Economia

Lavoratori mense, Filcams Cgil MB: “Prorogare ammortizzatori e blocco licenziamenti”

I dipendenti del settore, in gran parte donne, sono a casa a zero ore in attesa della cassa integrazione. C'è incertezza per la ripresa dell'attività a settembre. Sindacato in azione anche sul caso Mercatone Uno.

filcams-cgil-mense-scolastiche-mb (Copia)

Stiamo vivendo un’estate diversa dal solito. Il Covid-19, ancora non debellato in Italia e in crescita in molti Paesi del mondo, ci sta condannando tutti all’incertezza e al timore di una possibile seconda ondata di contagi. Ma per molti lavoratori, anche a Monza e in Brianza, questi sentimenti trovano ulteriore linfa nella preoccupazione di non riuscire a guadagnare abbastanza per arrivare a fine mese.

E’il caso, ad esempio, di chi è impiegato nelle mense scolastiche. “Con la chiusura delle scuole lo scorso 8 giugno molti di loro sono entrati in una fase di sospensione in cui non ricevono né retribuzione né contribuzione – spiega Matteo Moretti (il terzo da destra nella foto in basso), segretario generale della Filcams Cgil di Monza e Brianza – si tratta soprattutto di donne che da marzo sono rimaste a casa a zero ore per colpa del Covid-19 e, visto che anche grandi aziende della ristorazione collettiva, come la Elior, non hanno anticipato gli assegni ordinari ai propri dipendenti, si sono ritrovate ad adeguarsi ai tempi dell’Inps per ricevere gli ammortizzatori sociali previsti”.

“I lavoratori delle mense scolastiche, già prima dell’emergenza sanitaria, dovevano scontare contratti sfavorevoli, spesso part-time – continua – ora, in quanto più esposti di altri, rischiano di pagare il prezzo più alto della crisi economica in atto”.

I PUNTI INTERROGATIVI

Il prossimo futuro, con le 18 settimane degli ammortizzatori sociali Covid ormai finite e le 22 settimane per la cassa integrazione in deroga in scadenza, è un grosso punto interrogativo per chi si occupa dei pasti nelle scuole. “Riprenderanno davvero le lezioni a settembre?” si chiede Moretti. “Le mense saranno ripartite? E, nel caso, come?” aggiunge. Domande a cui non è ancora possibile dare una risposta, quando manca soltanto un mese e mezzo circa al 14 settembre, quando il prossimo anno scolastico dovrebbe ricominciare.

Queste tematiche di stringente attualità si intersecano con vecchie questioni mai risolte nel settore della ristorazione scolastica. “L’Italia è stata già sanzionata dalla Corte europea perché nel nostro Paese, a causa della normale sospensione didattica estiva, le lavoratrici non hanno un riconoscimento continuativo della contribuzione – ricorda il segretario generale della Filcams Cgil di Monza e Brianza – questo comporta che le dipendenti maturano ogni anno 40 settimane e non 52 di contributi e, quindi, potranno lasciare il lavoro soltanto a 67 anni, quando accederanno alla pensione di vecchiaia”.

La situazione non è migliore nelle mense aziendali. Che hanno una peculiarità normativa molto penalizzante per i lavoratori di questo specifico ambito.

“In questo periodo, complice il boom dello smart working come conseguenza del Covid, molti dei dipendenti delle mense aziendali lavorano con un’attività ridotta – spiega Moretti – il problema è che possono accedere agli ammortizzatori sociali e chiedere la cassa integrazione straordinaria soltanto se l’azienda per cui svolgono il servizio mensa l’ha fatto per i propri dipendenti, cosa che in molti casi non è avvenuta”.

“Con lo smart working che molto probabilmente resterà una modalità molto utilizzata, chiediamo che questa norma venga modificata per rendere maggiore giustizia a chi lavora nelle mense aziendali” continua.

LE RICHIESTE

Lo scenario dei mesi che verranno subito dopo l’estate, dunque, rischia di essere davvero fosco. “Dal 2008 al 2013 abbiamo avuto centinaia di crisi sul nostro territorio – afferma il segretario generale della Filcams Cgil di Monza e Brianza – ora, però, potremmo trovarci con una situazione che avrà numeri dieci volte più grandi, se non si ragiona su come cambiare le dinamiche dei consumi e non si decide di puntare sulla sostenibilità e sulla valorizzazione della sanità e dell’istruzione”.

Il sindacato di via Premuda individua due necessità a breve termine per far fronte alle conseguenze del Covid sull’economia. “Bisogna prorogare gli ammortizzatori sociali in modo da traguardare questo periodo introducendo liquidità, incentivi e favorendo investimenti con misure di tutela in grado di far recuperare fiducia – afferma Moretti – inoltre bisogna muoversi sin da ora per prolungare il blocco dei licenziamenti, attualmente in scadenza il 17 agosto, altrimenti ci ritroveremo con migliaia di disoccupati e un dramma sociale senza precedenti”.

IL CASO MERCATONE UNO

E’ una vicenda ormai annosa. Che da più di un anno, dalla improvvisa chiusura dei 55 punti vendita Mercatone Uno in Italia, tiene in bilico complessivamente circa 1800 lavoratori. Tra  questi anche i 52 dipendenti di Cesano Maderno.

Nell’incertezza per l’esito finale di una crisi innescata dal fallimento della holding Shernon, che controllava la catena di ipermercati per la grande distribuzione, in pieno lockdown la buona notizia è stata la proroga di 6 mesi dell’amministrazione straordinaria. E, di conseguenza, il prolungamento corrispondente degli ammortizzatori sociali.

Il Mille proroghe 2020, all’articolo 11, poi, ha stanziato fino a 4,3 milioni di euro per il 2019 e 10 milioni di euro per il 2020 per i lavoratori di imprese operanti nel settore della grande distribuzione a livello nazionale ammesse alla procedura di Amministrazione straordinaria.

Ma le buone notizie, al momento, finiscono qui. “Questi soldi non sono mai arrivati – denuncia il segretario generale della Filcams Cgil di Monza e Brianza – avrebbero dovuto coprire la differenza tra l’importo della cassa integrazione straordinaria calcolata attualmente sull’orario part-time e quello riferito al tempo pieno, che le lavoratrici hanno ottenuto dopo una forte e coraggiosa mobilitazione con il provvedimento del Governo in cui si riconosce l’ingiustizia subita dalle lavoratrici che, assunte da Shernon, fallita in pochi mesi con la chiusura di 55 punti vendita, hanno dovuto ridursi l’orario di lavoro”.

“Quindi al momento i lavoratori, anche quelli di Cesano Maderno, in questi mesi stanno andando avanti soltanto con i 400 euro della cassa integrazione – continua – abbiamo sollecitato i Ministeri competenti e l’Inps tramite le nostre strutture nazionali, ma ad oggi non abbiamo avuto risposte”.

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