Cultura

L’intervista con l’ex comandante delle Frecce Tricolori, Jan Slangen

Slangen, Comandante delle Frecce Tricolori dal 2012 al 2016, è stato ospite al SimForTraining di Desio per presentare il suo libro.

jan slangen twitter

Ci sono tante cose che si potrebbero chiedere a Jan Slangen. La sua carriera parla da sé: talentuoso pilota militare, Comandante delle Frecce Tricolori dal 2012 al 2016, Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana nel 2017, vanta oltre 3500 ore di volo nei cieli di tutto il mondo. Ma quando lo incontriamo faccia a faccia c’è qualcosa che prevale sul resto, in modo quasi istintivo: “ma quando si vola c’è spazio per la paura?”

Lo chiediamo non a caso, dopo aver sfogliato “Volare Alto. Appunti sulla felicità di un pilota delle Frecce Tricolori“, il libro che ha scritto per raccontare la sua esperienza nel mondo dell’Aeronautica e con cui gira l’Italia da qualche mese. «Per me la risposta è no – ribatte immediatamente Slangen. – La prima volta che ho guidato un aereo ho capito che faceva parte di me e non ci ho più rinunciato. Adesso che sono in congedo dall’aeronautica ho realizzato che quello resta il mio mondo: lo vivo ancora, anche se da un’altra prospettiva. Non si finisce mai di mettersi in gioco».

Jan Slangen ospite a Desio

Abbiamo l’occasione di chiacchierare con Jan Slangen durante una tappa del tour di presentazione del suo libro. Il pilota, classe 1975, romano con sangue olandese nelle vene, è a Desio ed è ospite di SimForTraining, il centro simulatore di volo che permette ad aspiranti piloti di confrontarsi, attraverso figure altamente qualificate, con la guida di un Boeing 737. Dietro le quinte gli organizzatori ci raccontano che hanno lavorato sodo per portare Jan nella loro sede e che pur di averlo lì hanno organizzato un complesso ma efficiente sistema per garantire il distanziamento sociale.

«Abbiamo fatto delle liste, studiato i posti, chiesto la conferma delle presenze tramite mail – ci spiegano. – Ritornare a fare le cose in presenza post-COVID non è facile, ma ci tenevamo molto. La risposta dei “fan” è stata incredibile. La presentazione di oggi ha fatto il tutto esaurito».

Il pilota con gli organizzatori.

La nostra intervista 

“Appunti sulla felicità”, recita il titolo. E’ una storia felice la sua?

Jan: “Posso dire di sì. In questo libro c’è la mia vita, il mio percorso. Sarebbe riduttivo dire che c’è “solo” il mio lavoro. Essere un pilota dell’aeronautica ed in particolare essere stato nelle Frecce Tricolore è un’esperienza totalizzante. Il lavoro entra nella vita privata e a volte porti la vita privata nel lavoro. So che succede in tanti ambienti, ma per me il legame tra le due cose è stato fortissimo. Lo definisco amore a prima vista: la prima volta che ho guidato e ho sentito quella adrenalina sapevo non potevo più tornare indietro”.

Fare il pilota è un lavoro da “lupo solitari” o si fa squadra?

Jan: “E’ un lavoro di squadra in cui ognuno ha un pezzo importante di responsabilità. Quando guidi sei tu, la tua mente, la tua concentrazione, ma fai parte di qualcosa di più grande. Le Frecce Tricolori sono proprio questo: il tutto funziona perchè ci si muove insieme, perchè si segue un obiettivo comune. Non potrebbe essere altrimenti. E forse questo senso di squadra e di bellezza è proprio quello che piace alle persone e che le fa tanto emozionare. Per me, che adesso non sono più pilota delle Frecce, ogni volta guardarle resta un’emozione”.

E quando conta la precisione in questo mestiere?

Jan: “Nelle Frecce tantissimo. Sappiamo che non possiamo raggiungere la perfezione, ma non ci stanchiamo di provarci. Non c’è un volo uguale all’altro e gli addetti ai lavori se ne accorgono: ci sono sempre dettagli da migliorare, curve che potevano essere fatte meglio, traiettorie che devono essere corrette”.

Come è arrivato il libro? Era molto che voleva raccontare la sua storia per iscritto?

Jan: “Sì e no. Non ho mai pensato di scrivere un libro, ma scrivevo su pezzi di carta appunti, storie, momenti che vivevo. Erano sconnessi tra loro. Poi ho incontrato Elisabetta Sgarbi che mi ha proposto di scrivere un libro. All’inizio ero un po’ spiazzato, ma poi ho capito che volevo farlo. E allora sono iniziati due lunghi anni in cui ho cercato di mettere ordine le cose: scrivevo, cancellavo, riscrivevo. A tratti ero soddisfatto, poi tornavo indietro e ricominciavo”.

E quale è stata la parte più difficile nella stesura?

Jan: “Non riuscivo a chiudere il libro. Non trovavo mai la chiave giusta. Poi in qualche modo è andato tutto bene e ora il libro mi aiuta a girare l’Italia e raccontare la mia storia. Oltre a confrontarmi con i lettori e incontrare persone che ho già incrociato nel mio percorso”.

“La scaramanzia è un po’ come l’oroscopo – scrive nel libro – nessuno ci crede ma tutti la leggono. Non si sa mai”. Anche i piloti sono scaramantici allora?

Jan: “Assolutamente sì. Io lo sono, sicuramente. La scaramanzia è una cosa strana: non ci dai troppo peso, ti sembrano stupidaggini. Poi un giorno cambi quel qualcosa e le cose vanno storte. Un caso? Certamente, ma ti rimane nella mente. C’è un episodio che ricordo bene: avevo cambiato un dettaglio nell’ordine della vestizione prima di un volo e quel volo fu talmente burrascoso che quando finì, bene fortunatamente, dissi a me stesso che non avrei più fatto un “errore” del genere”.

Come è la sua vita lontano dalle Frecce Tricolori?

Jan: “Diversa da prima, ma è giusto così. Essere stato nelle Frecce ed essere stato comandante per 4 anni per me è stata un’esperienza fortissima e meravigliosa. Ora è il turno di qualcun’altro e io continuo a guardare le Frecce con profondo orgoglio. Alla passione per il volo non riesco a dire addio: adesso sono pilota commerciale e pur lavorando nello “stesso settore” è un lavoro nuovo per me, ci sono ancora momenti in cui imparo cose nuove. E meno male: meno acrobazie forse, ma quando mi affaccio dal finestrino vedo sempre quello che amo: il cielo».

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Qui la copertina del libro. In apertura uno scatto preso dal profilo Twitter del pilota. 

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