definire la situazione attuale un’acceleratore, possiamo tuttavia affermare che l’isolamento forzato, generando disagio psicologico e un malessere anche importante, espone a un maggior rischio di consumo di sostanze stupefacenti, coloro che vivono una certa fragilità individuale. In questi casi, l’uso delle droghe può dare la falsa convinzione che possano lenire tale condizione”.

Qual è il suo appello alle istituzioni?

“Devo dire, in realtà, che le istituzioni si stanno muovendo molto in questi ambiti. Esistono dei progetti regionali legati alle aziende sanitarie, integrati tra il privato, sociale accreditato e servizio pubblico, che sono volte ad intercettare in maniera precoce i ragazzi che hanno problemi con le sostanze stupefacenti. Ovviamente, in questo particolare momento, per via della pandemia, è tutto un po’ fermo”.

Qual è il suo consiglio per le famiglie?

“Alle famiglie invece, vorrei tendere simbolicamente la mano. Credo che la cosa più difficile da affrontare per dei genitori con figli dipendenti da stupefacenti, sia la solitudine, quel sentimento misto a vergogna che li porta a un certo punto, per disperazione a rivolgersi alle Forze dell’Ordine. Ecco a loro vorrei dire che ci sono strutture specializzate nella gestione delle dipendenze, capaci di aiutare non soltanto i loro ragazzi, ma anche i genitori. Bisogna forse andare un po’ oltre lo stereotipo che vede il Sert come il luogo in cui si distribuisce solo il metadone. La nostra struttura si occupa anche di molto altro. E credo sia importantissimo per le famiglie sapere che esiste un punto di appoggio”.

Foto: Pixabay

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