Economia

Lavoratori precari, Nidil Cgil MB: “Nessun premio produttività, è vergognoso”

Lino Ceccarelli, nell'intervista ad MBNews, attacca Regione Lombardia. Nonostante il Covid, non ha attuato la parità di trattamento per i somministrati prevista dalla legge. Proclamato lo stato di agitazione.

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Non tutti i vincitori sono uguali. La storia ci insegna che c’è, quasi sempre, chi riceve meriti e riconoscimenti. E chi, invece, pur facendo parte dello schieramento prevalente, ottiene magari poco più di una citazione. Ed è, in qualche modo, quello che sta succedendo ai lavoratori precari della sanità pubblica. Un “esercito”, solo in Lombardia, di 4mila persone, 350 a Monza e in Brianza, che hanno dato un contributo fondamentale nel superare la fase più acuta della pandemia Covid-19.

L’impegno di questi infermieri e operatori-socio-sanitari, “armati” solo di un contratto a tempo determinato firmato con un’agenzia di lavoro interinale che li cede, in somministrazione e con poche garanzie, ad un’azienda ospedaliera, è stato anche numericamente decisivo. Perché in Lombardia i 4mila professionisti qualificati rappresentano circa il 5% degli 80mila dipendenti della sanità pubblica regionale.

Tutto questo, però, sembra essere passato in secondo piano, ora che l’estate è iniziata e la testa è un po’ più libera dalla paralizzante paura per il Covid-19. “Anche dopo questa emergenza ai somministrati, da parte di Regione Lombardia, nessun premio di produttività, che rappresenta un aspetto importante della retribuzione dei dipendenti – spiega Lino Ceccarelli (nella foto in alto), Responsabile Nidil (Nuove identità lavoro) e dell’Area Giovani e Lavoro della Cgil di Monza e Brianza – eppure la legge obbliga alla parità di trattamento nella somministrazione”.

“Questa vergogna deve finire – continua – le organizzazioni sindacali delle lavoratrici e dei lavoratori precari, NidiL Cgil, Felsa Cisl e Uiltemp hanno proclamato lo stato di agitazione nazionale per dare a queste donne e a questi uomini un posto di lavoro stabile e una giusta retribuzione”.

In questi giorni il premier, Giuseppe Conte, ha nuovamente ringraziato il personale sanitario impegnato contro il Covid-19. L’attenzione verso gli operatori di questo importante settore, però, non è univoca. Perché?

Mentre nella sanità privata si è appena riparato l’incredibile vergogna di tredici anni di mancato rinnovo contrattuale, nella sanità pubblica, stanziate le risorse economiche disponibili, il premio di produttività è all’ordine del giorno, perché proprio in queste settimane le Regioni stanno firmando gli accordi per la distribuzione del premio ai dipendenti di questo settore.

Su questo punto, però, è incredibile lo schiaffo che anche in Lombardia, come in tutte le altre Regioni a parte la Toscana, ha subito il personale delle agenzie, cioè delle lavoratrici e dei lavoratori precari che le aziende ospedaliere si fanno mandare in affitto dalle agenzie per il lavoro e che lavorano per la sanità pubblica senza esserne dipendenti diretti. Anche quest’anno, nonostante l’emergenza Covid, infatti, a loro nessun premio produttività.

 Come mai questa differenziazione?

E’ una vergogna che deve finire. Dopo la fine del sistema degli appalti alle cooperative sociali, dalla fine degli anni Novanta le legge ha stabilito il principio che per il dipendente somministrato vige l’obbligo della parità di trattamento con il dipendente pubblico. Un principio disatteso. Eppure le lavoratrici e i lavoratori delle agenzie, anche negli ospedali della Brianza, si sono ammalati di Covid, hanno sofferto la paura di infettare familiari, parenti, amici, con in più l’angoscia di un lavoro che, mentre si rivela in tutta la sua mortale pericolosità, rimane comunque precario.

Si tratta di un problema di risorse economiche?

Le risorse economiche destinate a premiare i dipendenti della sanità pubblica ci sono e vengono da tre direzioni: le risorse già stanziate dal contratto nazionale per la produttività 2020, quelle che il Governo ha stanziato in aggiunta a causa dell’emergenza, più le risorse che anche ciascuna Regione ha aggiunto di suo.

Per la Lombardia parliamo di 167 milioni di euro, destinati a circa 80mila dipendenti della sanità pubblica. Quindi oltre 2.000 euro medi pro capite. Eppure, come ogni anno, i dipendenti in somministrazione vengono regolarmente dimenticati dalla Regione, che è la prima ad averne la responsabilità, perché l’utilizzo di questo tipo di personale è una sua scelta.

Il sindacato è in prima linea al fianco dei lavoratori precari della sanità. Quali le azioni messe in campo?

Nei giorni scorsi le organizzazioni sindacali delle lavoratrici e dei lavoratori precari – NidiL Cgil, Felsa Cisl e Uiltemp – hanno proclamato lo stato di agitazione nazionale. Sono pronte ad una stagione di lotte che porti a queste donne e a questi uomini semplicemente il riconoscimento dei loro diritti. In particolare un posto di lavoro stabile, perché la sanità pubblica deve avere le necessarie e stabili risorse umane e una giusta retribuzione (vedi la news).

 Che obiettivi sperate di raggiungere nell’immediato?

In primis vogliamo stipulare un accordo che riconosca il premio di produttività anche al personale delle agenzie, richiesta già avanzata a Regione Lombardia, che però ancora non ha convocato un incontro. Poi chiediamo al Governo le modifiche di legge necessarie per consentire l’assunzione diretta del personale delle agenzie alle dipendenze della sanità pubblica, per la quale in effetti da anni lavorano.

Quale appello si sente di fare alle istituzioni?

Cari Presidenti, Conte e Fontana, in Italia, per non tornare “come prima”, è proprio dal lavoro sicuro, certo, e giustamente retribuito, che si deve ripartire, se non vogliamo riaffogare nelle vergone precedenti al virus.

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